Lo ammetto, era molto tempo che desideravo affrontare una prova Gravel e finalmente l’occasione si è presentata. Jeroboam 300 è stata però più di una occasione, è stato un viaggio che mi ha certamente arricchito. Siamo partiti in tre, tre amici, tre sacchi a pelo e una tenda, il bagaglio adeguato ( forse anche troppo pesante ) per un viaggio emozionante che ci lascerà sicuramente sfiniti e spremuti.
Arrivati al villaggio di Jeroboam ad Erbusco nel cuore della Franciacorta, l’entusiasmo e il clima rilassato ci hanno fatto capire che le granfondo sono davvero lontane anni luce da qui. Tutto è allestito bene, ci sono gli stand e c’è il palco, pochi minuti per il briefing e via, siamo sul percorso più felici che mai. Dimenticatevi gli intoppi dei primi km alle gf, qui tutto scorre come se ci fosse l’onda verde. Jeroboam 300 non è una passeggiata, ma una prova che sulla carta lascia poco spazio all’improvvisazione. I 6.000mt di dislivello previsti sono tanti, ma spalmati in due giorni di bici ( abbiamo previsto una sosta al km 160 ) sembrano più abbordabili. Comunque, ci sono anche anche altri percorsi, esattamente come qui abbiamo raccontato a questo link.
Il percorso è di quelli tosti e occorre rimarcare sul fattore sicurezza di chi partecipa: Jeroboam 300 non è per tutti ed è indispensabile avere una bici attrezzata con rapportatura generosa e pneumatici larghi e tassellati per uscirne indenni. Poi ovviamente ci sono i fenomeni, quelli che riescono a fare tutto anche con pedali da corsa e i piedi lungo il percorso li hanno messi a terra giusto per farsi fare i timbri sul libretto che testimonierà la riuscita dell’impresa.
Voglio comunque fare i complimenti all’organizzazione, preparare un evento simile non è certamente cosa facile, e anno dopo anno si fa tesoro degli errori. Sarebbe stato utile trovare sul sito qualche spiegazione in più anche perché la prova da 300km non è per tutti ma potrebbe essere per molti se preparati al peggio con rapporti e pneumatici corretti.
Francamente avrei escluso le bici da cyclocross e quelle da turismo, anche se munite di pneumatici leggermente scolpiti lasciando totale via libera alle mtb. Certe rampe oltre il 20% ( fino al rifugio Amici miei sono state molte! ) sono più da mtb che da gravel e lo stesso vale forse per diverse discese in cui una bella full con pneumatici 27+ sarebbe stata decisamente a suo agio. Personalmente avrei preferito affrontare le forti pendenze e la rapida successione dei tratti con maggior dislivello con un rapporto più agile, magari con una corona da 40 e con un pacco pignoni 11-46, visto soprattutto il peso dei bagagli. Queste accortezze sarebbero state un jolly per salvare le gambe e rimanere più lucidi sul percorso.
Sono certo però che il prossimo anno la manifestazione sarà meglio organizzata e più selettiva per chi punta al percorso lungo. Probabilmente servirà dimostrare di essere pronti e abituati alle lunghe distanze come accade per i brevetti delle prove randonnée, facendo anche vedere la bici ad una commissione prima del via.
I vari checkpoint sono stati ben presidiati e seguire la traccia, scaricata in precedenza dal sito e poi caricata sul Garmin 1030, è stato semplice fin dalla partenza. La storia del viaggio sarà un ricordo che riprenderò infinite volte da qui in poi, certo del fatto che questo per me possa essere l’inizio di una nuova vita ciclistica.
Il mondo gravel è affascinante, quasi primordiale e riporta il rapporto tra bici e ciclista ai massimi livelli di purezza. All’arrivo, i partecipanti hanno trovato un villaggio accogliente, pasta in abbondanza e ottima birra artigianale, il tutto condito da un clima friendly che ci ha accompagnato dall’inizio alla fine.
Per quanto mi riguarda, ho corso con una Exploro di 3T, non una semplice bici ma una vera bestia! Avrei solo preferito un pneumatico più largo e tassellato nella parte centrale e forse una corona da 40, per il resto questa bici è stata strabiliante. Il carro cortissimo la rende fulminea nelle risposte, un fattore che si avverte anche a pieno carico. La guidabilità sui terreni più smossi è grandiosa tanto da farti sembrare quasi di avere il sedere su una mtb piuttosto che su una gravel.
La monocorona è grandiosa e la cassetta 11-42 fa bene il suo dovere. Il bello di questa bici è che è un ragno e si arrampica ovunque, in più è una trasformista e può adattarsi completamente ad ogni percorso. Durante la corsa ho utilizzato borse e abbigliamento Pedaled, puntando in particolare su Kaido jersey, Merino Sleeveless Baselayer e Kanaya Jacket, un cycling kit assolutamente adeguato per questa esperienza.
Jeroboam riprende il nome di una particolare bottiglia dalla capacità di 3 litri, un formato affascinante che ho riempito con emozioni a non finire per sognare tutto l’inverno e prepararmi così alla prossima edizione.
www.3t.bike/new-exploro-flatmount