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GANNA. «LA ROUBAIX? NON LA PUOI AMARE MA... NON L'HO MAI PREPARATA COSI' BENE COME QUEST'ANNO»
di Giulia De Maio | 10/04/2025 | 08:10

Non avevamo sbagliato a metterlo sulla copertina dello scorso numero di tuttoBICI. Filippo Ganna nel mese di marzo ci ha di­mo­strato che è pronto a sbocciare. Come il più bel fiore nella Primavera, nella prima classica Monu­mento dell’anno ha lottato alla pari con i più forti al mondo facendo innamorare ancora un po’ di più gli appassionati di ciclismo.

Tirato come non mai e con la barba che non taglierà almeno fino alla Pa­ri­gi-Roubaix, Super Pippo ci ha regalato la mezz’ora più straordinaria della storia moderna della Milano-Sanremo, rintuzzando l’attacco del campione del mondo Tadej Pogacar sulla Cipressa, che lo curava manco fosse l’arcirivale Jonas Vingegaard al Tour de France, e inchinandosi solo alla volata poderosa in via Roma di un altro fuoriclasse che con l’iride ha un legame stretto.

Dopo aver sfiorato la Classicissima, Top Ganna ha confermato con l'8° posto al Fiandre di essere la nostra carta migliore anche per la campagna del Nord. Sul pavè della Roubaix, sua corsa dei sogni e secondo circoletto rosso del suo ca­len­dario, ritroverà Mathieu van der Poel, un altro cagnaccio come Wout van Aert e tanti altri, ma partirà come sempre per puntare al risultato pieno.

Il miglior Ganna di sempre su strada può rivaleggiare con i fenomeni. Van der Poel se n’era accorto già nella tap­pa di Colfiorito della Tirreno-Adria­ti­co: il 28enne verbanese, dopo aver vinto la crono d’apertura della corsa dei due mari, aveva tentato l’allungo raggiungendo l’impressionante velocità di 78 km/h in pianura e MVDP era rimasto senza forze per andarlo a prendere. Poi sono arrivate le prestazioni in salita nella scia di Juan Ayuso, terreno su cui non era mai stato così brillante. Qualcuno lo ha paragonato al calabrone la cui struttura alare, in relazione al suo peso, non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso. Sontuoso e senza paura, in maglia Ineos Grena­diers speriamo ci “costringa” a dedicargli un’altra cover story. Sbarbato o meno, poco importa.

Pippo, ripartiamo da Sanremo. Hai ta­gliato la linea del traguardo al secondo posto come nel 2023, sempre dietro a Van der Poel, ma stavolta è stato diverso.
«Allora ero arrabbiato, ora non posso dire di essere felice perché sono il primo degli sconfitti, ma ho fatto un altro passo avanti. Non potevo chiedere di più a me stesso e alla squadra, che ha svolto un ottimo lavoro. Ho messo in campo una delle mie migliori prestazioni. Sono salito sul podio con un campione del mondo (Pogacar, ndr) e uno che ha vinto più classiche di quante se ne possa contare su una mano (Van der Poel, ndr). Abbiamo fatto divertire il pubblico. Personalmente ho dato il massimo e quei due mi hanno fatto perdere dieci anni di vita...».

Ripensando allo svolgimento della corsa, hai qualche rimpianto?
«Forse non aver anticipato Van der Poel in volata, ma con i ma e i se non mi piace ragionare. Me la sono giocata fino all’ultimo, più di così non potevo in­ventarmi. Sulla Cipressa ho cercato di andare regolare, ma se non avessi provato a stringere i denti per resistere agli scatti di Tadej sarei finito “esimo”. Sul Poggio ho sofferto tantissimo. Ho gua­dagnato molto in discesa e sulla Aurelia ho sprigionato la massima po­tenza per rientrare sui due di testa. È stata una delle corse più dure della mia vita, ma ho anche messo in campo una delle mie migliori prestazioni di sempre».

Toccherà riprovarci...
«Senz’altro, ci sono stati campioni co­me Mario Cipollini che ci hanno messo 14 anni per vincere la Sanremo, io sinceramente spero di riuscirci prima perché altrimenti l’attesa diventerebbe lun­ga. Pensate che barba... An­che per i tifosi. Colgo l’occasione per ringraziare gli appassionati a bordo strada che mi hanno spinto con i loro incitamenti. Da Pavia a Sanremo ho sentito per 300 chilometri urlare il mio nome e questo mi ha dato uno sprint in più. Spero di ripagare tutto questo sostegno, il prima possibile».

Il 13 aprile potrebbe essere una data utile per un’altra performance monumentale.
«Avessi una sfera di cristallo mi piacerebbe sapere come andrà a finire la Roubaix, ma non è possibile fare previsioni, quindi lavoro per arrivarci nella miglior condizione possibile come ho fatto tre settimane prima per la Classi­cis­sima. L’ho vinta tra gli under 23 nel 2016 (nessun italiano aveva mai dominato tra gli Under 23, ndr), avevo 19 anni e attaccai a 4 chilometri dalla fine. Sarebbe bello ripetersi nella massima categoria e portare a casa la pietra più preziosa. Come al solito, una volta fatto il massimo, se arriverà il risultato benissimo, se qualcuno sarà più forte di me gli farò i complimenti e se commetterò degli sbagli li analizzerò per migliorare. Ho affrontato l’E3 Ha­rel­beke per cercare di capire cosa posso fare sui muri, ma sono incappato in un’altra prrstazione di Van Der Poel: ho tentato di stare con lui e con Mads Pedersen, ma è stata una mezza follia, sono troppo pesante per affrontare i muri insieme a corridori come questi; negli ultimi chilometri ero completamente cotto, ma nel complesso sono soddisfatto della prestazione e del terzo posto che ho portato a casa. Ma adesso è ora di cambiare rotta, ogni tanto mi piacerebbe anche vincere e non arrivare sempre secondo o ter­zo» ha detto subito dopo la premiazione.

E ancora: «Sono tornato a casa per fe­steggiare il 2 aprile la laurea di mia sorella Carlotta (studia Ingegneria Edile e Ar­chitettura al Politecnico di Mi­lano ed è fidanzata con Matteo So­brero della Red Bull Bora Hansgrohe, ndr). È giusto che il lavoro lasci tempo anche per la famiglia e la vita normale, che tra una gara e l’altra corre via veloce. Lotti non è mai mancata agli appuntamenti im­portanti della mia carriera, anche agli ultimi Giochi Olimpici di Parigi era in tribuna a tifare per me, sotto l’acqua il giorno della cronometro e nel caldo torrido del velodromo, quindi farò altrettanto e non mancherò alla sua incoronazione con mamma Da­niela, papà Marco e la mia compagna Rachele. Se ci regaleremo un altro ta­tuaggio per questo traguardo? No, per ora ci basta l’ancora che ci siamo im­pressi sulla pelle al compimento dei 18 anni, io sul braccio, lei sulla schiena».

Una corona d’alloro ci starebbe, lei la sta per conquistare sui libri tu alla rassegna a cinque cerchi di Tokyo 2020.
«La pista finora mi ha regalato le più grandi soddisfazioni, ma dopo la qualifica di Rio 2016, l’oro nell’inseguimento a squadre in Giap­po­ne, il bronzo dello scorso anno con il quartetto e l’argento a cronometro, era il momento di puntare tutto sulla strada. Nel calendario stilato quest’anno non avrei proprio trovato spazio per altre trasferte, ma nei velodromi continuerete a vedermi anche nel corso di questa stagione, per svolgere allenamenti di cui sento il bisogno per affrontare al meglio le cor­se su strada».

Com’è pedalare all’Inferno del Nord?
«Un vero fastidio, ma di quelli affascinanti che ti costringono a tornare ogni volta per migliorarti. Per dare l’idea a chi non ha mai provato quel pavè scassato è come finire in una lavatrice... Non sai mai come ne uscirai. Indub­bia­mente è bellissima da vedere, ma non da fare. Devi essere un autolesionista per dire che ti piace correrla, ti presenti al via perché è storica e sarebbe stupendo averla nel palmares. L’ho vinta da Under 23, nel 2018 sono finito fuori tempo massimo, nel 2019 non sono riuscito a portarla a termine, nel 2022 ho chiuso 35° e nel 2023, quando vinse MVDP, finii 6°. Non l’ho mai preparata bene come quest’anno quindi spero di migliorare i precedenti risultati».

Per rivaleggiare contro i fenomeni, non si può lasciare nulla al caso.
«Già. Per la Roubaix è facile fare i no­mi di Wout van Aert, Mathieu van der Poel, Jasper Philipsen, Stefan Küng, Mads Pedersen, i corridori nella top ten più o meno sono sempre i soliti... E quest’anno poi ci sarà anche Tadej Po­gacar! Chiunque mi troverò di fronte, darò il massimo ancora una volta per vincere una delle gare che amo e mi mancano da vincere. Prima che la barba diventi bianca vorrei trionfare alla Milano-Sanremo, alla Parigi-Roubaix e conquistare una tappa al Tour de France. E poi vorrei tornare a vincere un mondiale (toccherebbe quota 10, compresi i 2 a crono e quelli già conquistati in pista, ndr). A inizio anno mi hanno chiesto, potendo scegliere, se avrei voluto vincere la Sanremo o la Roubaix? Ho risposto e ribadisco che non è il momento di scegliere, è il momento di vincere. A Sanremo ci sono arrivato vicino, al velodromo di Roubaix... lo scopriremo solo vi­vendo».

da tuttoBICI di aprile

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