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CHIOCCIOLI, FANINI E QUELL'IMPRESA AL GIRO DEL 1985. GALLERY
di Valter Nieri | 01/01/2023 | 08:12

Franco Chioccioli è stato un grande scalatore e lo sa bene Ivano Fanini che lo seguiva già quando da junior faceva furore e vinceva anche il Giro della Lunigiana.

«Lo volevo ingaggiare già nelle mie squadre di dilettanti - dice Fanini - ma sapevo che lui era profondamente legato all'amico D.S. Franco Montanelli, suo mentore. Però insistetti tanto per convincerlo ed alla fine nel 1985 riuscii ad ingaggiarlo. Di lui scriveva già bellissimi articoli Mazzoni de La Nazione: fu il primo a scrivere il soprannome "Coppino", ma quel soprannome a distanza di tanti anni voglio svelare che glielo diedi io, già quando correva nelle categorie dilettantistiche. Vedevo la sua forte somiglianza al leggendario Fausto Coppi, nella fisionomia ma anche nel suo portamento in sella alla bici. Quando poi nel 1983 pur non facendo classifica al Giro vinse la maglia bianca come miglior giovane, ne ebbi la conferma».

NEL 1985 LA PRIMA VITTORIA AL GIRO D'ITALIA. Dopo che passò professionista nell'82 con la Selle Italia-Chinol, lo scalatore aretino puntava decisamente ogni stagione al Giro d'Italia ed i rapporti con la corsa rosa sono stati per lui in costante crescita di risultati ed emozioni. L'esordio lo vide partecipare senza infamia e senza lode con un 25.o posto nella classifica finale. Ma nell'85, in maglia Fanini, arrivò la sua prima tappa. Era la 14.a tappa, si andava da Frosinone al Gran Sasso e Franco giunse da solo sul traguardo, così come faceva Fausto Coppi. Fra i battuti quel giorno ci furono nomi eccellenti: al secondo posto si classificò l'australiano Matthew Wilson staccato di 15" ed il grande Francesco Moser, che pur non essendo uno scalatore a volte con la sua generosità conquistava il cuore degli italiani, a 24".

La Fanini al secondo anno, dei 37 di professionismo, conquistava la prima vittoria al Giro d'Italia e lo stesso faceva Coppino lanciando il suo primo vero segnale nella sua felice storia con il Giro. La prima ed unica squadra lucchese professionistica nella storia era agli inizi: non era mai successo prima che Lucca diventasse così importante nel ciclismo. Il Giro d'Italia nel 1985 lo vinse Bernard Hinault che trionfò proprio a Lucca dove si concluse il Giro superando Francesco Moser, con Coppino nononella classifica finale a 8'33" e quinto nella classifica a punti.

IN FRIULI, MOSER ANCORA BATTUTO. «A pensarci ora - dice il patron lucchese - devo ammettere che quel giorno un mio corridore fece un'impresa. In quel momento, preso dal lavoro, non mi gustavo a pieno le tante vittorie perché dovevo sempre programmare gli impegni successivi. Ebbi soltanto tempo di pensare agli sportivi lucchesi ed ero felice di aver loro regalato quella grande soddisfazione. Io poi, ero fin da ragazzo un grande tifoso di Francesco Moser: averlo battuto, sia pure in una tappa, al Giro d'Italia, mi dette la consapevolezza che nulla era impossibile».

Undici giorni dopo la conclusione del Giro d'Italia, Coppino fece un'altra impresa vincendo per Fanini il Giro del Friuli e tra i battuti ci fu un'altra volta Francesco Moser. Un ordine di arrivo da campionato del mondo: alle spalle Chioccioli, 2.o Francesco Moser, terzo l'olandese Johan Van der Velde, 4.o lo spagnolo Marino Lejarreta e quinto Gian Battista Baronchelli.

SEGROMIGNO CASA DEI CICLISTI. Pur con ristretti budget a disposizione, Fanini ha fatto emergere grandi campioni che esaltavano tifosi e appassionati. Ha accompagnato anche lo sviluppo sportivo di Capannori e Lucca collezionando , con Segromigno Piano (a qui tempi sede delle sue squadre giovanili) che vide nascere uno dei vivai giovanili più importanti d'Italia, al quale si unirono anche i più promettenti ciclisti australiani, danesi e svedesi . A Coppino quella vittoria sul Gran Sasso diede la consapevolezza di poter riuscire a vincere un giorno il Giro d'Italia. Nell'88 vinse la 6.a tappa a Campitello Matese e sul Passo Gavia inondato di neve perse la maglia rosa a causa del freddo, rimanendo staccato di oltre 5 minuti dal vincitore di tappa Erik Breukink. Il Giro poi fu vinto dallo statunitense Andrew Hampsten. Fu quinto nella classifica finale dell'89 e 6.o in quella del 1990. Finalmente e con pieno merito all'età di quasi 32 anni riuscì a vincere la classifica finale nel 1991 in maglia Del Tongo, nonostante i pronostici fossero tutti per Gianni Bugno e Claudio Chiappucci. Indossò la maglia rosa al termine della seconda tappa, la perse per un giorno soltanto e la riconquistò portandola fino all'ultima tappa di Milano. Vinse anche tre tappe leggendarie: ad Aprica, Passo Pordoi e Casteggio. Nel 92 conquistò il terzo gradino del podio nella classifica finale del Giro che fu vinto da Miguel Indurain davanti a "El Diablo" Claudio Chiappucci. Coppino ha conquistato da professionista 28 vittorie fra le quali una tappa al Tour de France, le tappe al Giro d'Italia, la Coppa Agostoni, il Giro del Trentino nell'84, una tappa al Giro della Svizzera dell'86 e la Coppa Sabatini del 91.

CHIOCCIOLI: «FANINI UN VULCANO DI IDEE». «Mi sono sempre trovato bene nei rapporti con Ivano Fanini, che sono proseguiti in amicizia anche dopo quelli di lavoro. Ivano è un vulcano di idee, propone sempre qualcosa di diverso nel ciclismo, uno sport che ha nel sangue».

Riguardando la sua carriera, mette il Giro d'Italia al primo posto nelle sue soddisfazioni?
«Al primo posto di importanza, ma non di soddisfazione. La corsa che più di ogni altra mi ha fatto esultare è stata la tappa che vinsi al Tour de France nel 1992 da Le Bourg d'Oisans a Saint Etienne. Una delle poche volte in cui mentre tagliavo il traguardo che sorridevo. Vincere al Tour ti dà una emozione particolare e soprattutto farlo la prima volta che partecipi ad età ormai avanzata».

Invece la sua più grande delusione?
«Non ci crederà e l'ho detto poche volte in passato. In una tappa al Giro dei Paesi Baschi mentre stavo per tagliare il traguardo dopo una lunga fuga solitaria, mi girai e vidi distante il gruppo pensando di avercela fatta. Invece non mi accorsi del belga Johan Museeuw che tra me e la transenna mi superò proprio sulla linea del traguardo. Una specie del mondiale di Gap mio personale...».

Nella sua carriera di diesse, dopo aver allenato grandi squadre come Mercatone Uno, Saeco e Mobilvetta è tornato a dirigere i dilettanti Elite Under 23 con il Team Futura.
«Preferisco insegnare ai giovani perché ascoltano i consigli dell'allenatore esternandogli le loro difficoltà. Alla Futura Rosini mi ha dato grandi soddisfazioni nel 2022 Lucio Pierantozzi, ho contribuito a rigenerarlo ed a farlo ritornare un corridore vincente».

E' vero che appena Fanini riuscirà ad affiliarsi in Vaticano lei sarà il suo nuovo D.S. con Zamparella?
«Mi sta dicendo tutto lei. Io al momento non ne so niente. Mi fa però piacere che un grande dirigente ciclistico come Fanini sia interessato a me. Poi se arriverà questa chiamata, valuterò al momento».

Più difficile vincere oggi o ai suoi tempi?
«Sicuramente quando correvo io. Gli anni 80 e 90 erano pieni zeppi di fuoriclasse. Per vincere una classica, una tappa o una classifica finale in un Giro si aveva sempre a che fare con corridori fortissimi come Moser, Saronni, Van Impe, Hinault, Museeuw, Baronchelli, Bugno, Chiappucci, Lemond, Hampsten, Indurain e tanti altri ancora. Contro simili campioni era già difficile riuscire a piazzarsi».

Franco Chioccioli continua oggi a trasmettere le sue esperienze ai giovani nel Team Futura: il ciclismo è la sua vita e la sua serietà gli consente di dare ancora molto a questo mondo con i suoi segreti ed i suoi insegnamenti. A 63 anni inoltre gestisce invece un agriturismo a Pian di Scò, in quelle magnifiche valli che già da ragazzo percorreva in bici con quella naturalezza che hanno soltanto i grandi campioni.

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