Ottavio era austero, Lello allegrone. Ottavio era serio, Lello burlone. Ottavio era severo, Lello compagnone. Ottavio veniva da San Martino di Colle Umberto, trevigiano, Lello da Pordenone, friulano, una trentina di chilometri, piatti, di distanza. Ottavio era del 1894, Lello del 1900. Ottavio era il capitano, Lello l’amico, il gregario, l’allenatore nel senso che si allenava insieme con lui.
Di Ottavio Bottecchia si sa tanto, quasi tutto, perché un dubbio rimane sulla sua morte, misteriosa, appunto, a neanche 31 anni, in bicicletta, sulla strada. Di Lello, che invece ha vissuto poco più di 70 anni, si sa poco o niente: il sito museociclismo.it riporta soltanto la data di nascita, 27 novembre 1900, e quella di morte, 2 gennaio 1971 (e non 1970, come erroneamente riportato), lo stesso giorno e mese – ma 11 anni dopo – di Fausto Coppi, e il luogo di nascita e di morte, Pordenone.
Tajariol. Pietro, il papà di Lello, commerciava in stoffe e vestiti a Pordenone. Quattro figli, due maschi e due femmine: Lello, battezzato Giovanni Raffaello, poi Sara, diminutivo di Sahara, Ate e Arrigo. Altri due, Maria e Learco, morti appena nati. Il mestiere della tessitura - prima a mano, da operaio, poi in proprio, prendendo le stoffe salle fabbriche e rivendendoli - tramandato come l’oro di famiglia. Nel 1909 la registrazione del marchio dell’emporio. Ma c’era altro. Lello fu sedotto dalla bicicletta, postino in bici durante la Prima guerra mondiale, si convertì al ciclismo, s’innamorò dell’avventura, a forza di pedali. Forse Ottavio e Lello si conobbero proprio così, complice una lettera. Poi due Giri d’Italia, da indipendente, nel 1925 e nel 1926. Da uno di questi tornò un mese dopo la fine della corsa. In mano reggeva solo il manubrio, particolare, e la sella, inglese, una Brooks. Arrivava da Napoli, ed era rimasto là, innamorato dell’avventura, ma stavolta anche di una donna, e il resto della bicicletta l’aveva venduto per tirare avanti.
Non raccontava molto, il vecchio Lello. Me lo conferma Pietro, che tutti chiamano Piero, il figlio di Lello. Quella volta che, in allenamento sul Cansiglio, Lello ruppe la bici e allora Ottavio se lo caricò sulla canna e lo portò in cima. Quella volta che, in discesa dal Clauzetto, incrociarono un vitellino, Bottecchia non riuscì a frenare e lo divise a metà. Quella volta che in una corsa durante una sagra paesana, Lello cadde, si rialzò, ripartì, ma dalla parte sbagliata, tagliò il traguardo alzando le braccia al cielo, e quando, accolto non dagli applausi ma dai fischi, capì l’errore, disse: “Mi hanno voltato il giro”. E tutte quelle volte che Ottavio, prima di diventare Bottecchia, andava a mangiare a casa di Lello. E quella bici di Ottavio, regalata a Lello, prestata per valorizzare una vetrina di Pordenone al Giro d’Italia del 1970, e poi scomparsa, volatilizzata, in fuga, ma per sempre.
Marco Pastonesi