Era il paradiso del ciclismo. Le corse più importanti, le squadre più organizzate, i corridori più forti, gli allenatori più capaci, perfino la prima scuola, anzi, la prima università per velocisti, passisti e scalatori. Alessandria e l’Alessandrino, da Tortona a Novi Ligure, da Castellania a Gavi: la terra dei santi pedalatori.
Una lunga rassegna, da maggio a luglio, ha reso giustizia ad “Alessandria città delle biciclette”, protagonista anche stavolta, fra mostre e incontri, pedalate e spettacoli. Domenica prossima l’ultima puntata: dalle 18, a Palazzo Monferrato, in via San Lorenzo 21, l’arrivo della “social ride” da Senigallia per il Cater-raduno di Caterpillar (Radio 2 Rai), tra esposizioni e aperitivi, parole (dell’illustratore e pittore Riccardo Guasco) e note (del gruppo musicale Barriques).
Il primo fuoriclasse alessandrino fu Giovanni Cuniolo detto “Manina”. Qualcuno diceva che il soprannome fosse ironico: perché aveva due mani grandi così, pelose e callose. Qualcuno insinuava che il soprannome fosse anche critico: perché con quelle due mani grandi così si ancorava in salita o si allargava in volata. Invece era il soprannome attribuito a quel ramo dell’albero genealogico dei Cuniolo di cui faceva parte Giovanni, da Tortona, classe 1884, cresciuto podista e diventato ciclista, anzi, “velocipedastra”, ma sempre corridore. La prima corsa, e la prima vittoria, sulla bici da viaggio del fratello maggiore; la prima maglia, quella di campione tortonese, vincendo su una bici “da mezza corsa”; e le altre corse, seguito da un tifoso eccezionale, don Orione. Cuniolo sposò la resistenza alla velocità e moltiplicò le vittorie, fra cui tre campionati italiani. Poi esportò la sua forza negli Stati Uniti e in Australia: eroe dei tre mondi. Il suo rivale fu “il Diavolo Rosso”, Giovanni Gerbi. Un alessandrino contro un astigiano: derby.
Il primo Campionissimo, con tanto di maiuscola: Costante Girardengo, da Novi Ligure, classe 1893. Se non ci fosse stato Girardengo, non ci sarebbe mai stato un corridore così Costante, participio presente e virtù indispensabile nel ciclismo. Se non ci fosse stato Girardengo, non ci sarebbe mai stata la leggenda della Grande Sfida, che Girardengo lanciò a tutti i corridori del mondo: “Una corsa a cronometro di 300 chilometri sul percorso ad esempio della Milano-Sanremo: se si considera che le strade italiane mi siano favorevoli, io accetto un percorso anche su strade in suolo neutro, da 300 a 600 chilometri, che ci siano anche salite tipo Galibier e Izoard. Posta per ciascun incontro lire 50mila. Epoca a scelta degli avversari. Da oggi io sono pronto”. Se non ci fosse stato Girardengo, non ci sarebbe mai stato il mito dell’Eterno Secondo, Tano Belloni, 26 volte secondo dietro a Girardengo, eppure i due erano amici e avversari, la sera prima di una corsa Tano si fermò a cenare e dormire a casa Girardengo, “ma ogni tentativo di farlo mangiare di più e riposare di meno fu inutile. E l’indomani, via come una freccia: lui primo, io secondo”. Una delle sue 107 vittorie su strada, oltre alle 965 su pista, da professionista.
Alessandria è una ricchissima cicloteca: Biagio Cavanna, corridore massaggiatore allenatore, a Fausto e Serse Coppi, da Ettore Milano a Sandrino Carrea, che di Coppi furono gli angeli custodi, da Giorgio Zancanaro, profeta per un giorno in patria, a Imerio Massignan, il Gambasecca vicentino adottato a Silvano d’Orba. E c’è anche Giovanni Meazzo, da corridore a costruttore. E siccome il 9 luglio compirà la bellezza di 88 anni, a Meazzo sarà dedicata la prossima “Ora del Pasto”.
Marco Pastonesi