Sono medici senza laurea, ingegneri senza master, architetti senza esame di Stato. Sono stregoni senza polverine, maghi senza cilindri, fate senza bacchette. Ma sono artigiani, artisti e, a volte, perfino artificieri, perché capaci di disattivare o neutralizzare, se non proprio ordigni, almeno casi esplosivi.
Sono i meccanici delle biciclette. In italiano si chiamano ciclisti, anche se non pedalano, però fanno pedalare di una pedalata silenziosa, liscia, pulita, addirittura rotonda. Senza quei tic, senza quei tac, senza quei clic, senza quei clac, senza quegli attriti, quelle imperfezioni, quei difetti, quei guai che rovinano una gita, che danneggiano una giornata, che ci lasciano a piedi.
Hanno sensibilità e pazienza, passione e precisione. Spesso abitano in luoghi claustrofobici, che si illuminano solo grazie a intuizioni di metalmeccanica e a interventi di microchirurgia, a fior di idee e a frutti dell’esperienza. La bottega come sala operatoria, il cavalletto come tavolo chirurgico, i cacciaviti e le brugole come bisturi e pinzette. Anche le biciclette sono creature. Delicate. Da reparti pediatrici.
Lennard Zinn è un artigiano, artista, artificiere, insomma, è un ciclista. Statunitense (e degli stati uniti della bicicletta). Di quelli che hanno pedalato, e di quelli che fanno pedalare. Anche di quelli – non così numerosi – laureati, lui in Fisica. E poi promosso sul campo, all’università della strada, cioè in laboratorio, bottega, officina, anche industria, perché ha costruito telai per Tom Ritchey, anche redazioni, perché collabora con VeloNews, e anche case editrici, con “Zinn e l’arte della manutenzione della bici da corsa” (Lswr, 476 pagine, 49,90 euro).
Dagli aghi ai mozzi, dalla catena ai raggi, dai perni deragliatori ai pistoni idraulici. Come allineare le ginocchia, come sostituire l’attacco del manubrio, come ispezionare i freni a disco. Che cos’è il raschietto, che cos’è il tallone degli pneumatici, che cosa sono le piste frenanti. E in caso di ebollizione del liquido dei freni, in caso di filettatura spanata, in caso di vernice scheggiata.
“Sfogliate l’intero libro – premette Zinn -. Date un’occhiata al sommario e alle illustrazioni, così comprenderete lo spirito generale del testo e del suo contenuto. Quando arriverà il momento di eseguire una particolare operazione, saprete dove andare a cercare e avrete un’idea generale di come intervenire”. Vero. “Ovviamente – continua Zinn – alcuni compiti di manutenzione sono più complicati di altri”. Verissimo. “Sono convinto – aggiunge – che chiunque sia dotato di pollice opponibile possa eseguire qualsiasi riparazione su una bici. Inoltre, vale la pena dedicare del tempo a familiarizzare con le operazioni più semplici, come quella di riparare una foratura, prima di lanciarvi in lavori più complessi come assemblare una ruota”.
Modestamente, mi sono fermato alla riparazione di una foratura (e, più recentemente, mi sono limitato alla sostituzione della camera d’aria o del copertoncino). Però questo libro aiuta a scoprire, capire, conoscere. E poi nulla vieta di rivolgersi ai ciclisti artisti artigiani e artificieri, e ammirarli mentre guariscono le bici in “surplace”.
Marco Pastonesi