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VARESE VAN VLAANDEREN. LA MIA SFIDA
dalla Redazione | 03/04/2017 | 11:09

Domenica, ore 6.15. La sveglia suona implacabile: è giunto il giorno della randonnée Varese Van Vlaanderen. È chiamata anche Il Fiandre Varesino perché questa “cicloturistica” ricorda un po’ il tipico tragitto della celebre gara ciclistica, con salite e il leggendario pavè. Fuori piove. Ma non mi do per vinto: le previsioni davano bel tempo nella giornata e io voglio crederci.
 
I PREPARATIVI
Dopo una buona colazione comincio a indossare l’abbigliamento tecnico. È un po’ come il rito della vestizione del torero: solo che qui il toro da prendere per le corna è la mia bici. Insacco tutto quello che mi può servire (borraccia, barrette, eventuale cambio, sciarpa, colbacco e ghette…) e vado a prendere il mio amico e compare Enrico. La pioggia non fa ben sperare, ma non ci abbattiamo. Carichiamo e corichiamo la sua bici sopra la mia e partiamo. Il tragitto è sotto un cielo grigio e compatto di nubi che non cessano di… lacrimare.

LA PARTENZA
Giunti all’ippodromo di Varese, cerchiamo un posteggio e scarichiamo le nostre “bestie metalliche”: si vede che sono pronte per scattare. Noi un po’ meno: coperti di impermeabile andiamo a ritirare il pass per farci identificare  nel tragitto. Il colpo d’occhio è suggestivo: centinaia di ciclisti come noi si preparano per partire. C’è chi approfitta del ristoro-colazione, chi si beve un caffè e chiacchiera con gli amici, chi fa le foto di rito. Il gruppo Brontolo Bike, cui da quest’anno faccio parte, si nota subito: il giallo fluo dei sessanta partecipanti è un segno evidente che ne fa il gruppo più numeroso. Il presidente e capitano Andrea Noe' saluta tutti e dà indicazioni: poi ci chiama a raccolta per le foto di gruppo. Sono le 9.30 e scattano i primi partenti: il bello della randonnée è che non è una gara: il tempo è l’ultimo dei pensieri e poi la partenza è dilatata in un’ora. Alle 10 è il nostro turno. È il momento. Alea iacta est. I muur ci aspettano.

I MUUR
Ma cosa sono? Sono i muri, le salite disseminate nel tragitto, che rendono la competizione così caratteristica.  Il nostro gruppo sceglie il percorso medio: 102 Km 1681 metri di dislivello e, soprattutto, 18 Muur. I nomi di questi pendii muovono un sorriso: VetMolenberg, WaaranMuur, MulenTrotten Muur... Ma quando li si comincia a percorrere passa subito la voglia di scherzare…

GEOGRAFIA ESOTICA
Comincio a prendere confidenza con la geografia locale, scoprendo nomi di paesi pittoreschi: Calcinate del Pesce, per esempio, o Bodio Lomnago che solo provare a dirlo è un buon esercizio di logopedia. M’imbatto persino in Bernate: sì, proprio così, il nome del paese in cui abito.

CAPITANO, MIO CAPITANO
Il gruppo dei Brontolo di cui faccio parte nel tragitto è quello di Andrea Noè. Considero un grande privilegio girare con un campione come lui. È come pensare di giocare una partita a calcio tra amici e in squadra hai, chessò, Alex Del Piero. Mi viene in mente Walt Whitman e la sua poesia "O Capitano! Mio Capitano!”. E lui entra nel personaggio, incitando, aspettando, spronando e guidando la sua truppa in battaglia. Starò con loro, reggendo il ritmo per quasi 70 chilometri poi le salite vagliano il mio stato di forma e mi attardo. Li ritroverò all’arrivo.

QUALCHE ISTANTANEA
Di una giornata così speciale sono tanti i ricordi. Giusto qualche istantanea: i vari ciliegi in fiore che troviamo disseminati nella zona varesina, tanto verde quanto affascinante. Il lago di Varese che fa bella mostra di sé dall’alto di alcune salite; gli scorci romantici come la chaise longue in un giardino di una casa di campagna, su cui mi sarei sdraiato volentieri.

L’ARRIVO
Prima del traguardo c’è da soffrire: il Montelmuur si erge come una barricata e noi, amatori della sella, l’affrontiamo senza paura: c’è chi però accusa i crampi, dopo quasi 100 chilometri, chi come me sogna il pranzo e la doccia e c’è chi (e mi ci metto anch’io) ormai è cotto al punto giusto ma non vuole mollare. Dopo tanta salita, ecco la discesa verso l’agognata meta: l’ippodromo. Mi faccio scattare una foto davanti all’arco di arrivo perché quasi non ci credo. Ce l’ho fatta!                              

"Brontolo" Andrea Ballocchi

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