La stampa 3D per le cover segna un punto di non ritorno alle imbottiture tradizionali, almeno per le selle top di gamma. Questo è un percorso intuibile almeno per quanto fatto dai migliori marchi di selle al mondo. Detto questo, quello che pare evidente è che ogni azienda abbia la propria tecnologia e che i riscontri relativi ai vari test effettuati fino ad oggi segnino importanti differenze. Quello che sta accadendo sembra possa segnare un era con tanto di un prima e un poi. Le cover tradizionali, quelle in schiuma per intenderci, sono davvero finite? Proviamo a fare luce sulla questione con una delle più importanti figure a livello internazionale per il settore selle, ovvero con Salvatore Truglio, General manager Prologo.
Ho fatto un migliaio di Km sulla nuova Dimension R2, una sella che ritengo sbalorditiva in questa sua ultima raffinata versione. Possiamo preventivare che anche in questo caso arrivi una versione con imbottitura realizzata in 3D proprio come successo con il celebre modello Scratch? Oppure, entro una determinata fascia di prezzo l’imbottitura tradizionale offre ancora dei vantaggi?
«Nel medio-lungo termine, non si esclude la possibilità di implementare la tecnologia di stampa 3D anche su modelli flat e V-shape della gamma Prologo, come la Dimension R2. Tale integrazione rappresenterebbe un ulteriore step nell'ampliamento della nostra offerta tecnologica, in continuità con quanto già realizzato nel corso dell'anno su altre linee di prodotto, quali le selle ad alte prestazioni dotate di tecnologia CPC, le NDR per utilizzo cross-country MTB e le AGX dedicate al gravel.
Che risposta ha il professionista rispetto alle selle con cover in 3D? Le apprezza di più o di meno di un eventuale amatore evoluto?
«Al momento, tra le sette squadre WorldTour di cui Prologo è sponsor tecnico, sono solo circa il 10% gli atleti che hanno scelto di competere utilizzando selle realizzate con tecnologia di stampa 3D. Sebbene si tratti, numericamente, di una quota ancora contenuta, il dato evidenzia un trend in crescita rispetto alle stagioni precedenti.
Il primo vostro modello con cover in 3D è stata la Nago R4 PAS 3DMSS, un modello pazzesco che ho trovato essere personalmente più comodo rispetto a quello con imbottitura tradizionale. Da un punto di vista progettuale cambia lo scafo quando si adotta una cover in 3D?
«La progettazione di una sella con cover realizzata in 3D richiede specifici accorgimenti ingegneristici volti a ottimizzare l’integrazione tra materiali eterogenei e tecnologie costruttive differenti. Tale processo implica un'attenta analisi delle interfacce tra le componenti strutturali e funzionali, al fine di garantire la massima efficienza meccanica, ergonomica e prestazionale del prodotto finito.
I primi modelli che ho utilizzato si dimostravano un po’ aggressivi alla lunga nei confronti dei tessuti dei pantaloncini, voi avete mai avuto questi problemi?
«Siamo consapevoli di questa criticità, frequentemente riscontrata da alcuni utilizzatori di selle realizzate con tecnologia 3D di altri marchi e soprattutto in caso di utilizzi prolungati. Tuttavia, ad oggi, non abbiamo ricevuto alcuna segnalazione al riguardo da parte degli utenti dei nostri prodotti, anche in condizioni d’uso estese o intensificate nel tempo».
Possiamo aspettarci novità riguardo un materiale di stampa più leggero e resistente?
«L’innovazione nel campo dei materiali per la stampa 3D sta registrando progressi significativi, contribuendo a migliorare le performance complessive dei componenti realizzati con questa tecnologia. Uno degli aspetti critici tradizionalmente associati alle selle 3D è il peso, che generalmente è superiore rispetto a quello dei modelli con imbottitura tradizionale, oltre che ad una minore durata in termini di prestazione.
Infine, potremmo mai vedere un sistema che integri il meglio delle vostre tecnologie, ovvero CPC e stampa in 3D?
«In Prologo adottiamo un approccio costantemente orientato all’innovazione, con una visione rivolta al futuro e una continua ricerca nell’ambito di materiali avanzati e tecnologie emergenti, anche attraverso l’integrazione sinergica tra di esse.