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LE STORIE DEL FIGIO. MARCELLO ED EMANUELE BERGAMO, FRATELLI A DUE RUOTE
di Giuseppe Figini | 06/07/2020 | 07:45

Il cognome Bergamo, nel ciclismo professionistico, si declina con i nomi propri si Marcello, Emanuele – due fratelli – e Marco, professionista trentino della Val di Non, per quattro anni, nella seconda metà del decennio 1980.

Per spessore e rilevanza di palmarès è il nome di Marcello Bergamo che si propone in primo piano per meriti e anzianità di servizio nella categoria maggiore dove ha corso dal 1969 al 1979. Non era e ancora e non è, neppure ora, un gigante con la sua altezza di m. 1,64 e peso sempre sotto i 65 chili, anche adesso che raggiungerà le 75 primavere il prossimo 16 dicembre 2020.

L’origine della famiglia è veneta, di Ponte di Piave, importante centro della provincia di Treviso, luogo di una storica battaglia della prima guerra mondiale. La famiglia Bergamo, nella prima metà degli anni 1960, si trasferisce, come molte altre dei luoghi, con armi e bagagli, in Lombardia, stabilendosi nella zona di Castano Primo, provincia di Milano, quasi al confine con la provincia piemontese di Novara. E’ una famiglia numerosa quella dei Bergamo con padre e madre che hanno generato sette figli – cinque maschi e due femmine – con i genitori impegnati, lavorando duramente – in fabbrica il padre, in casa la mamma – per mettere insieme quotidianamente colazione, pranzo e cena imbandendo una tavolata, fissa, di nove persone. Non è certo però la voglia di lavorare e l’impegno nelle varie circostanze che fanno difetto alla famiglia, dai genitori ai figli tutti, indistintamente. E’ così che crescono i fratelli Marcello ed Emanuele, più giovane di due anni e mezzo circa, essendo nato il 12 agosto del 1949, sempre a Ponte di Piave.

Dopo le scuole dell’obbligo, i due fratelli si cimentano in lavori d’apprendistato mentre nasce e cresce, sempre più, l’interesse per la bicicletta da corsa, in una zona, in ambiente e tempi di quando il ciclismo agonistico era fortemente sentito e radicato, sia al di qua, sia al di là del Ticino. E molti ragazzi provavano la passione per le due ruote, magari con la prospettiva di speranza di una promozione anche economica e sociale.

Da allievo Marcello Bergamo gareggia per la società locale, il Pedale Castanese, formazione di notevole livello nella categoria, dove correva anche l’amico e coetaneo Renzo Bellaria, castanese DOC che, in seguito, quando Marcello Bergamo passò al professionismo, salì in sella a una due ruote ma a motore, diventando un notissimo, longevo e apprezzato motociclista di Radioinformazioni per oltre tre decenni e ora, di nuovo, attivissimo e assiduo pedalatore. E proprio Renzo Bellaria ricorda che lui e l’amico Marcello erano stati soprannominati nell’ambiente delle corse “la coppia B.B.” e rivela, con qualche punta di legittimo orgoglio postumo, che molti corridori, scorrendo l’elenco dei partenti prima di una gara, solevano dire: “Ci sono i due B.B., andemm a cà”. Facile e intuitiva la traduzione “Ci sono i due B.B., andiamo a casa”. E ancora oggi B.B. è la sigla che racchiude lo straordinario fascino senza tempo della diva francese Brigitte Bardot. In effetti, come testimoniano gli ordini d’arrivo della categoria allievi dell’epoca, furono ben 32 le corse della categoria, fra Lombardia e Piemonte, vinte dal Pedale Castanese. E i due colleghi e amici, i due B.B. nostrani, quasi due gemelli anche per caratteristiche fisiche e tecniche, si spartirono equamente 16 successi per ognuno. Un bel bottino non c’è che dire cosa quasi impensabile ai tempi d’oggi.

Marcello Bergamo passò poi al glorioso Velo Club Bustese, nato nel 1919, ora Unione Ciclistica Bustese Olonia, incorrendo quasi subito in problemi fisici che ne rallentarono e ne limitarono l’attività per circa un anno e mezzo. Nella seconda metà del 1968 però si riprende e, grazie anche al costante supporto di un noto meccanico della zona, suo amico e fervido mentore, Felice Branca della vicina Magnago, che realizzava in officina e curava poi in corsa le bici con marchio Filotex. Felice Branca, definito da Gianni Mura “viso da Cheyenne”, riuscì a ottenere per il suo protetto Marcello Bergamo una sorta di “provino” dal gran capo tecnico della Filotex, Valdemaro Bartolozzi. Marcello si trasferì per un brevissimo periodo in Toscana, dove disputò tre corse sotto l’occhio attento ed esperto del d.s. fiorentino di Scandicci. Una la vinse e si piazzò ottimamente nelle altre due. E subito sottoscrisse la proposta di contratto sottopostagli, seduta stante, da Bartolozzi, velocissimo quando doveva esserlo, a dispetto del suo soprannome di “Agonia” per le sue prolungate e lamentevoli esternazioni sul suo stato di salute e forma in corsa, sempre precari o “finiti” come si dice in gergo, quando era ancora corridore di lunga carriera.

L’esordio con la formazione pratese, imperniata su capitani di gran classe come Franco Bitossi e Italo Zilioli, avviene nel 1969 e qui trova colleghi lombardi come Ugo Colombo, Alberto Della Torre, Adriano Passuello unitamente a vari altri come i toscani Vittorio Chiarini e Marcello Mugnaini. E’ abile un po’ su tutti i terreni il piccolo Bergamo che sa andare in salita ed è a suo agio anche negli sprint, specialmente quelli a ranghi ridotti. Nel 1970 vince il G.P. Industria e Commercio di Prato, la corsa di casa per la Filotex, e una frazione della Tirreno-Adriatico, nel 1971 una tappa al Romandia, mentre nel 1973 è primo sulla pista del glorioso motovelodromo torinese nella Milano-Torino, la più antica classica italiana. Prevale su Franco Bitossi (nel frattempo passato alla Sammontana), Roger De Vlaeminck, Eddy Merckx, Miguel Maria Lasa, Davide Boifava, Ole Ritter, Santiago Lazcano, Francesco Moser e Italo Zilioli a occupare, nell’ordine, le prime dieci posizioni. Ordine d’arrivo da incorniciare. Poi seguì una semitappa nel Romandia e la maglia azzurra ai mondiali. Nel 1974, suo ultimo anno alla Filotex, ottiene quattro successi: Giro di Campania, tappa alla Vuelta a Levante con vittoria nella classifica finale, con un giovane Francesco Moser in inedita funzione di “gregario” – ma solo per la circostanza beninteso - e una tappa al Giro di Puglia.

Nel biennio 1975-‘76 approda alla Jollj Ceramica, nel 1977 alla Zonca per chiudere la carriera nel 1978 con l’Intercontinentale Assicurazioni.

Nel frattempo il fratello minore Emanuele era passato pure lui fra i prof correndo dal 1972 al ’74 con la Filotex e seguendolo anche poi nel biennio alla Jollj Ceramica e nel 1977 alla Zonca. L’unica vittoria di Emanuele Bergamo nella massima categoria fu la prima tappa del Romandia 1972, evidentemente corsa fortunata per i fratelli Bergamo, oltre al prologo del Giro del Levante 1974, una cronosquadre mentre nel suo palmarès fra i dilettanti, dove rivestì la maglia azzurra al mondiale 1969 su strada di Brno classificandosi quinto, vinse corse, anche importanti, con maggiore frequenza.

Appesa la bici al chiodo Marcello Bergamo gestisce dapprima una stazione di servizio ma vedendosi le mani notevolmente rigate dalla benzina, “sente” che non è quello il suo lavoro e ricerca una nuova strada, con la moglie Fiorenza a fianco, iniziando l’attività di fabbricazione d’abbigliamento ciclistico con il marchio MB, di facile individuazione, essendo le iniziali di Marcello Bergamo, mettendo a frutto le sue dirette esperienze nel settore. Un’iniziativa portata avanti con costanza e determinazione con un’azienda che opera con successo nel settore, ora affidata alla gestione delle figlie Sabrina e Alessandra, cresciute in ditta, attualmente con una trentina di dipendenti diretti, a fianco del papà che continua ad essere un riferimento di specifica e solida esperienza.

E’ sempre vicino al ciclismo e all’attività giovanile che ha nel sodalizio del Pedale Castanese un’espressione di rilievo nazionale e talvolta, internazionale.

E così Marcello Bergamo ha più tempo per frequentare la sua bella villa al Cinquale, località della costa apuana, al confine con la Versilia, un’occasione per incontrare vecchi compagni d’armi come Franco Bitossi e Roberto Poggiali, pure loro assidui frequentatori della zona nonché, nel suo “buen retiro” di Lido di Camaiore, il grande saggio Valdemaro Bartolozzi e varie altri persone di matrice e passione ciclistiche.

E’ anche un po’ toscano, oltre che veneto e lombardo, Marcello Bergamo, così come il fratello Emanuele che è stato titolare, dopo le corse, di un’azienda artigianale di pittura edile.

Continuano però sempre ad andare in bicicletta, in varie occasioni, i due fratelli, sovente con l’effervescente gruppo bustocco di ex prof e praticanti di vario genere capeggiati dagli eterni, divisivi, sfidanti che rispondono ai nomi di Alberto Della Torre e Lino Ferrario con Mario Broglia e Gianni Bottigelli in veste d’inascoltati pacieri fra le fazioni capeggiate dai sempre duellanti, in bici e pure giù dalla bici, Della Torre e Ferrario.

I due Bergamo, accomunati dal carattere schivo e riservato, non parteggiano per nessuno e si limitano a sorridere e, soprattutto, a pedalare, come sempre fatto in carriera e nella vita.

 

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