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I VOTI DI STAGI. TADEJ VINCE, STRAVINCE E RISCRIVE LA STORIA. IL VOTO DI REMCO? VORREI DARGLI... VIDEO
di Pier Augusto Stagi | 28/09/2025 | 17:16

Tadej POGACAR. 100 e lode. A 104 chilometri dal traguardo, sul Mont Kigali, accende la corsa. Lo sapevano anche i muri che lì avrebbe cominciato il suo lavoro di demolizione e forse nemmeno lui si attendeva così tanti inerti alle sue spalle. A 66 km dal traguardo resta solo, migliorando il suo assolo iridato di Zurigo, quando fece in solitaria poco meno di cinquanta chilometri. Un bis iridato atteso, ma non era scontato. Non era una passeggiata. Difatti non lo è stata, anche se molti di noi hanno avuto questa sensazione. Vince, stravince, riscrive un po’ di storia, aggiunge elementi e statistiche. Campione del mondo per il secondo anno consecutivo e tra un anno andrà alla ricerca del tris a Montreal, su strade che conosce a menadito e dove ha già vinto in carriera due volte. Montreal, dove quello là, sua Maestà Eddy Merckx, colse il tris iridato. Ah, dimenticavo: è chiaro a tutti che non sia più lo stesso Pogacar. È chiaro, ha perso la gioia di correre e vincere, nel dopo corsa era chiaramente depresso: sperava che la corsa non finisse mai.

Remco EVENEPOEL. 8. Vorrei dargli 3 per la gestione del guasto meccanico, dei suoi nervi a fior di pelle a più di cento chilometri dal traguardo. Vorrei dargli 10 e lode, per come si è rimesso in gioco, ha ripreso il filo del discorso, quando era più facile tagliare la corda. Vorrei dargli 6,5 per come ha affrontato il finale, faticando come un musso, con il volto torvo e la schiena curva, mentre lo sloveno sui tratti più irti e aspri ha sempre guadagnato qualcosa, nonostante fosse via da chilometri e chilometri. Gli do un voto più che lusinghiero, perché alla fine ha perso, ma l’ha fatto alla Evenepoel, lottando fino alla fine. Lascio perdere quello che dirà/ha detto nel dopo corsa, perché dovrei rivedere tutto e a me basta quello che ho visto.

Ben HEALY. 8. La pulce irlandese lotta tra i giganti e non si fa schiacciare. Li segue, prova a inseguirli, ma perlomeno li accompagna sul podio, dove non sfigura con questi due assi del pedale. Lui non è un due di picche, per il ciclismo è chiaramente un bellissimo jolly.

Mattias SKJELMOSE. 7,5. Il 25enne danese si prende una medaglia di legno, anche se per come corre meriterebbe anche lui qualcosa di più prezioso, qualcosa che resti: ma questa prestazione, nel mondiale più duro della storia, resterà.

Toms SKUJINS. 6,5. I primi quattro fanno una loro corsa, quella per le medaglie, poi c’è la corsa di chi ha voglia di lottare fino alla fine, che non sono poi molti, perché al traguardo arrivano solo 30 corridori. Il lituano è tosto, e non molla, fino all’ultimo, nemmeno il quinto posto.

Giulio CICCONE. 6,5. È come i vasi di coccio in mezzo ai vasi di ferro di manzoniana memoria. C’è poco da fare quando ci sono due corridori che hanno un’altra cilindrata, un’altra attitudine alla corsa di testa, un altro talento. Giulio fa il suo massimo e lo fa con assoluta generosità, onorando in tutto e per tutto la maglia azzurra. Un sesto posto in un mondiale pazzesco, tutto in verticale, che premia gli “hombre vertical”, e lui è tra questi.

Isaac DEL TORO. 6,5. È probabile che sapesse di non avere una condizione super per reggere fino in fondo, ma si getta nella mischia per dare una mano al suo capitano e chiaramente mettere in mostra le proprie ambizioni. Alla fine conclude 7°, mica esimo. Gli manca un po’ di tenuta sulla distanza, ma va tenuto conto di quanto stia correndo ad altissimo livello: come Pogacar, dalle Strade Bianche.

Juan AYUSO. 5. Ha le ambizioni di quei due, ha le stimmate di quei due, ma al momento è meglio che faccia corsa su Del Toro. È vero che bisogna puntare in alto per arrivarci, ma è altrettanto vero che bisogna prendere coscienza di ciò che si è. Voleva far vedere a Tadej di essere alla sua altezza, si è dovuto abbassare, per non prenderle troppo.

Tom PIDCOCK. 5. È uscito benissimo dalla Vuelta, ma da questo mondiale esce senza nemmeno un piccolo accenno della propria presenza.

Primoz ROGLIC. 6. Ha i suoi anni, controlla la situazione, quando ormai Tadej ha sistemato tutto e tutti.

Paul SEIXAS. 6. Il 19enne lionese si muove fin da subito, ha l’argento vivo in corpo, prova ad inventarsi qualcosa, quando all’arrivo mancano ancora 230 chilometri. Però all’arrivo ci arriva, e alla sua età non è poco.

Jai HINDLEY. 5,5. Tanta fatica alla Vuelta, che si fa sentire anche oggi. Soprattutto oggi.

Andrea BAGIOLI. 7. Resta nel vivo della corsa fino in fondo, sacrificandosi come tutti gli azzurri. Lavora tanto per Giulio, spalla ideale.

Gianmarco GAROFOLI. 6,5. Messo in squadra all’ultimo in sostituzione di Pellizzari, si rende utile alla causa.

Jay VINE. 4. Era dato tra i grandissimi favoriti, non pervenuto.

Egan BERNAL. 4. Un mondiale durissimo, che avrebbe potuto esaltare le sue doti, invece finisce mestamente nell’anonimato più assoluto.

Florian VERMEERSCH. 9. Il 26enne belga della Uae Team Emirates, oggi punto di riferimento di Remco Evenepoel, tira come un ossesso per oltre cento chilometri. Se la fuga dei sei non prende il largo, gran parte del merito è tutta sua. Fa una cronometro di gruppo, in testa alla corsa, con disinvolta efficacia e continuità. Maestoso.

Eric MANIZABAYO. 6. È il beniamino di casa, il 28enne ruandese di Jenda. Resta con i migliori per un po’, e ad un certo punto esce anche dalla pancia del gruppo: tutto cuore.

Anders FOLDAGER. 6. Il 24enne danese della Jayco AlUla prende e va con Julien Berard (Francia), Menno Huising (Paesi Bassi), Ivo Oliveira (Portogallo), Fabio Christen (Svizzera), Marius Mayrhofer (Germania). Sono questi sei ad animare la corsa iridata fin dal mattino. Il mattino ha l’oro in bocca, loro lo sognano al collo.

Julian ALAPHILIPPE. 17. Era dato in ottime condizioni fisiche, purtroppo il mal d’Africa inteso come mal di stomaco si fa sentire. Niente da fare, il due volte campione del mondo si deve fermare. Fine dei discorsi, molto prima della fine: quasi all’inizio. Si ritira anche Louis Barré: in men che non si dica la Francia ne perde subito due.

Sam OOMEN. 17. Problemi allo stomaco anche per il neerlandese, Sam nemmeno si presenta al via. Provaci ancora Sam, tra un anno.

Mattia CATTANEO. 6. Pilota Ciccone, lo scorta, lo protegge, fin quando ne ha.

Lorenzo FORTUNATO. 5. Si stacca troppo presto, prima che la corsa entri nel vivo.

Matteo SOBRERO. 5,5. Per lui un tracciato fin troppo esigente, ma come Fortunato si spegne prima che la corsa si accenda.

Marco FRIGO. 6. Svolge un lavoro oscuro quanto prezioso. Pedala su e giù, portando ghiaccio, borracce e tenendo i corridori azzurri nelle posizioni migliori.

Fausto MASNADA. 6. Come Frigo non si risparmia, non è tipo che conta le pedalate e anche oggi il lavoro di Fausto conta.

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