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LE STORIE DEL FIGIO. PAOLO TAGLIACARNE, IL PEDALATORE "TURBOLENTO"
di Giuseppe Figini | 01/02/2023 | 08:05

Volevamo rappresentare Paolo Tagliacarne, persona attiva soprattutto nell’ambito amatoriale e ambientale delle biciclette nel capoluogo meneghino, in tutte le declinazioni, anche culturali, con un curriculum di vari decenni d’esperienze nel settore, con molteplici sfaccettature.

Richiesto di fornirci qualche nota al riguardo, ci siamo ritrovati, servito su un piatto d’argento, il suo testo “manoscritto”, bell’e pronto. Un piatto gustoso, saporito, ben preparato e amalgamato, sfornato caldo caldo. Lo proponiamo così “Cotto e mangiato” per rifarci al titolo di una nota trasmissione culinaria televisiva.

 

g.f.

Mi presento: sono Paolo Tagliacarne, anni 67, tre figli, una moglie preziosa, sportivo praticante a livello amatoriale. Sono un “bocconiano” atipico, organizzatore CUS Milano - Sci Alpinismo - durante gli anni dell’università. Ho sempre lavorato nel mondo della comunicazione e del marketing sportivo con una propria organizzazione dedicata e specializzata, Slalom Srl costituita con due soci-amici.

La prima bicicletta da bambino è stata una Doniselli rossa (risiedendo la famiglia in una traversa di via Procaccini – via della sede storica del marchio milanese) con ruote del 18 con cui ho imparato ad andare senza rotelle. Poi una Doniselli con ruote del 24, verde chiaro con cambio, infine una Doniselli ruota del 28, arancione con doppia corona e almeno 5 rapporti posteriori (regalo per gli esami di terza media).

La prima bici da uomo è stata una vecchia freno a bacchetta, recuperata dalla cantina di un amico il cui nonno faceva il meccanico ciclista e aveva ancora qualche pezzo da “far fuori”. Era l’anno della maturità scientifica e dell’austerity. Sono le prime domeniche senza auto in ragione della prima crisi energetica (1973).

La bici è rimessa a nuovo, con verniciatura amaranto e copertura sella in cotone bianco. S’inizia ad apprezzare il piacere della bicicletta come mobilità urbana. Lo sport preferito restava però quello sulla neve.

La prima bicicletta da corsa è una Colnago, comprata usata "in fabbrica", di quelle dismesse dalle squadre.

Con la nascita del primo figlio decido di smettere con la montagna e le pelli. Inizio un lento, timido, costante, inesorabile, crescente avvicinamento al manubrio da corsa.

Alla Slalom approda il primo cliente ciclistico: Cinelli. Niente di meno. Nasce l’amicizia con Marino Vigna, molti gli amici “creativi” che si avvicinano alla bici da corsa e alla MTB. Nascono campagne meravigliose create per e con Antonio Colombo. Segue la prima uscita di gruppo, accompagnati da Marino Vigna sulle strade del Giro nell’Oltrepò Pavese. Era il 1991. Il seme era gettato, dopo 2 anni nasce il nome Turbolento. Dopo altri due anni nascono la Gran Fondo delle Orobie e il comitato “ol Gir l’è a mò chè” per accogliere il Giro 1995 a Selvino (tappa a cronometro, partenza da Cenate stabilimento Gewiss- arrivo a Selvino con passaggio sul Colle del Gallo).

Davanti a un caffè l’amico copy Aldo me la butta li. Turbolento, come operazione di lancio, deve fare qualcosa per il degrado in cui versa il Vigorelli. Io ti regalo il claim, tu fai il resto. Uniamo le forze e RIMETTIAMOLO IN PISTA.

Come minimo c’è da organizzare una raccolta di firme per sensibilizzare chi di dovere al ripristino. Poi vedremo.

L’idea piace un sacco a Marino Vigna che ne parla con Mario Dagnoni, con Maspes, Gaiardoni, Zanazzi e “tutta la banda” degli Atleti Azzurri d’Italia. Un ruolo di primo piano fu assunto da Mario Fossati, un cultore del ciclismo in assoluto, giornalista e scrittore di prima grandezza, legatissimo al velodromo di Via Arona e alla sua “parrocchia” – così definiva gli habitus della presenza alle allora frequentissime riunioni con cadenza settimanale, che chiamava anche “la competenza” del “burg di scigulatt”, la zona attorno alla stazione ferroviaria delle ferrovie Nord della Bullona, dove del resto, ha sempre abitato. In italiano si può rendere con il “borgo dei cipollai” per i numerosi orti che lì sorgevano fino agli anni 1950.

Ne parlammo anche con Carlo Tognoli, fresco di mostra “L’uomo a due ruote”, che si appassionò e ci presentò a Costantino Ruggiero (meraviglioso e magistrale Direttore Generale di EICMA, l’allora importantissima Esposizione del Ciclo e Motociclo di Milano). Il gioco è fatto. L’idea piace a tutti. Nei giorni della Fiera del ciclo e motociclo del 1995, in soli 4 giorni raccogliamo 10.000 firme, con una rassegna stampa incredibilmente corposa. Senza Facebook & c. Il Comune ci chiama, qualche annuncio, qualche proclama e… nel ’97 la pista nuova c’è.

Da quegli anni sono passate undici edizioni della Milano che Pedala, dieci volte la PedalatAzzurra, entrambe per Eicma e Anaai. Tre edizioni della Gran Fondo delle Orobie, le Strade Zitte (oggi 230 percorsi di qualità per il cicloturismo sportivo), una Carovana ciclistica Milano-Roma del TCI per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia, i tour accompagnati da Milano alle Cinqueterre, da Pisa ad Ascoli, da Gabicce a Bolgheri, il Salento Tour, la Basilicata coast-to-coast… fino ad arrivare ai giorni nostri con la Chase the Sun, la più romantica esperienza ciclistica su lunga distanza, il Grand Tour Lombardia, la Milano Gravel e tutte le gravel roads che hanno iniziato ad affiancare le Strade Zitte.

Da pochi mesi in pensione, comunque pensionato part-time, ho iniziato il passaggio di consegne perché Turbolento possa continuare a crescere, facendo pedalare quanti più soggetti, sempre meglio, sempre di più. Carpe diem, noctem quoque

 

 

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