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I VOTI DI STAGI. LOULOU SCEGLIE E VINCE, WOUT VUOLE TUTTO E PERDE. L'ITALIA FA QUELLO CHE PUO'
di Pier Augusto Stagi | 26/09/2021 | 17:58

Julian ALAPHILIPPE 10 e lode. Su certi percorsi vincono corridori di prima grandezza, su questo credo che non ci siano dubbi. Vince LouLou che è un fuoriclasse assoluto. Francia tatticamente perfetta, sempre nel vivo della corsa, fin quando entra in scena lui, che comincia a fare prove tecniche di trasmissione. Il primo scatto a 58 km dal traguardo, il secondo ai -21, poi ai -19 e il colpo definitivo e letale ai -17. Quando parte fa male, e fanno male a farlo partire. Vai tu, vado io, lui va senza indugiare troppo. Non occorre la lingua, ma le gambe. Il ciclismo è così, sport spietato e giusto. E su un tracciato pazzesco e di rara bellezza, che i corridori si bevono alla velocità del suono come se fosse un boccale di birra, il transalpino va a tutta birra fino al traguardo. Per il secondo anno consecutivo si veste con i colori dell’arcobaleno. Dicono che la sua sia stata una stagione avara di soddisfazioni: una tappa alla Tirreno, la terza Freccia Vallone, tappa inaugurale del Tour con tanto di maglia gialla. Ora la maglia di campione del mondo, settimo della storia a fare doppietta: proprio una brutta stagione.

Dylan VAN BAARLE. 9. Il 29enne uomo Ineos ottiene il massimo in una corsa che richiede il massimo dello sforzo. Medaglia d’argento, che brilla e pesa.

Michael VALGREN. 9. Il 29enne danese della EF era dato tra gli uomini più attesi, la condizione c’era e si è vista tutta. Ha avuto solo la sfortuna nell’incappare nella giornata di grazia di un corridore pazzesco.

Jasper STUYVEN. 8,5. È il primo dei belgi, ai piedi del podio. Medaglia di legno, per lui, per una nazione che dovrà affogare il proprio dispiacere nell’alcol. Lui, però, non si deve rimproverare nulla. Proprio nulla.

Neilson POWLESS. 8. Il 25enne americano è tra i più attenti e reattivi.

Thomas PIDCOCK. 7,5. Ha solo 22 anni il britannico, ma è già nell’elite mondiale del ciclismo che conta. Più le gare sono dure e hanno peso specifico e lui che ha già peso in gruppo, vola.

Zdenek STYBAR. 7. Non è più un ragazzino, il ceco, ma nonostante i suoi 35 anni, si butta nella giostra di Lovanio e si diverte un sacco.

Mathieu VAN DER POEL. 6. Aveva il mal di schiena, ma comunque è lì. Restiamo in attesa di un suo allungo, di una sua accelerazione, ma è chiaro che è un VDP depotenziato, menomato, con una gamba buona ma non buonissima.

Florian SENECHAL. 9. Lavora per il suo compagno di squadra (sia alla Deceuninck che in nazionale) come meglio non potrebbe fare. Lui è la sua Francia sono davvero da applausi.

Remco EVENEPOEL. 10. Fa di tutto e di più, per sé e per la squadra. Fa impazzire il gruppo, con azioni apparentemente scriteriate, ma che giovano al Belgio. Lui fa la biglia impazzita, ma gli altri impazziscono, mentre il suo Belgio se la prende comoda. Merckx alla vigilia lo accusa di egoismo, lui risponde sulla strada, con una condotta di gara intelligente e generosa, che non ci fa assopire, ma solo sognare. Sulla schiena ha il numero 13: è la fortuna del Belgio. Se Remco, invece, fosse una unità di misura, molti dovrebbero già smettere di correre.

Sonny COLBRELLI. 7. Cosa gli vuoi dire? È stato bravo. Ha fatto il suo. Certo, se non ci fosse stata quella dannatissima caduta all’inizio, se non avessimo perso due uomini preziosi come Trentin e Ballerini, se… È andata così, e l’amarezza di Sonny è la nostra, la mia. Risponde in prima persona al terzo allungo di Julian, ma nulla può lui e tutti gli altri quando il transalpino parte a razzo ai -17. Perde l’attimo, la gamba che ti dice calma, la corsa che si fa sentire, i chilometri che sono tanti e pesano. È andata così.

Matteo TRENTIN. 7. Rallentato dalla caduta, il regista azzurro prende in mano la situazione e si sacrifica per la causa. Se gli azzurri hanno commesso l’errore di non essere reattivi nell’azione di Evenepoel e poi di Roglic, hanno il merito di non fare manfrine e di prendersi il peso dell’inseguimento. Matteo lo fa come pochi.

Alessandro DE MARCHI. 6. Lavoro sporco, di sacrificio, come è solito fare con grande impegno.

Diego ULISSI. 6. Condizionato da un inizio molto sfortunato da parte di tutta la truppa azzurra, poi anche lui fora in un momento poco propizio. Insomma, non ci dice bene.

Giacomo NIZZOLO. 6,5. Lima lima lima a più non posso. Lo vedi e non lo vedi, ma lo senti. Non spreca nulla, nemmeno una stagnola. Non butta via nulla, tiene tutto dentro. Poi nel finale si sacrifica, per Sonny Colbrelli: cosa gli vuoi dire? Fa il suo.

Andrea BAGIOLI. 8. Bravo a entrare nell’azione a 90 km dal traguardo. Parte ancora Evenepoel, e questa volta un azzurro c’è. Bravissimo nel finale, non si fa sorprendere e prepara il grande finale azzurro.

Gianni MOSCON. 6. In un momento delicato come quello dell’inseguimento al gruppetto di Evenepoel e Roglic, lui fora: dannazione! Però da uno con il suo talento, ci si deve aspettare di più.

Davide BALLERINI. 8. La sua corsa si trasforma in calvario. I muri delle Fiandre il suo Golgota. Picchia la schiena, ma il ragazzo comasco ha cuore e non molla. Ci prova, anche se poi deve fare i conti con il dolore: le borracce che aveva sotto la maglia nella caduta fanno leva e non attutiscono assolutamente il colpo, anzi. Alla fine si ritira, ma tra gli applausi.

Wout van AERT. 4. Il suo Belgio fa di tutto per portarlo là, pronto per spiccare il volo, ma lui non ha la gamba dei giorni migliori e lo dice nel dopocorsa con assoluta onestà. È il grande sconfitto di giornata. Non deve essere facile assorbire una sconfitta così, davanti al proprio pubblico che già pregustava la festa. Ma una considerazione per questo corridore che io amo alla follia, va però fatta. Wout va forte dappertutto e, soprattutto, lo fa per tutto l’anno: non si risparmia. Forse è arrivato il momento di scegliere. Non è un caso che Julian Alaphilippe abbia addirittura saltato le Olimpiadi, per preparare il bis iridato. Wout ha fatto di tutto e di più. Anche la crono, che gli è sfuggita di un niente. Sono considerazioni, su un corridore immenso, che però resta un uomo.

Matej MOHORIC. 5,5. Delude all’europeo e delude anche oggi.

Benôit COSNEFROY. 8. Parte il transalpino e alla sua ruota si portano al volo Magnus Cort Nielsen (Danimarca) e Remco Evenepoel (Belgio). I nostri, rallentati dalla caduta di Trentin e Ballerini, finiscono per perdere l’attimo. Poi, la cosa viene reiterata. Partono all’inseguimento dei tre Arnaud Démare (Francia), Tim Declercq, Primoz Roglic, Jan Tratnik (Slovenia), Ben Swift (Gran Bretagna), Pascal Eenkhorn (Paesi Bassi), Kasper Asgreen (Danimarca), Imanol Eerviti (Spagna), Nathan Haas (Australia), Stefan Bissegger (Svizzera), Markus Hoelgaard (Norvegia), Brandon McNulty (Stati Uniti), ma anche in questo caso nessuno dei nostri è dentro. Poi, fortunatamente, si svegliano e suonano la carica. Quanta fatica, ma che spavento!

Tim DECLERCQ. 8. Come al solito, non si risparmia. Si carica il peso della squadra e pedala sulle strade di casa a tutta. A dargli una mano anche il danese Mikkel Bjerg, che si sacrifica per la causa: oggi Mads Pedersen (caduto nelle fasi iniziali), Magnus Cort Nielsen, Michael Valgren e Kasper Asgreen erano tutti tra gli osservati speciali.

Ethan HAYTER. 17. È il primo a finire per le terre, non è un buon modo di incominciare il mondiale. A terra con lui anche Andrea Bagioli e Mads Pedersen.

José Tito HERNANDEZ. 8. C’erano un colombiano, un ecuadoregno, un russo e un estone, un austriaco e un olandese, uno svedese e un mongolo. Non è l’inizio do una interminabile di una barzelletta, ma l’inizio di un mondiale pazzesco, da pelle d’oca. Solo per quello che si vede, per il calore che si respira, per l’amore di uno sport che noi amiamo e che vorremmo fosse sempre trattato così. Le Fiandre capitale del mondo del ciclismo. Le Fiandre cuore nevralgico di una passione senza confini e contagiosa. Portate lì un appassionato di calcio, uno di quelli che sostengono che un cross di Roccotelli vale da solo una gara di ciclismo e forse qualcosa capirà. Bastano José Tito Hernandez (Colombia), Joel Levi Burbano (Ecuador), Pavel Kochetkov (Russia), Oskar Nisu (Estonia), Patrick Gamper (Austria), Rory Townsend (Irlanda), Kim Magnusson (Svezia) e Jambaljamts Sainbayar (Mongolia) per sentire un groppo alla gola. Bastano le Fiandre.

Tomas VAN DER SPIEGEL. 10. Il voto va a lui e a quanti con lui hanno lavorato per mettere in scena questo spettacolo. L’Uci dovrebbe tenerne conto, i soldi sono moltissimo, ma in certi casi non sono davvero l’unico parametro da tenere in considerazione. Occorre cultura sportiva, passione e partecipazione, tutte cose che il Belgio e le Fiandre in particolare hanno. È uno spettacolo nello spettacolo, senza eguali, che ci ha riempito gli occhi e il cuore. È uno spot per il nostro sport nel mondo, nel teatro più suggestivo del pianeta. 

IL DICIASSETTE. 17. Giocatevelo. È il numero della fuga decisiva. Sono i chilometri che mancano quando scatta Julian Alaphilippe. È il numero dorsale di Wout van Aert: in Belgio non porta male, ma non porta neanche bene.

Davide CASSANI. 7. La differenza tra lui è Voeckler è che il transalpino ha Alaphilippe, lui no. Scende dall’ammiraglia al termine di una corsa che in ogni caso ci ha visto protagonisti fino alla fine. Mi spiace molto che Davide lasci, l’ho scritto più volte e non voglio tediarvi oltre, perché sarebbe stucchevole e patetico. È giusto che il nuovo Presidente Federale cambi, ne ha tutto il diritto. Del suo nuovo corso apprezzo già due figure: Luciano Fusarpoli che è un bene prezioso; Roberto Amadio che è l’uomo giusto al posto giusto. Due uomini che sanno lavorare e organizzare senza agitarsi troppo. Chiaro, io avrei tenuto Davide, magari con un Amadio al suo fianco e a supporto, pronto ad organizzare e programmare, ma è chiaro che Dagnoni ha altro in mente ed è giusto che faccia il proprio lavoro in tutta serenità. Io mi auguro che in serenità i due si incontrino e si parlino, soprattutto trovino un punto d’incontro. Per il bene del ciclismo tutto, al quale Davide ha saputo dare tutto il bene di questo mondo. Davide, come sempre ai Mondiali, porta il portafoglio del papà (camionista, e il suo soprannome come CB era “Davide azzurro”) con 500 lire portafortuna, ritrovato esattamente il giorno in cui il presidente Di Rocco lo chiamò per offrirgli il posto da commissario tecnico. Cinquecento lire: Davide, per il nostro movimento, vale molto di più.

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