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BALLERINI. «DOPO UN BUON 2020, L'OBIETTIVO E' MIGLIORARMI ANCORA»
di Francesca Cazzaniga | 27/11/2020 | 08:10

Quello di quest’anno è un off-season diverso per tutti e Davide Ballerini lo passa tra le faccende domestiche, le uscite in mountain bike con il suo amico Jacopo Cerutti, pilota motociclistico del team Husqvarna, qualche camminata insieme a Yuma, il suo lupo cecoslovacco di 10 anni, e ogni tanto le partite alla play-station con gli amici. Il suo gioco preferito? Call of Duty.

Lo raggiungiamo telefonicamente a Vacallo, nel Canton Ticino, dove abita mentre è alle prese con i fornelli per preparare la cena: «Dopo il Giro d’Italia ero molto stanco, ci ho messo un po’ di giorni per recuperare dalle fatiche della Corsa Rosa. È stata una stagione difficile per tutti ma sono soddisfatto dei miei risultati, anche se in alcune occasioni avrei potuto fare qualcosa in più. Guardo avanti con grande ottimismo, consapevole di avere tutti i mezzi per poter crescere e migliorare ancora. In questi giorni cerco di godermi la tranquillità di casa e mi sono anche fatto un regalo: ho comprato la macchina nuova ma non ho ancora avuto molto tempo per provarla, visto che tra una cosa e l’altra le giornate volano. Sono però soddisfatto del mio acquisto e sono certo che sarà una bella compagna d’avventure».

Da quasi un anno che ti sei trasferito a Vacallo. Come si vive in Svizzera?
«Si sta molto bene, meglio che in Italia, e pensare che sono vicinissimo al confine. Vacallo è un paese molto tranquillo e la vita in generale è meno stressante, anche i ritmi sono più tranquilli. Tutti qui hanno una grande educazione. Un esempio? In strada tutti si salutano e c’è molto rispetto verso il prossimo. Ogni tanto mi manca casa (Davide fino allo scorso anno viveva a Cantù, nella brianza comasca, con i suoi genitori ndr) e mi manca Yuma, anche se appena posso la porto qui in Svizzera. Fortunatamente dopo il Giro sono riuscito ad andare a trovare i miei genitori, mamma Silvana e papà Fabio, e sono riuscito a passare un po’ di tempo con loro. Adesso a causa del Coronavirus sono bloccato qui in Svizzera e diventa quindi più complicato tornare. Riesco però ad andare a trovare le mie due nipotine, Lara ed Elena, che vivono a Lugano».

Com’è stato correre il Giro d’Italia ad ottobre anziché a maggio?
«A me è piaciuto, è stata sicuramente una stagione atipica ma devo ammettere di non aver sentito grosse differenze e siamo anche stati fortunati perché abbiamo quasi sempre trovato bel tempo. Mi accorgevo di essere ad ottobre solo quando guardavo il calendario sul telefono».

Torniamo alla quarta tappa, la Catania-Villafranca Tirrena. Sei arrivato terzo al fotofinish per questione di centimetri...
«Devo essere sincero, è stata una tappa che ho fatto fatica a digerire. Purtroppo nel ciclismo i secondi classificati ed i terzi non si ricordano, ma ci si ricorda solo di chi vince. Mi sarebbe piaciuto molto portare a casa questa tappa, ma guardo il bicchiere mezzo pieno: ad inizio anno avrei firmato per arrivare terzo alle spalle di campioni come Demare e Sagan: adesso sono qui che lotto con loro e credo di avere tutte le carte in regola per portarmi a casa qualche bella soddisfazione. In vista della prossima stagione lavorerò anche su questo, con la speranza di non farmi scappare altre occasioni».

Durante la tredicesima tappa del Giro, dopo il traguardo volante hai colpito un cartello stradale, riportando una ferita sotto l’occhio sinistro. Ci spiegheresti meglio cos’è successo?
«Che botta! C’era una curva a sinistra, eravamo tutti in fila e avevo poca visibilità. Quando all’ultimo momento mi sono accorto del cartello, ho fatto il possibile per evitarlo, ma non ci sono riuscito. Poteva andare peggio, invece me la sono cavata con quattro punti di sutura sotto l’occhio sinistro».

La concomitanza con il Giro ti ha costretto a rinunciare alle Classiche.
«Non posso negare che mi sia dispiaciuto molto non essere al via delle Classiche, sono sempre state il mio obiettivo principale. Quest’anno però ci sono state molte corse in concomitanza e insieme alla squadra abbiamo deciso di partecipare al Giro d’Italia. È stata comunque una bellissima corsa ed una grande esperienza che mi servirà in futuro, ne sono certo».

Voi della Deceuninck Quick Step avete vissuto un Giro straordinario, con Joao Almeida per 15 giorni in maglia rosa.
«Nessuno si sarebbe aspettato tanto da Joao, è stata una sorpresa per tutti. Eravamo un gruppo affiatato, in tipico stile Wolfpack e ci siamo trovati fin da subito. Abbiamo corso giorno dopo giorno cercando di conservare il più a lungo possibile la maglia rosa. È stata una grande soddisfazione e ci è dispiaciuto averla persa ma è stato un ottimo risultato, anche in vista delle prossime stagioni».

Altro salto indietro: se ripensi all’impennata fatta sul traguardo del Campionato Italiano...
«È meglio non pensarci, brucia ancora ma ormai è andata. Dagli errori si impara sempre, guardo avanti e sicuramente non lo rifarò più».

Ma senza impennata, il risultato sarebbe stato diverso?
«Sinceramente non lo so».

Se dovessi darti un voto per il 2020...
«Mi darei un sei e mezzo, forse sette. Mi aspettavo meno da questa stagione e invece ho portato a casa qualche bella soddisfazione, come la vittoria durante l’ultima tappa del Giro di Polonia, con arrivo a Cracovia. Per la nostra squadra è stata una settimana difficile dopo l’incidente di Fabio (Jakobsen ndr), ricordo che la notte dell’incidente non ho chiuso occhio. È una vittoria che ho dedicato a lui che, oltre ad essere un compagno, è un amico. In altre circostanze però potevo fare qualcosa in più: le due tappe del Giro di cui abbiamo parlato sono state due occasioni perse».

Hai sentito Fabio? Come sta?
«Sta meglio, so che ha ricominciato un po’ a pedalare. Spero di vederlo presto in gruppo»

Eri alla prima stagione alla Deceuninck - Quick-Step. Tra i nuovi compagni chi ti ha colpito di più?
«Julian Alaphilippe, è davvero simpatico e fa molto gruppo. Sa sempre come motivarti e coinvolge ognuno di noi. Ha energie infinite, non si stanca mai»

Evenepoel?
«Remco è davvero fortissimo. Al Giro di Lombardia purtroppo non è stato fortunato, ma sono cose che possono capitare. Ha un grande carattere e l’ha dimostrato. Sono certo che farà grandi cose»

E con Davide Bramati come ti trovi?
«È il diesse perfetto. Mi trovo bene, con lui il divertimento è assicurato, ma quando si lavora non si scherza. È sempre presente e risolve i vari problemi, piccoli o grandi che siano. È un elemento fondamentale nel Wolfpack. Con lui mi confronto settimanalmente, ed è un mio grande punto di riferimento».

Hai già ricominciato la preparazione in vista della prossima stagione?
«Ho ricominciato da qualche giorno con un po’ di palestra e qualche uscita in bici. Senza fretta. Con la squadra dovremmo andare in Spagna a dicembre per un paio settimane. Uso il condizionale, perché dobbiamo vivere alla giornata ma speriamo di poter fare questo ritiro».

Alla fine della prossima stagione sarai soddisfatto se...
«Riuscirò a riconfermarmi. E perché no, migliorarmi...».

Tre parole per descrivere la bici.
«Fatica, impegno e testa. Tanta testa».

Se non fossi stato un ciclista saresti stato...
«Non lo so, ma posso dire che mi sarebbe piaciuto continuare a studiare».

Hai un sogno nel cassetto?
«La Parigi-Roubaix».

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