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TOUR, -7 ALLA SFIDA PIÙ ATTESA
di Paolo Broggi | 30/06/2018 | 07:54

Tutto continua a ruotare attorno a lui, a Chris Froome. L’uo­mo più discusso e raccontato degli ultimi mesi, l’uomo che da dicembre ha ingaggiato un braccio di ferro con l’Uci dopo il risultato anomalo di un suo campione prelevato durante la Vuelta 2017. Una infrazio­ne, quella dell’alto tasso di salbutamolo, che non obbliga alla squalifica e concede al britannico il diritto di correre: Froome lo ha fatto e ha vinto al­la grande il Giro d’Italia, ma la Fran­cia non lo vuole.

Più volte in queste settimane Bernard Hinault lo ha attaccato pesantemente e le indicazioni che ar­ri­vano da Parigi sono chiare: Aso sta cercando il modo di escluderlo dalla corsa. Difficile, se non impossibile, dire oggi se gli organizzatori del Tour riusciranno nel loro intento, il filo della risoluzione giuridica è al tempo stesso ingarbugliato e sottile. E per il momento Froome è un corridore che ha il diritto di correre. Sarà al via del­la corsa dalla Vandea e sarà il faro della prova e non potrebbe essere diversamente per un uomo che di Tour ne ha vinti quattro.

SFIDA. A sfidarlo, praticamente tutti i migliori specialisti del mondo, a co­minciare dalla corazzata Movistar che si schiererà con tre punte come Quin­tana, Valverde e Landa. Poi Bardet, Bar­guil, Alaphilippe, Pinot e Guil­lau­me Martin speranze di una Francia che non vince la sua corsa dal 1985, gli olan­desi Mollema, Kruiswijk, Kel­der­man e Dumoulin, il russo Zakarin, il polacco Majka, l’australiano Porte, il colombiano Uran, il danese Fuglsang, l’irlandese Daniel Martin. Il mondo si sfida per conquistare la Francia.

ITALIA. E l’Italia? Sarà tutta sulle spalle di Vincenzo Nibali che, dopo una grande primavera, ha messo nel mi­rino il Tour e la storia. Sì, la storia perché i numeri hanno un peso: dal 1980 solo un corridore di 33 anni ha vinto il Tour. Ci riuscì Joop Zoetemelk in quell'anno, poi silo Cadel Evans nel 2001 . E prima risalire al 1952 per la seconda impresa di Fausto Cop­pi. Più vecchi, solo Henri Pelissier nel 1924 e Gino Bartali nel 1948, per en­trambi 34 anni compiuti, e il belga Fir­min Lambot, vincitore nel 1922 a 36 an­ni. I numeri hanno un peso e danno un senso speciale all’impresa cui punta Vincenzo Nibali che di anni ne compirà 34 il 14 novembre prossimo.

IL VIA. La partenza da Noirmoutier-en-l’Ile propone 110 km (sui 201 totali) lungo le coste della Vandea, affacciate sull’Oceano Atlantico. Dopo una prevedibile volata (ma sempre massima attenzione al vento) a La Roche-sur-Yon, lunedì 9 luglio sarà la volta della cronosquadre: 35,5 km lungo un percorso esigente che propone diversi cambi di ritmo e addirittura una salita nel finale prima di tornare a Cholet.

Si lascia la Vandea per sbarcare in Bre­ta­gna continuando a fare i conti con il vento e con le mille insidie della Re­gio­ne più ciclistica della Francia. E l’indomani, sulla stra­da verso Quim­per, una tappa che sa di classiche belghe: strade strette, cambi di ritmo, brevi salite in rapida successione e il Menez Que­lerc’h - punto chiave della Boucles de l’Aulne - che potrà ispirare i più coraggiosi. Il Mur de Bretagne, dove si concluderà tappa numero 6, è la salita più alta della Regione e al Tour ha sempre presentato il conto a qualche big: stavolta il rischio è doppio perché sarà af­frontato due volte negli ultimi 16 chilometri della frazione.

Si la­scia la Bretagna per ad­dentrarsi nel cuore della Francia e puntare su Chartres dove do­vrebbero tornare ad essere protagonisti gli sprinter. A meno che il vento, atteso soprattutto nei 40 chilometri fi­nali, non arrivi a sparigliare le carte. Emozioni in fotocopia previste per la tappa numero otto, la Dreux-Amiens Metropole, che punta verso Nord, ma con un elemento in più: si corre il 14 luglio e i ciclisti francesi faranno di tut­to per far saltare il banco e regalarsi una giornata di gloria nazionale.

LA PAURA. La prima settimana del Tour si conclude con la tappa in assoluto più temuta dai big, quella del pavè e dell’arrivo a Roubaix. Quindici settori di pietre per un totale di 21,7 chilometri compreso quello - decisamente im­pegnativo - di Camphin-en-Pévèle di 1800 metri. Con le danze antipioggia che in molte squadre sono già all’ordine del giorno.

LE ALPI. Trasferimento ad Annecy, sulle rive dello splendido lago omonimo, nel cuore della Savoia, per il primo giorno di riposo e ripartire poi con uno scenario completamente diverso, vale a dire quello delle Alpi. Si comincia a sa­lire con il Col de la Croix Fry, poi si raggiunge il Plateau des Glières che propone proprio in vetta due chilometri di sterrato e infine si valica il Col de Romme - La Colombière per raggiungere il traguardo tradizionale di Le Grand Bor­nand.

Il giro di boa della Gran­de Boucle, vale a dire la tappa numero 11, si annuncia esplosivo: 108 km soltanto valicando il Col du Pré e il Cor­met de Roselend prima dei 18 km di ascesa che portano al traguardo di La Rosière. Il trittico alpino si concluderà con un grande classico: il tappone propone in rapida successione Col de la Made­lei­ne, Lacets de Montvernier e Col de la Croix de Fer prima di salire i 21 storici tornanti che portano all’Alpe d’Huez.

VERSO I PIRENEI. Spazio ai velocisti nella tappa numero 13 a Valence, occasione da non perdere per le ruote veloci perché è l’unica della seconda settimana. L’indomani, infatti, c’è in programma il Massiccio Centrale con la traversata delle Gorges d’Ardèche e delle Cévennes (panormai splendidi, da non perdere) prima di arrivare a Men­de, tradizionale traguardo del Tour in questa zona di Francia. L’avvi­cinamento verso i Pirenei propone poi una tappa, la numero 15, sulla carta adattissima agli attaccanti con il Pic de Nore che sarà il trampolino di lancio ideale per i coraggiosi di giornata.

Il secondo giorno di riposo nella bellissima Carcassonne aprirà la settimana decisiva della Grande Boucle. La corsa ripartirà in direzione di Bagnères de Lu­chon proponendo il Col de Portet d’Aspet, il Col de Menté e il Col du Por­tillon, cui seguirà la picchiata verso il traguardo.

TANTA SALITA. Mercoledì 25 lu­glio in programma c’è la tappa più in­novativa e sorprendente del Tour: 65 chilometri, partenza in salita con il Col de Peyresourde, il Col de Val Louron-Azet e l’arrivo inedito al Col de Portet, al termine di una salita di 16 km all’8% di pendenza media che porta a quota 2.215 metri.

Dopo l’intermezzo di Pau dedicato agli sprinter, venerdì 27 ultima giornata pirenaica con il Col d’Aspin, il Tour­malet e l’Aubisque prima dell’arrivo a Laruns: una tappa da leggenda per de­cretare il re del Tour. Ultimi giochi da fare, nella Saint-Pée-sur-Nivelle - Espe­lette, unica cronometro individuale del Tour, 31 chilometri per nulla adatti agli specialisti, ma a corridori capaci di ri­lanciare il ritmo su un per­corso de­cisamente impegnativo. Per fi­nire, na­turalmente, Parigi aprirà le sue porte alla corsa e ai suoi eroi.

PREVISIONE. Sulla carta, ci sono tutti i presupporti per ve­dere una grande gara, il percorso è bello e stimolante più di altre edizioni ma il rischio di assistere a tre settimane piut­tosto noiose è alto. Non per di­fetto, intendiamoci, ma per merito: il li­vello dei partecipanti - tanto i singoli quan­to le squadre - è talmente elevato, la condizione degli atleti talmente esasperata, gli interessi talmente forti che il ri­schio di assistere ad una corsa ingessata e poco spettacolare è altissimo, co­me peraltro avvenuto in molte delle ul­time edizioni. Qualche campione con la fan­tasia nel DNA c’è, uno di questi viene dalla Sicilia e conosce be­ne la strada che porta a Parigi.

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