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LE STORIE DEL FIGIO. 50 anni di Bartolozzi
dalla Redazione | 24/11/2016 | 07:37

Sono stati circa cinquanta gli anni che hanno visto militare fra il gruppo dei professionisti, dapprima come corridore e quindi come direttore sportivo e dirigente di spiccato livello, il toscano Valdemaro Bartolozzi. Un nome di spicco, soprattutto nell’ambito dei direttori sportivi “storici” della sua epoca, un tris d’assi che si può completare con i nomi di Luciano Pezzi e Giorgio Albani.

E’ nato a Scandicci, cittadina che confina con Firenze, nel 1927
e, fra i dilettanti vince l’importante Coppa Mercatale e, nel 1950, il Piccolo Giro di Lombardia, allora una sorta di passaporto per il passaggio al professionismo. Approda nel medesimo anno alla categoria maggiore con l’Atala e corre negli anni con Lygie, Legnano, nella Ignis, poi nella svizzera Allegro e infine, nel 1961 nei rosso-neri della Fides, altro marchio di Giovanni Borghi, in orbita Ignis. E’ il Giro che, partito da Torino, celebra il centenario dell’Unità d’Italia, vinto dal romagnolo Arnaldo Pambianco, corridore della Fides che, spalleggiato da tutta la squadra dove correva anche l’esperto Valdemaro Bartolozzi, riuscì a resistere agli assalti portati da stranieri di grande spessore quali il francese Jacques Anquetil ed il lussemburghese Charly Gaul.

Il palmarès, nonostante gli anni d’attività, è comunque piuttosto scarno, facilmente sintetizzabile. E’ probabilmente la prova provata delle sue caratteristiche tecniche, quelle di un “duro a morire” che si dedicava soprattutto al lavoro per conseguire i risultati di squadra dove motivava i coèquipier con la parola (dote che non gli è mai mancata) e con l’esempio della sua forte personalità, in corsa e fuori corsa. E’ stato due volte campione italiano della categoria “indipendenti” e ha vinto, nel 1959, il Giro della Provincia di Reggio Calabria, allora corsa assai ben frequentata e ambita del calendario italiano.

I lunghi anni in ammiraglia iniziano nel 1964 alla guida della Springoil-Fuchs, la formazione voluta da un “manager” ante-litteram qual è stato il poliedrico anconetano Alceo Moretti, personaggio di molti interessi. Qui Bartolozzi incontra un corridore, un campione, quale il corregionale Franco Bitossi, che con le mattane del suo famoso “cuore matto”, soprattutto all’inizio di carriera, mette alla prova il cuore e il batticuore di tutta la squadra. Bitossi è anche il leader della Filotex, azienda tessile pratese degli appassionati  Edo Gelli, Alfio Santanni e Aldo Giovannelli che, con il direttore commerciale Ilvo Giambene, crearono la squadra professionistica nel 1966, sempre diretta da Valdemaro Bartolozzi  e che fu in strada fino al termine del 1975. Fra i molti protagonisti pedalatori si può ricordare, oltre a Franco Bitossi, Ugo Colombo, Marcello Mugnaini, Italo Zilioli, Marcello Bergamo, Roberto Poggiali di Scandicci e Francesco Moser che esordì fra i prof nel 1973 proprio con la maglia blu Filotex. E' stata un’esperienza ricca di ricordi e soddisfazioni per Valdemaro Bartolozzi.

Nel 1976 e fino al 1980 Bartolozzi guida la Sanson, sempre con Francesco Moser caposquadra e Teofilo Sanson capo di tutto. Sono due personalità forti, estroverse e anche più, con Bartolozzi impegnato anche quale elemento equilibratore, una sorta di camera di compensazione. Dal 1981 al 1986 ritorna al volante di una formazione toscana, ancora gelati, con l’empolese Sammontana dei fratelli Bagnoli, al ritorno nel ciclismo professionistico dopo una prima esperienza nel biennio 1973-’74. E’ il talentuoso Moreno Argentin, iridato nel 1986, il capofila della formazione e sull’ammiraglia c’è pure Domenico De Lillo, il d.s. che aveva seguito il veneto anche fra i dilettanti.

E sono sempre gelati per Valdemaro Bartolozzi con la guida nel biennio successivo dell’abruzzese Gis Gelati. Nel 1989 approda alla Del Tongo-Mele Val di Non, dove milita Maurizio Fondriest. Dal 1990 al 1993 dirige la Jolly Componibili-Club 88 e dal 1994 al 1996 è nello squadrone Mapei, sempre in funzione attiva di d.s. e team manager. E’ la chiusura di una carriera, almeno quella sulla strada, di grandi soddisfazioni, con campioni di valore assoluto, a livello internazionale, con i corregionali Franco Ballerini, Andrea Tafi e, fra i direttori sportivi, pure un altro toscano, già suo ex alla Filotex, Fabrizio Fabbri.

Valdemaro Bartolozzi lascia il servizio attivo alle corse alla fine del 1996 ma continua a interessarsi di ciclismo, da “saggio”, per lo stretto rapporto che si era instaurato con il patron della Mapei, Giorgio Squinzi, un rapporto di stima e amicizia che continua tuttora.
Ne ha visti di corridori e di corse Valdemaro Bartolozzi che, terminata l’attività, si gode il riposo serenamente in famiglia, fra Scandicci e lunghi periodi in Versilia, al mare del Lido di Camaiore. E’ sovente in contatto con suoi vari ex corridori, preferibilmente toscani e pure con Piero Pieroni che con lui iniziò una variata carriera nel mondo delle due ruote, sovente incrociatasi con Bartolozzi, chiamato “maestro” da Pieroni.

E’ un personaggio che ha saputo vivere la ribalta praticando la discrezione anche nel dopo carriera. E “agonia”, questo il soprannome che lo distingueva nell’ambiente affibbiatogli già quando correva per le lamentele costantemente espresse in corsa sul suo stato fisico, a suo dire sempre debilitato, precario, sempre in agonia ma non “moriva” mai, anzi…, soprannome bonario che Bartolozzi accetta ancora, sorridendo.

Giuseppe Figini

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