Le squadre erano state preventivamente allertate dagli organizzatori della Vuelta su possibili disordini ed erano tutti pronti a portare via i corridori in caso di problemi legati ai manifestanti filopalestinesi. Ogni team aveva due ammiraglie in più al seguito della corsa, così come era stato richiesto dall’organizzazione, per portare in salvo i corridori se la situazione fosse degenerata. Purtroppo ieri alle porte di Madrid la corsa è stata fermata dai manifestanti e, seguendo un piano di fuga ben preciso, i corridori sono stati riportati velocemente in albergo. Non ci sono state premiazioni e neanche il discorso del vincitore: l’unica cosa possibile da fare era tornare in hotel e allontanarsi rapidamente dal percorso di gara. Jonas Vingegaard e i suoi compagni di squadra sono stati evacuati subito e mentre si allontanavano, cercavano di mettersi in contatto con le famiglie che invece erano nella zona del traguardo.
«Sono estremamente orgoglioso di questa vittoria, questa è la mia prima vittoria alla Vuelta e il terzo Grande Giro della mia carriera - ha dichiarato Jonas Vingegaard dopo la l’ultima tappa – Sono state tre settimane difficili. La mia vittoria di tappa alla Bola del Mundo mi ha dato grande soddisfazione. È stato un ottimo modo per concludere questa Vuelta».
Nonostante la gioia per la vittoria appena ottenuta, il danese è rimasto amareggiato per non aver potuto correre l’ultima tappa e per non aver festeggiato la sua vittoria a Madrid con i compagni. «La tradizione della Vuelta è di arrivare a Madrid dove questa città offre scenari iconici di festa per i corridori. Le foto di gruppo e il brindisi con champagne ci sono stati, ma a causa delle proteste, ci siamo dovuti fermare e non ci è stato permesso di entrare nel circuito cittadino».
Le ultime immagini felici di questa Vuelta, sono state quelle delle foto di rito, prima con le maglie delle varie classifiche e poi dei primi tre classificati, Vingegaard, Almeida e Pidcock, con un calice di champagne in mano mentre pedalano verso Madrid. Poi tutto è stato interrotto bruscamente a causa dei manifestanti che hanno invaso il percorso di gara. «È un peccato che ci sia stato rubato un momento di gioia e delle immagini che sarebbero potute rimanere in eterno. Sono davvero deluso. Non vedevo l'ora di festeggiare questa vittoria finale con la mia squadra e i tifosi. Tutti hanno il diritto di protestare, ma non in un modo che influenzi o comprometta la nostra corsa».
Nei giorni scorsi Vingegaard aveva detto di comprendere perfettamente le motivazioni dei partecipanti, sottolineando che cercavano solo di avere visibilità per la loro protesta. Ieri però la situazione è stata diversa, perché erano tantissimi i manifestanti filopalestinesi e dalla parte opposta della città in strada erano scesi i sostenitori di Israele. I corridori hanno detto che si respirava un’aria molto tesa e per alcuni aspetti tetra e la maggior parte temeva per le famiglie che erano al traguardo.
«Lo ripeto: tutti hanno il diritto di protestare, ma non in un modo che influenzi o comprometta la nostra corsa e purtroppo ieri è quello che è accaduto».