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CALMA, CI VUOLE CALMA
di Pier Augusto Stagi | 13/11/2020 | 08:05

CALMA. «C’è un pericolo: le squadre World Tour prendono tanti talenti già quando sono junior, però può essere sbagliato. Bisogna crescere per gradi». Il pensiero è di Merckx, Axel Merckx, che in questi ultimi anni mi sembra abbia portato al professionismo un buon numero di corridori, ma non li ha fatti passare così tanto per farlo, perché tutti hanno già dimostrato e stanno in parte mostrando di avere i numeri per stare dove sono arrivati. Solo per facilitarvi il compito, per farvi comprendere la portata di questo preziosissimo lavoro, Axel negli ultimi anni ha portato nella massima categoria gente come Ben King, Taylor Phinney, Jesse Sergent e Alex Dowsett. Lawson Craddock, George Bennett e Ian Boswell. Joe Dombrowski, Jasper Stuyven, Jasper Philipsen e  Jhonatan Narváez. Per finire con Joao Almeida, Ivo Oliveira, Mikkel Bjerg, Ruben Guerreiro e Tao Geoghegan Hart: non male, no? Anzi, già che ci sono dico che Axel, nonostante i risultati, è in difficoltà. La Hagens-Berman ha confermato la sponsorizzazione per il 2021, ma Axeons ha ridotto di molto l’impegno e per il momento l’organico è di soli 10 ragazzi. Per il prossimo anno il figlio del Cannibale non prevede di conseguenza stage o camp, visto che la gran parte dell’attività si svolge in Europa e i costi, essendo sempre più elevati, non consentono iniziative collaterali, a meno che non accada qualcosa di significativo nelle prossime settimane: insomma, cerca sponsor.

Tornando al tema, il pericolo è chiaramente la fretta, la voglia smisurata di avere anche noi l’Evenepoel di turno, non sapendo e non riconoscendo un fatto molto semplice: che di Remco ce n’è uno solo. Di ragazzi che da juniores hanno mostrato su scala internazionale - e dico internazionale - una superiorità così netta, io non ne ho mai visti. Di corridori che vanno per davvero il doppio degli altri non ne ricordo a memoria d’uomo. È un talento, assoluto, riconoscibile e identificabile ad occhio nudo. Non per questo va preso come paradigma quanto fatto per il piccolo fuoriclasse belga.

Se Axel Merckx invita alla prudenza, Filippo Ganna ricorda che ognuno ha i propri tempi di maturazione e cottura. In verità Pippo è nel forno ideale, quello della Ineos Grenadiers, per crescere senza pressioni, anche se dopo questo Giro eccezionale sono in molti a chiedergli non solo il mondo, ma la luna. Si sogna già un Ganna formato Indurain, per non dire Wiggins. Un corridore capace di trasformarsi da autentico fuoriclasse della pista e cronoman di livello mondiale a uomo per i Grandi Giri. E qui mi fermo. Nel senso che spero che tutti capiscano che è bene avere pazienza, prudenza. Guai snaturare il fuoriclasse di Vignone, guai pensare che basti far perdere un po’ di peso (da 82-83 kg a 75) per arrivare a scalare montagne. Non è così. Intanto Filippo continui a deliziarci con le sue performance a crono. Continui a vincere titoli mondiali e ad abbattere record in pista. Si concentri sulle classiche Monumento come la Roubaix (questo è il suo prossimo obiettivo) e, se proprio vuole, provi a vincere qualche breve corsa a tappe. Con calma, senza ossessioni. Come ha saputo fare in questi anni, con la famiglia giusta alle spalle, con la squadra ideale al proprio fianco, che poi è la stessa cosa.

UN GIRO DA STUDIARE. Credo che il Giro a Milano sia giunto grazie al lavoro di tutti, anche dei media, che hanno compreso profondamente la portata, la difficoltà e l’eccezionalità del momento, senza andare alla ricerca di scoop o sensazionalismi che, volendo, erano davvero a portata di mano.
Devo dire che in pieno stato d’emergenza ognuno ha fatto la propria parte e ha dato il proprio contribuito, comprendendo il caso e chiudendo anche un occhio. Detto questo, è stato fatto un lavoro pazzesco, soprattutto a livello sanitario con un protocollo anti-Covid elaborato dal professor Tredici, dal 1982 medico della corsa rosa, e messo in opera dal dottor Massimo Branca e dal figlio d’arte dottor Stefano Tredici. Un protocollo rivoluzionario che potrebbe diventare presto oggetto di studio visto che, oltre ai tradizionali tamponi molecolari Pcr, per la prima volta in una manifestazione sportiva di alto livello sono stati utilizzati anche quelli antigenici veloci, che hanno dato risposte in pochi minuti e hanno consentito di effettuare uno screening immediato. Il tutto con l’apporto di una vera squadra di specialisti (undici) del Centro Diagnostico Italiano di Milano che hanno eseguito più di 8 mila tamponi tra molecolari e veloci, con soli quattro corridori positivi: Simon Yates, Matthews, Kruijswijk e Gaviria. Solo quattro.

Mi sembra un risultato pazzesco. Se da un lato questo dice che la “bolla” ha chiaramente funzionato, dall’altra mi induce a pensare che forse a questo punto la scienza è chiamata a studiare il fenomeno Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta España. Atleti giovani che corrono gomito a gomito e, nonostante siano impegnati in una corsa a tappe che ha come fine ultimo quello di indebolire il sistema immunitario dei partecipanti, non si infettano. Non sono un medico, non ho la preparazione per andare avanti, ma credo che questo Giro non solo porti elementi tecnico-sportivi significativi, ma mai come questa volta contenga contenuti scientifici di rilevanza mondiale. Se proprio vogliamo forzare il concetto e scherzare in momento nel quale ci viene difficile, mai come adesso il ciclismo è bene che vada in laboratorio: uno sport cavia, senza fare la fine dei topolini.

Editoriale da tuttoBICI di novembre

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