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JUANPE LOPEZ, IL NUOVO PRINCIPE DI SPAGNA
di Giulia De Maio | 27/06/2022 | 08:15

Dieci giorni in maglia rosa e maglia bianca sulle spalle alla fine di un Giro d’Italia durissimo. Juan Pedro Lo­pez è stato la sorpresa più interessante delle scorse tre settimane. Il 24enne basco della Trek Segafredo è sbocciato sulle strade del nostro Paese e si è fatto conoscere di­ventando per tutti semplicemente Juanpe. Sempre sorridente e dai modi gentili, in salita si esalta e con un po’ di esperienza in più chissà dove potrà arrivare.

Nato nel 1997 a Lebrija, in Andalusia, è sicuramente uno dei giovani più interessanti del panorama iberico, anche se in Spagna è sempre stato meno considerato rispetto a Juan Ayuso e ad altri talenti che hanno dominato in ambito giovanile. La sua carriera inizia sostanzialmente nel 2014, quando da junior si laurea campione di Andalusia sia in linea che a cronometro. Da lì passa al team della Fundacion Contador, con cui completa il passaggio tra i professionisti nella allora Polartec-Kometa. Nella massima categoria si distingue subito come buon scalatore, finendo regolarmente nei piani alti delle classifiche per i migliori giovani alle va­rie corse a cui partecipa, a partire dalla Volta a la Comunitat Valenciana del 2019 in cui si piazza alle spalle di Ser­gio Higuita, Aleksandr Vlasov e Steff Cras. Quello stesso anno inizia uno stage alla Trek-Segafredo, che lo mette sotto contratto per la stagione successiva. Da allora corre nella squadra a stelle e strisce, con cui rimarrà anche nella prossima stagione. Dopo un 2020 piuttosto difficile, nella stagione scorsa è tornato a farsi vedere, soprattutto nelle fughe o al servizio dei suoi capitani. In questo 2022 ha compiuto un ulteriore passo in avanti. L’abbiamo visto prima protagonista di un attacco nella tappa regina della Volta a Catalunya e poi ri­manere con i migliori e chiudere all’ottavo posto nella durissima ultima tappa del Giro dei Paesi Baschi, al secondo posto tra i migliori giovani alle spalle di Remco Evenepoel. È il Giro però che per lui ha rappresentato la vera svolta.

Juanpe, che da prof non ha ancora vinto una corsa, ha conquistato il simbolo del primato nella quarta tappa da Avola all’Etna, la prima in Italia dopo la grande partenza in Ungheria. Sul primo arrivo in salita dell’edizione 105 ad alzare le braccia al cielo è stato il tedesco Lennard Kämna che ha preceduto in uno sprint a due Juan Pedro che, dopo un attimo di scoramento, ha ritrovato il sorriso quando ha scoperto di essere balzato al comando della classifica generale. I due, ultimi superstiti di una lunga fuga, a un paio di chilometri dal traguardo, si sono accordati alla buona per non intralciarsi a vi­cenda per poi giocarsi il tutto per tutto in volata. Juanpe ha dovuto inchinarsi al tedesco della Bora Hansgrohe, ma ha potuto festeggiare in quanto maglia rosa spagnola più giovane di sempre.

«Che emozione. Voglio portarla il più a lungo possibile perchè è la maglia più bella» ha commentato la prima volta che è finito in mondovisione con un microfono davanti alla bocca. È il diciottesimo spagnolo in maglia rosa nella storia del Giro e dire che non ce n’era uno dal 2015, quando Al­berto Con­tador conquistò il suo ultimo grande giro in carriera.

«Sono orgoglioso che Juan Pedro sia il primo spagnolo in rosa dopo il sottoscritto, ma la cosa più bella è che siamo stati in grado di accompagnarlo nel suo viaggio che lo ha portato dove si trova oggi - ha commentato il Pistolero. - È stato nella nostra squadra juniores, poi nella squadra U23 e un altro anno con la nostra squadra principale, poi ancora gareggiando a livello Continental. Il nostro obiettivo è proprio questo, far crescere i corridori del nostro campus e portarli alla Eolo Kometa. Juan Pe­dro è quindi per noi un modello di scuola e ne siamo orgogliosi».

«Se mi sono abituato ad avere questo simbolo? No, sono emozionato come il primo giorno» confessava a Napoli Juan Pedro, che in occasione della tap­pa campana non ha rinunciato né a un buon caffè né a una pizza «davvero su­per».

Anche perché in passato Juanpe aveva lavorato nella pizzeria del suo paese e pure da “montero”.

«Mettevo il cemento che serviva per costruire le case. Ho lavorato la malta col mortaio con un amico per qualche tempo. A casa non mi è mai mancato niente, ma allo stesso tempo neppure si navigava nell’oro e io volevo avere de­na­ro per le mie spese, per andare alle feste del paese. Non penso che sia una cosa così speciale, in tantissimi da giovani hanno lavorato per guadagnare qualcosa. Ciò dimostra che pure se sei di origini umili, se lavori puoi raggiungere i tuoi obiettivi» ha raccontato ai giornalisti che volevano sapere di più sul suo passato.

Molto legato al territorio da cui proviene, Juanpe è tifoso del Betis e durante il Giro ha ricevuto un messaggio di in­coraggiamento da Joaquin, l’ex giocatore della Fiorentina, ma anche e so­prat­tutto storico capitano dei verdiblancos che gli ha mandato i suoi auguri... dalla cyclette.

La sua favola ha rischiato di interrompersi sul Blockhaus, nella giornata nera del suo amico Giulio Ciccone. Sull’a­sce­sa finale Lopez si è agganciato con l’olandese Sam Oomen. Inizialmente lo sconforto ha annebbiato i suoi pensieri, una volta messo piede a terra è stato protagonista di una reazione scomposta, ma quando è risalito in sella, con una cronoscalata di 8,1 chilometri, ha dimostrato il suo reale valore. L’idea di continuare il sogno ha avuto il sopravvento rispetto all’iniziale smarrimento.

«Voglio chiedere scusa a Oomen. C’era un po’ di tensione e velocità, lui mi ha portato fuori strada, io ho perso la testa per un attimo e gli ho tirato dietro una borraccia. Voglio chiedergli scusa» ha dichiarato nelle interviste a fine tappa, dimostrando onestà e anche un po’ di ingenuità, visto che ha ri­schia­to pure di incorrere in sanzioni per comportamento scorretto, non in­tercettato (per sua fortuna) dalle te­le­­camere.

In cima alla salita passata alla storia per aver tenuto a battesimo nel 1967 la prima vittoria di tappa al Giro d’Italia di Eddy Merckx, Juanpe conserva 12” di vantaggio che gli permettono per il sesto giorno consecutivo di andare a dormire con la maglia rosa. «Ho dato tutto. Non pensavo di riuscire ad in­dossare questa splendida casacca al mio primo Giro e non ci credevo quando il mio massaggiatore mi ha detto all’arrivo che ero riuscito a tenerla. So­no stanco, ma felice. Che nessuno mi svegli da questo sogno».

Purtroppo per lui lo ha fatto Richard Carapaz, che gli ha soffiato il simbolo del primato al termine della quattordicesima tappa con arrivo a Torino, che ha rivoluzionato la classifica generale e regalato il secondo trionfo di giornata a Simon Yates. Le salite di Superga e della Maddalena, da percorrere due volte, hanno messo in seria difficoltà tanti dei protagonisti, Juan Pedro Lo­pez compreso, costretto a lasciare la maglia rosa dopo 10 giorni che non dimenticherà mai. Con la sua tenacia ha stupito anche chi lo conosce bene, come il suo allenatore Josu Larrazabal.

«Me lo aspettavo protagonista, ma non così. Avevamo preventivato che entrasse nelle fughe, lottasse per le vittorie di tappa, ma non che dimostrasse questa maturità e serenità nella gestione della classifica» spiega il performance manager della Trek Segafredo, che ha grande fiducia per il futuro del suo connazionale.
«È uno scalatore puro. Al suo primo grande giro, la Vuelta 2020, aveva di­mostrato di essere un grande agonista, centrando la fuga in tutte e tre le settimane, persino nelle ultime giornate. Senza dubbio è adatto per i grandi giri in cui le crono non hanno un’incidenza eccessiva come in genere accade al Gi­ro e alla Vuelta. Al momento è un candidato per la top 10, un giorno lo sarà per la top 5. Ritengo prematuro parlare di podio per lui, è ancora in fase di crescita e sta scoprendo i suoi limiti, ma che sia adatto ai grandi giri e alle tappe di montagna lo ha già mostrato chiaramente. Non è super veloce quindi non vincerà tanto, ma saranno vittorie di qualità».

In cosa può migliorare lo hanno dimostrato le ultime frazioni, a partire da quella teoricamente semplice di Treviso nella quale Juanpe si è fat­to sorprendere nelle retrovie quando il gruppo si è spezzato e ha perso 2’43”, costringendo i compagni a lavorare parecchio per cercare di limitare i danni. Ha commesso «un errore di posizione da principiante», così lo ha definito il general manager Luca Guercilena. Quella mattina il ritiro forzato di Joao Almeida per la positività al covid aveva ri­messo sulle spalle di Juan Pedro la ma­glia bianca di miglior giovane, a tre giorni dal traguardo di Verona. Ve­ner­dì e sabato sulle salite più dure in programma ha stretto i denti e dimostrato di essere a suo agio in alta quota, assicurandosi la top ten. Domenica nella cronometro conclusiva si è difeso come meglio ha potuto, cedendo sì una posizione a Hugh Carthy, ma chiudendo comunque decimo in classifica generale a 18’40” da Jai Hindley e davanti all’eterno connazionale Alejandro Val­verde. Per un simbolico passaggio di consegne.

«Per me è stato un giro speciale e indimenticabile. Avevo lavorato tanto per una vittoria di tappa, sono arrivate altre ricompense che hanno superato le mie aspettative e quelle della squadra, a cui sono davvero grato. Il momento più emozionante è stato quando sull’Etna mi hanno detto che avrei ve­stito la maglia rosa, ma anche salire sul palco finale, sapendo di avere la mia famiglia ad ammirarmi, è stato da pelle d’oca» ha commentato emozionato do­po aver ricevuto l’applauso dell’Arena di Verona.

Lo ritroveremo con ambizioni importanti alla Vuelta a España.
«Come tutti i corridori con le sue caratteristiche può migliorare nelle crono - aggiunge il preparatore Larrazabal. - Dai test che abbiamo già svolto sa ge­stire bene lo sforzo delle prove contro il tempo ma a livello tecnico e di posizione ha margini di crescita. Ci vorrà del tempo ma l’obiettivo è ottimizzare l’aerodinamica per ottenere guadagni minimi e costanti. Come tutti i giovani inoltre deve imparare a “limare”, a ri­sparmiare energie, tenendo la giusta po­sizione in gruppo, capendo quando fermarsi a fare pipì, come rientrare in gruppo senza sprecare troppo».

Questo Giro d’Italia è senz’altro servito da lezione al giovane promettente spagnolo, che è stato la vera rivelazione della corsa rosa. Parola di Alberto Contador, che profetizza: «Questa edizione marcherà un prima e un dopo nella sua vita e nella sua carriera. Ha un grande potenziale».

da tuttoBICI di giugno

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