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I 10 DI COSTA. SANREMO, VINCO PERCHÉ...
di Angelo Costa | 23/03/2019 | 07:49

Velocisti, finisseur, cacciatori di classiche, persino uomini da grandi corse a tappe: c’è speranza per tutti. Benvenuti alla roulette della Sanremo, l’attesa più lunga del ciclismo, 281 chilometri di battito regolare prima degli ultimi dieci col cuore in gola, di chi corre e di chi guarda. E’ la corsa più facile del mondo e al tempo stesso complicata da decifrare: tutti gli anni a ripetersi che vincerà un velocista, o meglio un fondista veloce, poi succede che uno come Nibali si inventi il numero sul Poggio come un anno fa e arrivi da solo. Siccome accade una volta ogni decennio, facile che quest’anno la Classicissima sia di nuovo un classico, ma non per questo è il caso di cambiar spartito, come puntualmente vien suggerito dopo ogni finale allo sprint, come se fosse una colpa avere arrivi veloci: la Sanremo è bella perché è fatta a modo suo, esattamente come la Roubaix, dove nessuno si azzarda a proporre di inserire un montagnone, o la Liegi, dove non si sente l’esigenza di aggiungere il pavé. E’ bella anche perché la possono vincere in tanti: ecco dieci facce - in rigoroso ordine alfabetico - che, se non saranno sul podio, possono andarci vicino.

Julian Alaphilippe. Vince perché in questo momento non può farne a meno: nel 2019 si è imposto in pianura, in salita, sullo sterrato, perfino allo sprint. Non vince perché, non appena deciderà di muoversi sul Poggio, se non addirittura prima, troverà un esercito di avversari pronto a braccarlo.

Alberto Bettiol. Vince perché è un atleta ritrovato, soprattutto nella testa: dopo un’ottima Tirreno-Adriatico, a chi gli ha chiesto cosa si aspettasse dalle classiche di aprile, ha risposto secco ‘prima la Sanremo’. Non vince perché anche lui verrà tenuto d’occhio quando proverà a scappare.

Caleb Ewan. Vince perché arriva pronto al punto giusto e non teme nessuno: sul rettilineo di via Roma, le due volte che si è presentato, ha fatto prima decimo, poi secondo. Non vince perché in coda a quasi trecento chilometri dovrà essere perfetto e non sempre riesce ad esserlo.

Fernando Gaviria. Vince perché è la corsa che desidera più delle altre, perché un anno fa non l’ha potuta correre, perché quando l’ha accarezzata è andato in terra prima dell’arrivo. Non vince perché alla Tirreno non ha mostrato segnali irresistibili quando ha avuto l’occasione di far le prove generali.

Dylan Groenewegen. Vince perché non sarebbe la prima volta che un debuttante fa subito centro, perché ha vinto due tappe alla Parigi-Nizza, perché ha un’esplosività che spaventa. Non vince perché uno sprint dopo trecento chilometri non l’ha mai provato a fare e potrebbe risultargli indigesto.

Alexander Kristoff. Vince perché nelle corse lunghe e dure è tra gli ultimi ad arrendersi e perché nelle ultime sei Sanremo non è mai sceso sotto l’ottavo posto. Non vince perché rispetto a velocisti più giovani ha perso un po’ di brillantezza e perché, se Gaviria sarà con lui, gli toccherà tirargli la volata.

Vincenzo Nibali. Vince perché è quello che la conosce più di tutti e perché già un anno fa ha dimostrato che non serve essere al cento per cento per inventarsi un capolavoro. Non vince perché quest’anno in tanti, per evitar sorprese, lo marcheranno stretto anche quando andrà all’ammiraglia.

Peter Sagan. Vince perché è la corsa che ha in testa da mesi, oltre che da anni: delle otto disputate, ne ha chiuse sei nei primi dieci e, quando gli è andata peggio, è stato diciassettesimo. Non vince perché alla Tirreno Adriatico non ha bluffato, come sospettano tutti, ma forse non stava davvero bene.

Matteo Trentin. Vince perché ha iniziato alla grande la stagione, vincendo tre corse, e perché può giocarsela sia allo sprint che partendo da lontano. Non vince perché solo una volta ha messo il naso nei dieci e perché, in caso di arrivo con i grossi calibri della velocità, sarebbe costretto a fare gli straordinari.  

Elia Viviani. Vince perché è il momento giusto per farlo, come carriera e forma: dalla sua ha maturità, sicurezza allo sprint, una squadra formidabile e la consapevolezza di aver battuto i rivali almeno una volta. Non vince perché nel ciclismo la matematica non può nulla contro l’imprevedibilità.

da QN Quotidiano Nazionale

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