Pavia, Collegio Borromeo. Studenti universitari, matricole (quelli del primo anno), colonne (secondo), fagioli (terzo). Goliardia, sport. Libri, furti, scherzi, partite, amori.
Paolo il Pasta, Uomo, Morry, Gian, Stiva, Pesce Palla: sono loro i protagonisti. Già gli anni Ottanta, ma ancora luogo e tempo – studenti - per posticipare la vita professionale, quella del lavoro, ordinata da orari, disciplinata da ruoli, comandata da gradi, e così invece ancora dedicata al libero esercizio della fantasia, della curiosità, dell’istinto.
Tre racconti, o forse tre capitoli, quelli scritti da Umberto Morando in un libriccino – “Paradiso lato vicolo”, Monboso, 96 pagine, 10 euro, del 2004 - misteriosamente apparso in un book crossing a quasi 600 km di distanza. Il primo dedicato a “Il convegno”, momenti di vita universitaria. Il secondo a “Il dribbling dello Struzzo”, un torneo di calcio perso ma solo nella finale, nonostante un tentativo di avvelenamento degli avversari. Il terzo a “L’Impero del Male”. Ed è qui che entrano in scena due biciclette. “E’ l’ultima notte del novembre grigio e piovoso d’un inverno di Pavia, e due figure d’ombra in bicicletta tagliano la nebbia scendendo lungo la via dei tre collegi femminili”, “i due attendono, fermi, al buio, nel freddo”, s’interrogano, si organizzano, settantadue uova, un estintore, una battaglia buia e liquida.
“Paradiso lato vicolo” è, nel suo piccolo, un’opera curiosa, sorprendente, a suo modo ciclistica. A Pavia, città d’arte, cittadinanza universitaria, circuiti storici e architettonici, altimetria piatta, tasche vuote, le biciclette trovano casa, scrivono storie, dettano legge.