Una pista ciclabile dedicata ad Alfonsina Strada. A Legnano. Dal Castello Visconteo. Più o meno un chilometro, la continuazione della ciclabile intitolata a Gino Bartali verso San Giorgio su Legnano. L’inaugurazione è prevista domenica 21 settembre alle 9.30. Una rincorsa cominciata un anno fa dalla Commissione Pari Opportunità, quando Legnano ospitò un incontro con Andrea Satta, cantante dei Tetes de Bois autori di un brano e un video per la pioniera del ciclismo italiano, e Morena Tartagni, la prima “corridora” italiana a salire – nel 1968 - su un podio mondiale.
Era il 1924 quando Alfonsina partecipò – prima e unica donna nella storia – al Giro d’Italia degli uomini. Da misconosciuta (nella lista degli iscritti “La Gazzetta dello Sport” la segnalava come Alfonsin Strada, un veneto?, e “il Resto del Carlino” come Alfonsino Strada, un uomo, temendo la reazione degli appassionati) a protagonista (fuori tempo massimo nell’ottava tappa, fu tenuta in gara, anche se fuori classifica, perché era diventata la grande attrazione della corsa), oggi è il simbolo non solo del ciclismo al femminile, ma dei diritti delle donne per la forza e il coraggio, la tenacia e la determinazione. Libri, documentari, laboratori, opere teatrali, festival, palestre, vie… Un secolo dopo. Mai troppo tardi.
“Milano, Via Varesina 80, la sua bottega – ricorda Alfredo Bonariva, 90 anni, pistard e stradista, gregario di Fausto Coppi, poi direttore sportivo da Morena Tartagni a Maria Canins -. Una sola vetrina: nel retro Alfonsina dormiva, mangiava, abitava con il marito Carlo Messori, davanti lavorava. Riparazioni di tubolari. Una bottega modestissima. Un tavolino, una sedia, tanti gatti, aveva la passione per i gatti, i gatti erano i veri padroni della bottega, andavano e venivano, entravano e uscivano, sfilavano in vetrina. E lei ne era così affezionata che, quando i gatti morivano, li faceva imbalsamare”.
Soltanto tubolari: “Perché i tubolari, i palmer, erano preziosi, li si riparava anche dieci volte finché il battistrada non era completamente consumato – racconta Bonariva -. Ago, spago e lametta da barba, Alfonsina staccava il tubolare incollato con il mastice al cerchione, scuciva il tubolare, sfilava la camera d’aria, la riparava e la reinseriva nel tubolare, quindi ricuciva il tubolare. Tutti quelli che correvano, se non tutti quelli che andavano in bici, erano capaci di riparare i tubolari, tant’è che quasi tutti, in una tasca della maglia, mettevano ago e spago. Ma pochi lo facevano a regola d’arte, come Alfonsina. Infatti da lei andavano campioni come Coppi e Maspes – Antonio era stato addirittura suo testimone di nozze -, corridori professionisti come me e gente comune con le loro ‘spicciole’, le bici da città”.
Per i corridori Alfonsina aveva un’attenzione speciale, una premura affettuosa: “Era una donna, come dire?, solida, pratica, concreta – spiega Bonariva -. Ogni tanto si lasciava andare ai ricordi e accennava alle sue storie. Indossava pantaloni alla zuava, cavalcava una bici antica con il manubrio da corsa e i parafanghi, un trabiccolo antidiluviano, che poi sostituì con una Guzzi 500. Nel 1959 correvo per la Ignis e vivevo nella Casa dell’atleta a Comerio con altri corridori, i pugili e i cestisti, ma ogni tanto passavo a trovarla, lei mi chiedeva dove avrei corso e quattro o cinque volte venne a vedermi, una buona occasione per respirare quell’aria e ritrovare quell’ambiente che lei aveva conosciuto e che forse le mancavano”. Fino al giorno in cui, cercando di mettere in moto la Guzzi 500, le si fermò il cuore. “Il suo negozio fu preso da un ex corridore, Capitani, specializzato in articoli di gomma, poi rilevato da Moronigomma. E ora, in Via Varesina 80, c’è una targa che celebra Alfonsina: “Insegnava ai ragazzi del quartiere a riparare biciclette e copertoni”. Bonariva: “Soltanto copertoni”.