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MARIA GIULIA CONFALONIERI E LA DETERMINAZIONE DI UNA DONNA ATLETA
di Giulia De Maio | 18/03/2021 | 08:00

Raggiungiamo telefonicamente Maria Giulia Confalonieri dopo l'ennesimo tampone imposto dai rigidi protocolli UCI e dai viaggi in epoca covid. La 27enne brianzola del team Ceratizit-WNT Pro Cycling è pronta per affrontare la campagna belga che nell'ordine le proporrà Brugge-De Panne, Gent Wevelgem, Ronde Van Vlaanderen, Scheldeprijs, la prima storica Paris-Roubaix femminile e la Freccia del Brabante.

Come stai?

«Bene, sono negativa e in salute. Di questi tempi non è scontato. Con le mie compagne vogliamo essere protagoniste al Nord: nelle prove che prevedono un arrivo in volata punteremo su Kirsten Wild, la nostra miglior cartuccia, nelle altre supporteremo la campionessa tedesca Lisa Brennauer, che quando è in forma difficilmente manca il podio. Io rispetterò gli ordini di scuderia, cercando di cogliere eventuali occasioni. Se per esempio andrà via una fuga, di quelle giuste, farò del mio meglio per entrarci. Se stai davanti e hai la gamba, nel finale ci arrivi».

Tra strada e pista quali obiettivi ti sei posta?

«Voglio andare forte questo mese, vincere una gara su strada visto che nella massima categoria ancora non ci sono riuscita, ottenere la convocazione per Tokyo2020 e per i mondiali in Belgio. In vista delle Olimpiadi mi gioco un posto per il quartetto e, soprattutto, vorrei tanto correre la madison. Io però sono scaramantica e, ancor di più in questo periodo, voglio focalizzarmi su una corsa per volta. L'emergenza sanitaria globale non permette di fare programmi a lungo termine. Se io o una mia collega ci becchiamo il virus vorrà dire che ci saremo allenate per mesi per nulla... Meglio non pensarci».

E tenersi impegnate. Quest'anno tu lo sarai anche in qualità di madrina di Machining meets Cycling by CERATIZIT.

«Esatto, è un piacere far parte di questo progetto rivolto a giovani studenti e sportivi. I ragazzi e le ragazze di oggi non stanno vivendo tempi facili tra didattica a distanza e socialità ridotta ai minimi termini. Trovo stimolante che un'azienda come quella che sfoggio sulla mia divisa pensi a loro che si trovano in un'età in cui spesso è difficile scegliere tra ciò che si ama e ciò che permetterà di trovare un'indipendenza dopo la scuola».

Cosa insegna lo sport che torna utile anche per svolgere qualunque professione riserverà loro il futuro?

«A essere determinati e a saper fare lavoro di squadra. Il risultato spesso lo ottiene solo uno ma il gruppo conta sempre di più. Se uno sportivo o ex sportivo si pone un obiettivo di solito ha una convinzione maggiore rispetto a chi non ha praticato alcuna disciplina. Il ciclismo è uno sport di sacrificio quindi “allena” ancora di più alla vita e alle fatiche che ogni uomo e donna si trova ad affrontare sul luogo di lavoro e non solo».

Un'atleta professionista è una persona privilegiata?*

«Molto fortunata perchè ha fatto della propria passione un lavoro, ma d'altro canto deve essere pronta ad affrontare tanti sacrifici. Non si tratta solo delle ore passate in bici, deve vivere da atleta 24h su 24h quindi curare l'allenamento, l'alimentazione, il recupero... Come per altri mestieri non esiste un cartellino da timbrare che ti permette di staccare fino al giorno seguente. Per una donna, ancora di più, non è sempre tutto rose e fiori. Anche se negli ultimi 3-4 anni abbiamo fatto passi da gigante ci sono ancora troppe cicliste che corrono per poco o niente e un abisso divide i top team dagli altri in cui c'è tanta strada da percorrere per avvicinarci al mondo maschile. Io non posso lamentarmi, anzi mi ritengo fortunata perchè da 6 anni ho al mio fianco la Polizia che non mi fa mancare nulla e milito in una squadra di club ben organizzata. Il caso recente della pallavolista Lara Lugli è una grave vergogna, che va oltre il mondo dello sport. Sembra incredibile ma a tantissime sarà successo che a un colloquio di lavoro sia stato chiesto, senza alcuna esitazione, se avessero in mente di avere figli. A un uomo non accade. Il gap c'è».

*In effetti, ho sbagliato a porre la domanda. In Italia una ciclista del livello di Maria Giulia Confalonieri (campionessa del mondo junior della corsa a punti, plurititolata a livello nazionale ed europeo, vincitrice di prove di Coppa del mondo e azzurra in ottica Giochi Olimpici) non è considerata e tutelata come una professionista.

 

 

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