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di Gian Paolo Ormezzano | 20/02/2021 | 08:10

Il 24 gennaio 2021 è stato probabilmente un giorno storico per il calcio italiano e per la televisione di Sky: Di­ret­ta gol, la trasmissione in tivù dei momenti salienti di tutte le partite della serie A del pomeriggio domenicale o festivo (accade an­che per le coppe europee), con il “salto” sul video da un teatro di competizione all’altro, o per routine di presenza sul video di questa e poi di quella partita, o per eventi straordinari, il gol su tutti, la Diretta gol dicevamo non è an­data in onda. Il perché è semplice: si giocavano in contemporanea appena due partite sulle die­ci del turno di campionato, fra l’altro nessuna delle due a priori avvincente, e inoltre una del pacchetto di Sky e una di quello di Dazn, teoricamente in concorrenza. A sua volta la Rai, che per anni ha “appoggiato” il suo storico programma - Rai2 - 90° Mi­nu­to sulle partite in diretta di Sky e Dazn, divenendo il palcoscenico per discussioni postmatch fra giornalisti, tecnici, ex giocatori e pinchi pallini assortiti, ha preso a titolare l’apprezzato bla-bla-bla A tutta rete, definizione onnicomprensiva per un contenitore di tante cose.

Il calciocampionato-spezzatino domina, e sono pochi anche gli spazi per le partite delle squadre nazionali. Ormai si gioca in Serie A dal venerdì al lunedì, lasciando il martedì, il mercoledì e il giovedì alle coppe europee o alla a lungo semiclandestina Coppa Italia, e faticando assai per trovare giorni utili al recupero di partite rinviate o sospese. E sono ipo­tizzabili altre occupazioni di altre ore di ogni giorno, all’insegna della diluizione massima, per raccogliere spettatori e pubblicità.

Stop col calcio, torniamo dalle no­stre arti, dove si pedala. Si aprono al ciclismo potenzialità nuove ancorché non semplici da ri­conoscere e classificare. A mon­­te, ma proprio tanto a mon­te, sta nascendo addirittura tutta una nuova tipologia di telespettatore sportivo (intanto che la pandemia accelera straordinariamente la decadenza anche numerica della tipologia speciale e di maggioranza, quella dello spettatore diretto, dal vivo, insomma dagli spalti degli stadi). E parliamo del mondo, mica soltanto di Roccacannuccia. Lo spettacolo del ciclismo - ciclismo su strada, precisiamo una volta per tutte, i velodromi sono assimilabili agli stadi e il ciclocross sta diventando ministadio anch’esso, con i percorsi intorcinati su se stessi e la gente che vede i corridori passarle davanti e dietro e di fianco - ha sperimentato specie con Gi­ro e Tour 2020  nuovi modi di ap­­proccio della gente al suo di­venire, al suo dipanarsi nel mon­do.

Lo spettacolo stradaiolo è unico, per le suggestioni di paesaggio, si capisce, ma anche per la riproduzione abbondante di teatrino paesano o addirittura cittadino, con attori abbondanti, bene predisposti e gratuiti. Il movimento dei corridori per arrivare ad una classificazione agonistica di se stessi è in fondo dello spettacolo una parte soltanto, quanto a tem­­po di occupazione del video, ancorché dia il titolo, l’impronta a tutta la trasmissione. È infatti in atto - ripetiamo - un cambiamen­to profondo e coinvolgente della tipologia tutta dello spettatore sportivo: pandemia, si capisce, ma anche, e specificamente nel caso del ciclismo, di allargamento dei confini di uno sport e dunque dei suoi spettatori, proprio mentre altri sport si inventano le cosiddette bolle: si pensi ai nuotatori celebri tutti nella stessa città e da lì “teledistribuiti” al mondo con le loro gare, ai tennisti che viaggiano il mondo, dentro una sorta di bolla, prima itinerante e poi fissa, da torneo a torneo (mentre i basket della Nba ha copiato per le sue finali l’idea della bolla inventata dal calcio con l’ultima Champions). Intanto il vincitore della prima corsa del calendario europeo ’21, la Clasica Comunitat Valenciana, in Spagna, è stato un francese d’Oltremare, uno dell’isola della Réunion, nell’Oceano indiano, crogiuolo di culture di Asia, Afri­ca ed Europa. Si chiama Lor­renzo Manzin, ha 26 anni, da an­notare. Sesto e ottavo due italiani, chi sa i loro nomi si compiaccia con se stesso come tifoso attento.

È nato anche un istituto scientifico che studia l’evoluzione dello sport, tutto lo sport, da questo punto di vista, che avanza proposte, formule, critiche. Diciamo subito che è fortemente possibile che il ciclismo su strada possa scoprire, grazie anche a questi studi, che il modo migliore per aderire ai nuovi gusti e alle genti nuove consista nell’essere ancora più profondamente se stesso. Ma è bene saperlo, dirselo, gridarlo in giro.

Il cambiamento di gusti, attenzioni, culti sportivi, genti dello sport (discorso che vale anche per gli atleti si capisce, mica soltanto per i loro guardoni che sia­mo noi telespettatori) è im­menso quanto è cangiante. Così, a naso, pensiamo che il ciclismo su strada possa trarre dal cambiamento davvero cosmico ed epocale giovamenti economici, con incremento di attenzioni e con popolarità planetaria, diverso come è da ogni altro sport an­che quando si propone in circuiti, a patto che siano di sviluppo chilometrico decente e non si riducano a mi­ni­arene campagnole o paesane, con atleti saltabeccanti di qua e di là a favore sempre di telecamere.

Domande di chiusura di un articolaccio ma speriamo di apertura almeno di un pensierino: c’è fra chi comanda al ciclismo e alle sue magnifiche sorti e progressive (come si diceva della finalità di opere titaniche eseguite per forare le montagne e farvi passare treni e auto) chi si è accorto del cambiamento e intanto sta pensando a come usarlo per il suo, il nostro sport, o almeno a come non lasciarsi distanziare da esso e dalle sue novità? Seguirà mai dibattito?

da tuttoBICI di febbraio

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