GeoOrbital sembra uscito da un film di fantascienza con il suo design ultramoderno e la struttura innovativa da applicare alla ruota della bicicletta pare promettere funzioni strabilianti e mai viste prima. In realtà è molto più pratico e concreto di quanto possa apparire: è un propulsore elettrico universale.
Già, per farla breve è un motore che si può applicare a qualsiasi bicicletta. Anzi, per correttezza specifichiamo “alla maggior parte” delle biciclette. La sua idea di base è tanto geniale quanto solida: invece che integrare il motore nel telaio oppure nel movimento (senza parlare delle fantomatiche, ma reali, bici con propulsore subdolamente nascosto), perché non fare in modo che si possa montare senza troppi problemi, come se fosse una ruota? Di più: come se fosse montato proprio nella ruota?
Avevamo visto qualcosa di simile con Copenhagen Wheel (e Electron Wheel o FlyFly Smart Wheel), dunque niente di così nuovo, ma mai come con GeoOrbital era stato espresso con un design così stupefacente. L’inventore di questo sistema, Michael Burtov, si è proprio ispirato al film di fantascienza Tron (con le sue moto spettacolari) per una ruota senza mozzo centrale dato che la porzione che si trova in corrispondenza dell’attacco con la forcella non è rotante ma è l’alloggiamento del motore da 500 Watt, della batteria agli ioni di litio Panasonic e l’elettronica.
E come viene impressa la spinta? Dove trova sfogo il movimento? Attraverso i rulli di gomma al termine di ognuno dei tre bracci che si connettono alla ruota vera e propria, che è riempita di una speciale schiuma. Tramite un controller da fissare al manubrio, si può imprimere una velocità da 32 a 50km/h ed è presente anche un sistema di recupero dell’energia (stile Kers) quando il propulsore non lavora.
La batteria (36V/10Ah) si ricarica via USB in quattro ore e offre un’autonomia da 32 chilometri in uso solo elettrico o 50km pedalando. Attualmente è in cerca di finanziatori su Kickstarter per l’equivalente di circa 600 euro, quando uscirà in commercio costerà un terzo in più.
Diego Barbera