È una regola ormai consolidata, soprattutto in Italia, dove gli azzecca
garbugli italici possono tutto, perché nelle pieghe del diritto si
nascondono mille rivoli di codici e codicilli, che possono tornare
utili alla bisogna. Il cicloamatore trovato con le mani nella marmellata
e che si dice (o meglio, dice il giudice della gara disputata sotto
l'egida del CSI), abbia confessato, il giorno dopo nega tutto. Ma
proprio tutto.
La notizia è rimbalzata agli onori della cronaca
ieri mattina, grazie alla Gazzetta dello Sport, che ha trattato
l'argomento con dovizia di particolari, grazie ad un ottimo reportartage
a firma Claudio Ghisalberti. Oggi lo stesso quotidiano roseo torna
sull'argomento, andando a stanare il 53 enne imprenditore che avrebbe
ingannato tutti, correndo una corsa con il motorino nascosto nella sua
bicicletta. A Ghisalberti racconta.
«Hanno voluto controllarmi la
bici. I giudici se la sono tenuta un’ora e mezzo mentre io sono andato a
cambiarmi. Avevo le mie cose da fare e brigare. Vai te a sapere cosa
hanno fatto. Loro sostengono che dentro c’è un motorino, ma non hanno
trovato nulla. Le ruote non giravano». Alessandro Andreoli nega alla
disperata. Lui è il 53enne bresciano di Rovato trovato sabato a
Bedizzole, al termine di una gara del Csi (Centro sportivo italiano),
con la bici truccata. I giudici si erano presentati per l’occasione con
le telecamere termiche. «Nel controllo abbiamo visto che nel tubo
piantone della bici di un corridore sembrava ci fosse il fuoco», ha
spiegato Emiliano Scalfi, vice presidente e direttore tecnico del Csi
provinciale.
Poi Ghisalberti chiede ad Andreoli, dove abbia
comprato la bici, e il cicloamatore rilascia una risposta vaga. «Da un
privato conosciuto al mare a Forte dei Marmi. Non mi ricordo il suo nome
e nemmeno il suo telefono. Ci siamo trovati per strada, la bici mi
piaceva, mi ha fatto un prezzaccio e l’ho presa». Poi sul fatto che
nonostante sia arrivato terzo e lo abbiano cancellato dall'ordine di
arrivo, replica con un fantastico «Boh, non lo so. Forse perché
dicono che avevo il motorino. Allora anche quelli che arrivano con me
hanno il motorino. Ne vedo tanti che sono davanti e non fanno fatica».
E,
incalzato sempre dal Ghisalberti, il quale gli fa notare che i giudici
gli avevano consigliato di recarsi in un centro di loro fiducia che si
trova in zona per smontare la bici, ma il suddetto ha preferito
ammettere la colpa, lui si giustifica così: «Dovevo andare a un
matrimonio, facevo tardi. Ma non ho ammesso. Loro hanno cercato i
pulsanti ma non hanno trovato nulla. Neppure sul manubrio. Non ho
pulsanti, escluso quelli del cambio».
Nega, nega tutto, con
grande naturalezza, senza fatica apparente, esattamente come sulla sua
bicicletta, negli ultimi mesi. prima non la muoveva, poi come d'incanto
ha trovato il colpo di pedale giusto. «Prima avevo mal di schiena. sono
guarito e mi alleno bene». Chiaro, se ci si allena bene...
Ma
Ghisalberti raccoglie la rabbia e la tristezza del presidente del Costa
Volpino, Alfio Bettoni, 48 anni. «Ho un negozio di bici aperto da mio
padre Elia nel 1974. Non vendiamo le Argon18, ma altri marchi. Siamo
sempre stati onesti e leali, commercianti e sportivi corretti. Nella mia
squadra ci sono 198 tesserati, dai sei anni in su. Prima Andreoli era
un buon cliente, da quando ha preso quella bici qualche mese fa non s’è
più fatto vedere. Questa mattina (ieri, ndr) appena sono uscito in bici
hanno cominciato a telefonarmi. Ho chiamato Andreoli e ha negato tutto.
Mi sono fermato al bar del paese e mi additavano come un mascalzone.
Sono andato a casa per non litigare, ma io ho la coscienza a posto. Poi
lui mi ha ritelefonato e mi ha chiesto se ero preoccupato. Io, capisci?
Poi mi ha detto: “Non è successo niente che ti riguardi. E’ solo colpa
mia”. Mi ha fatto passare pure per deficiente. Domani (oggi, ndr) il mio
avvocato torna dalle vacanze e volo da lui».