Al Giro d’Italia le sale-stampa – primi anni Duemila – erano scuole elementari e medie, municipi e misericordie, palazzetti dello sport evacuati dalle abituali attività e trasformati in accampamenti per giornalisti e bivacchi per fotografi, attrezzati con stampanti e fotocopie, telefoni e fax, tv e wifi, prese multiple e ciabatte chilometriche. Angelo Morlin, responsabile dell’elettricità, comandava le operazioni come se fosse Vulcano, il dio del fuoco: per esaltarne le qualità magiche e olimpiche, lo chiamavamo Mago Morlin. Tutti gli altri, direttamente o no, erano alle sue dipendenze. Era come una grande nave che approdava la mattina e fino a sera era attraccata al porto del quartiertappa. Di solito noi della “Gazzetta dello Sport” eravamo gli ultimi a lasciare la nave e tornare sulle nostre scialuppe, mentre Beppe Conti, che finiva il suo lavoro ben prima di noi, ci salutava e ci ricordava, ironicamente, che lavoravamo per un quotidiano, non per un semestrale. Insomma, una crociera lunga tre fantastiche settimane, un viaggio destinato a cambiarci la vita. Da un Giro d’Italia nessuno mai è tornato com’era prima. Ma diverso. E più ricco.
Antonio Albergoni era il principe dei fax. Bergamasco di Almè con Villa, accento brembano e solidità orobica, Antonio era uno di quei nostri angeli custodi presenti, efficienti, scattanti, pronti a soddisfare, oltre a recapitarci fax e comunicati, anche richieste speciali come una tazzina di caffè o una bottiglietta di acqua, addirittura un tagliere con formaggi a chilometro zero o un piattino con una fetta di torta locale, allungati sempre con un sorriso complice. Come se quel piccolo aiuto potesse essere decisivo nel trovare l’intuizione geniale, l’aggettivo giusto, il verbo adatto, o almeno capace di creare un’atmosfera di familiarità, un senso di affetto, uno spirito di squadra. Lui ci riusciva sempre. Impossibile non volergli bene.
Quinta elementare, poi maestro del lavoro, la sua specialità era quella di conduttore di caldaie a vapore, con tanto di stella al merito presidenziale anche se ricevuta alla Regione Lombardia, perfino quattro anni come vicesindaco. Antonio è nato con il ciclismo nel sangue: prima l’ardore per Gino Bartali, poi la passione per Felice Gimondi, accesa ancora di più per questioni di terra e dialetto, e sempre il piacere delle “girate” in bici con gli amici. Noi della “Gazzetta dello Sport” sembravamo la sua seconda famiglia. Non eravamo stati noi ad adottare lui, ma lui ad adottare noi. La devozione per Candido Cannavò, la prudenza per Angelo Zomegnan, la confidenza con me e Claudio Gregori, le battutacce con Claudio Ghisalberti, il rispetto per tutti gli altri.
Oggi, 6 novembre, Antonio Albergoni compie la bellezza di novant’anni. E i fax non esistono più.