Parola, in una parola, l’ultima parola. La parola alla difesa, la parola d’ordine, la parola di Dio. La parola è “l’ombra dell’azione” (Democrito), è “un’ala del silenzio” (Pablo Neruda), è “la luce dell’umanità” (Giovan Battista Nicolini). Le parole sono “pietre” (Carlo Levi), sono “tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste” (Raymond Carver). E le belle parole sono “migliori dei brutti colpi” (William Shakespeare). Basta la parola, basta una parola. La parola “parola”.
Francesca Mussi – milanese, laureanda a Brera - è partita da lì: da una parola, dalla parola “parola”. Ha fotografato centinaia di persone, soltanto la loro bocca, mentre scandivano, sillabavano, pronunciavano la parola “parola”. Tant’è: labbra al pronti e labbra al via, labbra che si aprono e labbra che si chiudono, labbra che prendono la rincorsa e labbra che giungono al traguardo. Poi ha stampato le foto, formato A4, e le ha distribuite, sul pavimento, e ne ha fatto un tappeto, un mosaico, un quadro, un album, un parolaio. Un’installazione artistica. Aperta, almeno fino al 9 marzo, nello spazio del circolo Gagarin, in via Galvani 2 bis, Busto Arsizio. Obiettivo: invitare la gente a camminarci sopra, senza scarpe, ed esplorare la stanza, e poi vedere l’effetto che fa. Alla gente, a lei, alle foto, alle bocche, a tutte le parole “parola” dette, pensate, cantate, recitate, immaginate, calpestate. “Lo spettatore – spiega Francesca Mussi – sarà coinvolto letteralmente in un gioco di parole”. Il titolo, bellissimo: “Non sono brava a parole”.
E la bicicletta? E il ciclismo? Immaginate: invece di passanti, ecco ciclisti e cicloturisti, cicloviaggiatori e ciclosognatori. Invece di “parola”, ecco “bicicletta”. E poi giocarci, pedalando sulle somiglianze, sull’espressione, sulla smorfia, sui denti, sulla lingua. Perché si pedala, e tanto, anche a parole: parole che sfrecciano in volata e che arrancano in salita, parole che fanno l’inseguimento e parole che vanno in fuga, parole in tandem o in gruppetto. Fino all’ultima parola. Che potrebbe essere “nera”: come la maglia dell’ultimo in classifica.
“Mi sono immaginata – dice Francesca Mussi - di trovarmi in una stanza piena di persone che parlano, in un party in cui ognuno parla con qualcun altro, e tutti assieme creano quel brusio generale, un solo rumore fatto di argomenti che assieme non lasciano distinguere alcun significato. Allora mi immagino di poter annullare quel suono, e trasformarlo in immagine”. Come quando si pedala in gruppo: le bici che sibilano, le catene che ronzano, le parole che scivolano, i pensieri che volano.
Marco Pastonesi