Per esempio, gruppetto: per indicare quei corridori – veloci e velocisti in pianura, ma lenti e ritardatari in salita – che nei tapponi di montagna si staccano e vanno su e avanti con il proprio passo puntando a chiudere entro il tempo massimo.
Gruppetto: in italiano, ma anche in francese e in inglese, in tedesco e in norvegese, in kinyarwanda e in swahili. Perché l’italiano era la lingua del ciclismo, nel suo gergo anche nobile: gregario, volata, scatto, crono, granfondo… Non solo era la lingua del ciclismo, sillabando sostantivi e coniugando verbi, ma ne era anche il governo, dettando calendario, corse, strade, e proponendo squadre, corridori, dirigenti. Poi le cose sono cambiate, la crisi economica, la globalizzazione, il terzo millennio, la grande corruzione, fino a trovare nuovi equilibri, o squilibri, con pericolosi equilibrismi.
Ma il fascino del ciclismo italiano - per le bici, per le sue industrie e i suoi artigiani, per la storia e la geografia rotonde come le pedalate perfette, e anche per la sua lingua – rimane. C’è chi diventa matto per una vecchia Dei o l’ultima Colnago, chi farebbe carte false per una maglia di lana Vittore Gianni o una tecnologica Castelli, chi si iscrive con un anno di anticipo all’Eroica o alla Maratona dles Dolomites o alla Nove Colli. E c’è chi – un’azienda statunitense specializzata in turismo a due ruote umane – ha preferito battezzarsi “InGamba” anziché “very capable”.
Ma a minacciare questo patrimonio, genetico e geniale, è la stessa Italia del ciclismo, che invece dell’italiano preferisce l’inglese, come se bastasse snaturarsi per risorgere (e non il contrario: valorizzando la propria natura). “Team” invece che squadra, “roster” invece di formazione, “location” invece di luogo, posto, sito, “training camp” invece di collegiale, ritiro, allenamento, “Roma Maxima” invece di Giro del Lazio… L’ultimo tradimento, e impoverimento, ciclolinguistico è la Coppa Italia, trasformata in Ciclismo Cup, metà in italiano e metà in inglese, segno di un avventuroso quanto doloroso compromesso.
Ma così va la vita, o meglio, così va the life.
P.S. Solo in questo preciso istante mi ricordo che sto scrivendo per le News di tuttobiciweb: e qui casca l’asino, the donkey.
Marco Pastonesi