Perché un albero è una casa, una famiglia, una comunità. Perché riconosce l’acqua, purifica l’aria, benedice la terra. Perché il suo silenzio ha mille racconti. Perché offre frescura d’estate e calore d’inverno. Perché riunisce in sé tre generazioni: le radici, il fusto, i rami. Perché è una poesia scritta nel cielo. E perché è vita.
Dopo quelli nel Giardino dei giusti a Gerusalemme, Firenze e Padova, un altro albero per Gino Bartali nel giorno dedicato alla memoria. Un ulivo, il simbolo della pace, a Verano Brianza. Sarà piantato venerdì 27, alle 22.30, a cura della Biblioteca comunale, dopo una cerimonia con gli amministratori locali. Semplice, genuina, cicloletteraria.
L’idea dell’ulivo è nata da una serata dedicata nella Biblioteca di Verano Brianza ai libri su Gino Bartali, sui suoi miracoli stradali, quelli in gara e quelli in guerra, quando Ginettaccio trasportava, nascosti nei tubi del telaio, documenti falsi per dare una nuova identità agli ebrei perseguitati dalle SS e salvarli dalla deportazione. Ottocento, forse mille, chissà. Anche perché il campione non voleva far sapere di questa sua missione a pedali: “Il bene si fa – ripeteva – ma non si dice”.
Nel ciclismo gli alberi sono molto più che spettatori. Per esempio: la Foresta di Arenberg, il Santuario della Madonna del Bosco, la Marathon Bosco di Bitonto. Per esempio: i cipressi di Bolgheri al Costa degli Etruschi, i pini dei capi alla Milano-Sanremo, gli abeti sul Sellaronda. Per esempio: il Giro di Lombardia, la classica delle foglie morte. Per esempio: tutte le gare di ciclocross e mountain bike fra radici e rami, fra chiome e fiori. Per esempio: il gruppo sportivo Forestale (anche se non c’è più).
Ma un ulivo, questo ulivo, è ancora di più. E’ un simbolo, una bandiera, un inno. E’ una storia, una leggenda, un elogio. E’ una lezione, una fede, una missione. E’ un libro, una strada, una bici. Ed è un uomo: Gino Bartali.
Marco Pastonesi