Una bicicletta per due non fa due biciclette, ma due metà. Una bicicletta doppia, una bicicletta raddoppiata, una bibicicletta. Insomma: un tandem, ma orizzontale.
Ciclismo, una infatuazione irresistibile, una passione incalcolabile, un amore incontrollabile. Per dire: un anno prima Pietro Radaelli era partito in bici da casa, Verano Brianza, una trentina di chilometri a nord di Milano, aveva pedalato fino al Passo del Turchino per veder passare i corridori impegnati nella Milano-Sanremo, si era esaltato alla visione di Fausto Coppi, era tornato a casa, e solo a quel punto aveva saputo che a vincere era stato proprio il Campionissimo. Per dire: centottanta chilometri ad andare, centottanta a tornare, totale trecentosessanta, settanta più dei corridori. Per dire: partenza al buio, prima dell’alba, e arrivo al buio, dopo il tramonto.
Al Radaelli l’idea del tandem orizzontale frullava nella testa almeno come l’energia nelle gambe. Finché si decise: disegnò il progetto, si chiuse in officina e ne uscì con quel prototipo sorprendente, imprevisto, bizzarro. Al suo folgorante apparire, tutti – tranne lui - temettero di vederci doppio, o di avere le traveggole, o di assistere a uno scherzo della natura. Invece era il futuro che avanzava, la scienza che si aggiornava, la tecnologia che prolificava. Ma non era la giornata giusta: il mercoledì 4 maggio 1949 sarebbe stato ricordato non per l’invenzione del tandem orizzontale, ma per la tragedia del Grande Torino schiantatosi con un trimotore Fiat 202 sulla Basilica di Superga. E poco tempo dopo, prestato con ingenua leggerezza, il tandem orizzontale si dileguò, rubato.
Pietro Radaelli aveva vent’anni, e il destino gli aveva riservato una traiettoria non a due ruote, ma a quattro: ereditata la licenza di autista dal padre, prima continuò l’attività di autonoleggio, poi si allargò e si allungò acquistando il primo pullman, e ancora oggi l’azienda familiare prosegue le sue corse con il figlio Mario e il nipote Pietro.
Quel tandem orizzontale – parola del Radaelli – funzionava che era un piacere. E non era obbligatorio avere la stessa taglia, peso e altezza: al massimo, il tandem viaggiava un po’ obliquo.
L’altra sera il Radaelli, la bellezza di ottantasette anni, era alla Biblioteca di Verano Brianza, e come se la godeva ad ascoltare le avventure degli angeli di Coppi e le imprese dei diavoli di Bartali. Fra un Cinelli e un Pinarello, se la buona sorte non lo avesse tradito, un posticino se lo sarebbe conquistato anche lui.
Marco Pastonesi