“La bici è metafora di vita / in discesa, pianura o salita / è questione di cambio di rapporti / e risultati da come ti comporti”.
Alessandro Ricci viene da Pescara, ma c’è qualcosa di lui che arriva da molto più lontano, forse una nuvola, forse un pianeta, forse una fiaba.
“Intermittenti e catarifrangenti / mi lampeggiano persino i denti / le luci sul casco e sul cerchione / eppure mica frena quel coglione”.
Giornalista, pubblicitario, creativo, quant’altro. Che cosa si fa per campare. Ma c’è il miracolo della bici, e c’è l’arte della rima, e il risultato è una quartina, e Ricci pedala così.
“Apro le braccia e prendo il volo / mille miglia lontano dal suolo / la pedalata è a tutto tondo / rimbomba il cuore giù nel profondo”.
Anno di nascita, non di Ricci, ma delle borracce di poesia: 2007. Una borraccia e, dentro, una poesia. Per informazioni: Internet, Facebook e Twitter.
“A frotte, in coppia o solitarie / d’estate colorano il paesaggio / verso rotte montane o arenarie / sulla sella altra cosa è il viaggio”.
Ricci e le sue ciclopoesie viaggiano: a sorsi, a canna, a garganella. Dal Ciclomundi di Siena al Cycling Festival Europe in Olanda, dal Velocity a Vienna al Cosmobikeshow di Verona fino all’Eroica a Gaiole in Chianti.
“Bici abbandonate alla stazione / non le guarda più neanche il facchino / senza ruota freno carter padrone / campanello catena né sellino”.
Adesso sembra fare sul serio, Ricci: cilindro e barba, borracce e magliette, perfino rastrelliere, letture e performance, stand e appuntamenti. In fondo, aveva due passioni: bicicletta e poesie. Ce l’ha fatta.
“In salita passo lesto il vecchietto / e dal dosso si scopre la luna / lo vedo sbuffare dallo specchietto / aspetto e ci diciamo buona fortuna”.
Marco Pastonesi