Giro d’Italia 2016, ottava tappa, la Foligno-Arezzo. Sul “Garibaldi”, la guida ufficiale della Corsa Rosa, intorno al trentesimo chilometro, fra Assisi e Perugia, era previsto il passaggio dei corridori per il fondovalle. Ma c’erano problemi di viabilità: invece di attivarsi per la riabilitazione del tratto, le autorità locali hanno ammesso e dichiarato la propria impotenza. E così carovana e gruppo hanno deviato per Ripa. Obiettivo centrato. Gratis, perdipiù.
Ripa, perché una volta stava sulla riva di un lago ora prosciugato: ottocento abitanti, un castello gentilizio, una vista che spazia da Perugia a Montefalco e ad Assisi, e un cuore rotondo, lenticolare, ciclistico. Qui, fuori dalle mura, ci sono la via Fausto Coppi (e sull’insegna stradale un vecchio tifoso coppiano ha issato una bandiera tricolore), la via Gino Bartali, la via Costante Girardengo. Qui, dentro le mura, sul palazzo municipale, ci sono le targhe dedicate a Ginettaccio (“al campione Gino Bartali con il cuore di un eroe”) e all’Airone (“al Campionissimo Fausto Coppi il più grande corridore di tutti i tempi”). Qui si ricordano altri passaggi del Giro d’Italia, della Tirreno-Adriatico e del Giro dell’Umbria. Qui ogni giorno pedalano cicloamatori e cicloturisti in cerca di strade verdi e silenziose.
Qui, soprattutto, si allargano speranze, si stringono alleanze e si progettano eventi senza confidare in circostanze fortuite. Carlo Roscini, presidente del comitato umbro della Federazione ciclistica italiana, è ripaiolo di nascita e perugino di adozione. Poi la Pro Loco, la Biblioteca, le scuole (materne e medie a Ripa, elementari nella vicinissima Pianello), gli amici. Alfredo Martini era uno di quelli che, a un invito da Ripa, non diceva mai di no. Organizzare corse è impossibile, ma ospitare ciclovie, indicare cicloalberghi, suggerire ciclo trattorie, si potrebbe fare.
Ripa era terra di guerrieri (Braccio da Montone) e briganti (Cinicchia e Ortica). Adesso potrebbe vivere come terra di passisti e scalatori.
Marco Pastonesi