E’ nato durante il Giro d’Italia. Era quello del 1940: l’ultimo sospiro di sport, e di vita, prima della Seconda guerra mondiale. Il 25 maggio 1940, un sabato, il Giro pedalava la sua ottava tappa da Fiuggi a Terni, 183 km, primo all’arrivo Olimpio Bizzi, primo in classifica Enrico Mollo. Lui nasceva, più o meno, a quattromila chilometri di distanza in linea d’aria, mediterranea e poi africana: Asmara, Eritrea, a quel tempo colonia italiana. Nonostante la diversa latitudine, qualcosa del Giro d’Italia lo respirò, lo immaginò, lo ereditò. Qualcosa di meccanico e ciclistico. Qualcosa di rotondo. E gli è rimasto addosso, evidente come una cicatrice, e dentro, inestinguibile come un destino.
Giovanni Mazzola, il terzo dei sette figli - sei maschi e una femmina: prima di lui Alberto e Enzo, dopo di lui Paolo, Sandro, Lidia e Franco - di papà Salvatore, siciliano di Palermo, e di mamma Demekesh Gebremeskel, eritrea di Asmara. Il papà Salvatore era un ingegnere, anzi, ingegnere capo. E aveva una gran bella testa, da inventore più che da scienziato: inventò un velivolo, inventò la chiusura a comandi pneumatico delle vetture del treno, inventò un giunto silenzioso nelle rotaie, inventò un dispositivo per il ricamo a macchina, inventò anche un proiettore cinematografico con lo scorrimento continuo della pellicola. Ma l’ingegnere capo Salvatore non era un gran papà: un giorno se ne tornò in Italia e sparì. Per questo Giovanni, a dieci anni, era già un ometto: prima garzone, poi apprendista nella sartoria di un italiano ad Asmara. Andava e tornava in bici: ed è così che, pedalando, gli esplose la passione per il ciclismo. Erano gli anni di Bartali e Coppi, del Giro d’Italia e del Giro di Francia, delle Alpi e dei Pirenei. L’eco di quel ciclismo giungeva fino a là, e fino a lui.
La prima bici da corsa a sedici anni, nel 1956. Fatta ad Asmara da un artigiano italiano. Grigia. Con il cambio Simplex. E con tecniche avanzate. Mazzola confessa di averla venduta, poi dice che, a pensarci, si mangerebbe le mani. Però la prima corsa, un circuito, ad Asmara, per esordienti, la disputò sulla bici prestatagli da un amico: secondo. La seconda corsa fu più fortunata: volata e vittoria. La terza corsa fu quella della promozione: siccome si vedeva che andava più di tutti gli altri, lo volevano far passare di categoria, invece lui tenne duro e conquistò il campionato nazionale esordienti. E con quel titolo in tasca e nel cuore, abbandonò definitivamente il calcio. Giocava attaccante, forte anche di quel cognome, Mazzola. Ma Giovanni non avrebbe rimpianto il pallone, e non avrebbe inseguito il divino Valentino Mazzola. Meglio le volate - diceva, convinto - dei gol. Fulmineo come una freccia.
Oggi scatta la prima tappa del Giro di Eritrea. Cinque giorni, cinque tappe. Niente di meglio che celebrarlo con lui, Mazzola: campione eritreo degli esordienti nel 1957, campione eritreo degli allievi nel 1958, campione eritreo dei dilettanti nel 1959. Questa merita di essere raccontata: una trentina di corridori al pronti-via, Mazzola li stacca tutti, non corse come Coppi né come Bartali ma come tutti e due messi insieme, e rifilò la bellezza di sedici minuti al secondo. Che fu un trionfo, è dire poco.
(fine della prima puntata – continua)
Marco Pastonesi