Non si era mai visto un commissario tecnico del ciclismo saltare da una tappa su strada a una gara su pista, da un campionato di ciclocross a un appuntamento di mountain bike, da una granfondo amatoriale a una classica del nord, da una seigiorni a un flash-mob, da un circuito a scatto fisso a un’esibizione di fat-bike, da una ricognizione preolimpica a una celebrazione postmondiale, da una festa popolare a una cena paesana.
Non si era mai visto un commissario tecnico del ciclismo passare dall’ammiraglia in corsa ai raid fuori strada, dai programmi radiofonici alle cronache televisive, dai teatri dell’opera ai circoli dell’Arci, dalle società sportive ai bar ciclistici, dalle scuole di ciclismo alle accademie di management.
Non si era mai visto un commissario tecnico del ciclismo scrivere libri, compilare almanacchi, firmare prefazioni, collaborare a sceneggiature, leggere orazioni funebri, intervenire a dibattiti, salotti, convegni, incontri, presentazioni, fiere, ragionare di alimentazione e di informatica, di tecnologia e di marketing.
Non si era mai visto un commissario tecnico del ciclismo ascoltare campioni ma anche tapascioni, consigliare velocisti ma anche tiratardi, spiegare a gregari ma anche a impiegati, confrontarsi con scalatori ma anche con pensionati, misurarsi con i ciclisti urbani e con quelli estremi.
Non si era mai visto un commissario tecnico del ciclismo che andasse a pedalare con presidenti del Consiglio dei ministri, cantanti rock, attori tv, piloti delle Frecce Tricolori, commissari tecnici di altre squadre nazionali azzurre, esordienti e vecchie glorie.
Non si era mai visto un commissario tecnico del ciclismo dare del tu a industriali, lui cavaliere sulla sella di una bicicletta, gli altri cavalieri del lavoro in sella ad aziende leader del made in Italy.
Non si era mai visto un commissario tecnico del ciclismo sempre pronto a pedalare, anche sul Mortirolo o sullo Zoncolan, e a correre, anche la Maratona di New York o quella di Roma, e ad accettare nuove sfide per nuove conoscenze, soprattutto la conoscenza di se stesso, impresa che - a occhio - non dev’essere mai facile.
Perché Davide Cassani - è lui il commissario tecnico del ciclismo - è uno che fa della curiosità il proprio spirito, che fa della novità la propria energia, che fa della fatica la propria filosofia. Da uomo di strada - professionista dal 1982 al 1996, azzurro dal 1985 al 1995 - sa stare fra la gente, dare del tu, rispettare le opinioni contrarie fino a scegliere quello che di buono c’è anche in una provocazione o in un proverbio. E diventando così non solo lo stratega di Vincenzo Nibali o Fabio Aru, ma anche l’interlocutore di Critical Mass o il rappresentante del ciclomane e del ciclopico, del cicloamatore e del cicloturista.
Insomma, non si era mai visto un commissario tecnico del ciclismo che o dormisse così poco o che disponesse di giornate più lunghe di tutti gli altri.
Marco Pastonesi