La mamma tifava per Zarah Leander, una cantante e attrice svedese. Le zie per Ronald Colman, un attore britannico. Lui e lo zio per l’Unione sportiva belgradese, la BSK, squadra di calcio in pantaloncini blu. “Eravamo abbastanza divisi in merito ad alcune questioni di sport e di vita, cosa che a volte si notava. I vicini chiedevano: ‘C’è qualcuno da voi che si prende a botte?’”.
E’ il fantastico mondo di Bora Cosic, che nel “Libro dei mestieri” (Zandonai, 140 pagine, 14 euro) racconta di quando era piccolo, durante la Seconda guerra mondiale, e immaginava, sognava, confondeva, mischiava, s’impossessava e s’impadroniva di storie, anche storie di sport, rigenerandole. Come: “Un giorno lo zio raccontò il destino di Benito Mussolini, campione italiano di motociclismo e in seguito anche di volo su biplano”. Come: “Il papà disse: ‘Max Schmeling colpì con il suo guantuone da boxe un nero nel cuore dell’America e lo ammazzò su due piedi!’. Il nonno chiese: ‘E perché non lo arrestano?’”. Come: “La mamma disse: ‘Per quanto mi riguarda, io tengo per Sonja Henie, caduta, poverina, mentre eseguiva una bellissima figura sul ghiaccio, malgrado il suo vestito da principessa!’”.
Il bambino era affascinato dalle biciclette. Così: “A me piaceva anche Janez Peternel, che fece il giro dell’intera Jugoslavia in bicicletta senza mai mangiare né dormire”. Così: “Inoltre, mi piaceva guardare le gare di lentezza in bicicletta, con l’asso Dusan Davidovic, il mio preferito, che una volta riuscì a rimanere in sella incredibilmente a lungo percorrendo solo sette centimetri”.
Anni di guerra, dunque di miseria. Ecco: “Molte bombe caddero sul campo della BSK, le partite furono sospese a causa dei buchi. Malgrado ciò, nelle case il tifo della nostra gente proseguì, pressoché incessante”. Ecco: “Alcuni mesi più tardi, nel nostro cortile, i soldati tedeschi giocavano a calcio con una testa umana, strappata al resto del corpo da un’inattesa granata”. Ecco: “Qualche giorno dopo, un sergente russo, giovanissimo, fu portato in trionfo come vincitore della partita che prendeva il nome di ‘Liberazione di Belgrado’”.
Il ritorno alla normalità fu lungo e difficile. La mamma, per esorcizzare le malattie, si vantava: “Tutte le volte che starnutisco, mi sento vent’anni più giovane!”. Lo zio, per affrontare i tubercolotici, si commuoveva: “Sarebbe meglio per loro se andassero in bicicletta, facessero ginnastica e corressero dietro alle donne!”. Bicicletta, ginnastica e donne: il bello della vita.
Marco Pastonesi