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LE STORIE DEL FIGIO. L'Angelo Gaudenzi
dalla Redazione | 06/03/2016 | 08:27

Alzi la mano chi, nell’ambiente delle corse di ciclismo, soprattutto al nord dell’Italia, non conosce Angelo Gaudenzi. Poche sarebbero quelle levate perché il nostro è una presenza, assidua, costante, itinerante, quasi con il dono dell’ubiquità, su tutti i campi di gara delle due ruote, strada, fuoristrada, pista, presentazioni, premiazioni e via discorrendo.

E’ sempre distinto da un look, definibile come minimalista, riassumibile e rappresentabile così: camicia scozzese a grandi riquadri e tinte forti, pantaloni rigorosamente jeans, smanicato, giubbino o giubbotto a secondo della stagione, casco a scodella rovesciata calzato un po’ sulle ventitré da motociclista d’antan (qualche suo amico definisce il casco un residuato bellico), barba fluente, biblica, ora inevitabilmente bianca, capelli lunghi. Complessione fisica definibile come robusta.

Un po’ senza età, diciamo sulla sessantina, forse qualcuno più, ma sempre in sella, letteralmente, incurante di qualche acciacco, della temperatura, degli agenti atmosferici, brandendo e brandeggiando la sua telecamera per documentare con esperienza e capacità i momenti “clou” di una gara con il medesimo impegno profuso sia per le categorie più giovani, sia per quelle più elevate. Immagini che gira, monta e commenta sapendo proporre con sapienti scelte i temi e i momenti salienti dell’evento sportivo e pure del suo contorno. Dimenticavamo: la capacità d’intervistare con il microfono in una mano e nell’altra la telecamera per le immagini, in contemporanea, con naturalezza. E il fatto suscita sempre una curiosità stupita da parte dei pochi che non lo conoscono. Con la sua agenzia Photospeed e con “Sportissimo” è uno dei principali e apprezzati fornitori di corse “chiavi in mano” per la messa in onda da parte di varie reti televisive, a livello nazionale e nei bacini d’utenza specifici.

E’, in un certo senso, figlio d’arte poiché, ancora con i pantaloni corti (i jeans sarebbero stati indossati molto dopo…) seguiva il papà Giuseppe Domenico, apprezzato fotografo, sul sellino posteriore della motocicletta alle corse, soprattutto nella zona dell’Alto Milanese, iniziando, praticamente subito, a scattare con la macchina fotografica anche in proprio. E non solo fotografare ma anche lavorare nella camera oscura per lo sviluppo e, fasi successive, la gestione e l’archiviazione. Una sua temuta, da parte dei committenti, specialità di sempre è quella di gestire i tempi di consegna dei suoi lavori, diciamo “all’ultimo respiro” e qualche volta pure oltre…. E’ il periodo in cui ha conosciuto e poi sempre frequentato, costituendo pure un sodalizio d’amicizia e di stretta collaborazione anche per la gestione dei molti photofinish soprattutto nelle numerosissime corse delle domeniche d’allora, Gianfranco Soncini e Roberto Bettini, citati in stretto ordine anagrafico decrescente. Tutti e tre milanesi (Soncini un po’ d’adozione, in verità, essendo bresciano di Coccaglio), gravitanti nella zona di Milano attorno al Vigorelli e al vecchio Palasport di piazza VI Febbraio, formavano una sorta di società di servizi, un “consorzio” di fatto,  sui generis, al quale facevano ricorso gli organizzatori. Già allora, come ora del resto, la competizione – soprattutto dialettica, a forza di battute e rivendicazioni di priorità nel settore – fra Soncini e Gaudenzi era ed è, diciamo così, spiccata e con punte pure polemiche, talvolta con risvolti comici e anche surreali. Nell’accendere il fuoco e sollecitare la dialettica fra i due uno specialista era il compianto amico Marzio Gazzetta. Finora però, aldilà del rivendicato e sempre praticato “diritto di mugugno” come i portuali di Genova, tutto rientra presto nell’alveo dell’amicizia con Roberto Bettini, il più giovane ma carismatico e riflessivo nei confronti dei due “galletti”, punto d’equilibrio e ascoltato paciere a tempo pieno.

Angelo Gaudenzi alterna macchina fotografica e telecamera, secondo esigenze ma è oramai la seconda a prevalere. E’ stato pure un precursore dei viaggi organizzati per cicloturisti, già una trentina e più d’anni fa, con un gran numero di pedalatori che ricercavano la sua competente capacità organizzativa nei numerosi e affollati “tour” all’estero.

E’ stato pure – e lo è sempre – sensibile ai temi sociali con l’organizzazione della “Challenge Alto Milanese-No alla droga” una classica del ciclismo giovanile allievi che poneva il traguardo finale sul viale antistante la splendida Certosa di Garegnano, nel territorio comunale di Milano, ultima gara con traguardo nell’ambito del capoluogo meneghino ad eccezione del Giro d’Italia. Un impegno nel sociale che continua, in varie forme, senza rivendicazioni di merito, sottotraccia.

E' sempre pronto, comunque, a saltare sul sellino posteriore di una moto, per filmare, documentare e vivere dal di dentro una corsa e, magari, polemizzare con l’amico-nemico (senza contraddizioni in termini), Gianfranco Soncini che rivendica sempre i suoi quarti di nobiltà ciclistica avendo gareggiato (e pure vinto qualche volta), molti e molti anni fa, sia su strada, sia su pista, come riportano – oramai ingialliti - gli annuari.

Giuseppe Figini

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