Campionati africani. Venerdì scorso la prova più prestigiosa, quella dei professionisti su strada, a Benslimane, a nord di Casablanca, in Marocco. Trionfo eritreo: cinque nei primi sette, la vittoria a Tesfom Okubamariam, che oggi compie 25 anni, davanti all’algerino Youcef Reguigui e all’altro eritreo Mekseb Debesay. Nei 171 km, volati a oltre 41,5 di media, fra i 90 iscritti (60 arrivati, 20 ritirati, 10 fuori tempo massimo), nessun tanzaniano.
E’ un mistero. Da mesi non si sa più nulla del presidente né del segretario generale della federazione, la Cycling Association of Tanzania (che in kiswahili, la lingua tanzaniana, è conosciuta con l’acronimo Chabata della più musicale versione lunga Chama cha Waendesha Baiskeli cha Tanzania), presente e attiva dal 1967, ma passiva, anzi, assente negli ultimi tempi. Jax Mhagama e John Machemba, rispettivamente presidente e segretario generale, sembrano irreperibili anche nell’ufficio numero 2 del primo piano della palazzina in Morogoro Road di Dar es Salaam. E tace pure il sito federale ufficiale. L’ultimo aggiornamento risale al dicembre 2014. Sotto la voce “news”, cioè notizie e anche novità, appare il laconico e fiducioso messaggio “coming soon”, presto in arrivo. Ma il concetto del tempo, in Africa, è molto più vago e approssimativo che altrove.
Eppure la Tanzania vanta un corridore professionista, Richard Laizer, 26 anni, nato ai piedi del Kilimanjaro, ingaggiato nell’ottobre 2015 dalla Bike Aid (ora Stradalli-Bike Aid), formazione tedesca che si propone (il suo motto: “Ride for Help”, pedala per aiutare) di sostenere e lanciare il ciclismo africano. Tant’è che fra i suoi corridori, soprattutto tedeschi semiprofessionisti, ci sono sei africani: oltre a Laizer, anche i ruandesi Jean-Bosco Nsengimana, vincitore del Tour of Rwanda 2015, e Janvier Hadi, e gli eritrei Meron Teshome, Amanuel Mengis e Meron Amanuel. E nel loro calendario non solo le maggiori corse africane (a cominciare dalla Tropicale Amissa Bongo, in Gabon, in cui Laizer è stato costretto all’abbandono per un violento attacco di febbre, poi diagnosticato e curato come malaria all’ospedale di Libreville), ma anche alcune europee.
In Tanzania, e in molti altri paesi africani, il ciclismo procede solo grazie alla buona volontà e al volontariato. L’Arusha Cycling Club, dove è cresciuto Laizer, è uno di questi piccoli focolai di passione: tra mountain bike e strada, tra ragazzi e ragazze, tra semplicità e umiltà, tra sacrifici e donazioni. E che sopravviverà anche alla scomparsa del presidente e del segretario generale della federazione tanzaniana.
Le prossime elezioni si terranno alla fine del 2016. E si spera che stavolta siano premiati dirigenti più motivati e trasparenti.
Marco Pastonesi