Una bicicletta Touring: verde, pieghevole, da bambino, tipo Graziella, anni Sessanta-Settanta. Sta in cantina. Rotta. Francesca la mostra a Mirco, e Mirco la ripara: era soltanto caduta la catena. Poi non resistono alla tentazione: salgono sulla bici, Mirco davanti, Francesca dietro, e vanno in città, vanno al cinema, vanno all’altoforno. Si avventurano, esplorano, scoprono. Corrono, rischiano, cadono. Al ritorno, saranno puniti: avevano il divieto di uscire, Mirco – 10 anni, ipovedente - dal collegio, Francesca – la figlia della portinaia - da casa.
“Rosso come il cielo” è un film girato nel 2005, presentato nel 2006, uscito nel 2007, e adesso libero su Internet. Italiano, diretto da Cristiano Bortone, interpretato anche da un bel gruppo di ragazzini vedenti e non vedenti, racconta la storia – vera – di Mirco Mencacci, dell’incidente che lo priva della vista, e di come cerchi di compensare questa perdita sviluppando gli altri sensi e liberando la fantasia. Mirco ce la farà grazie a un registratore a bobine. Tanto da diventare, nella vita reale, un montatore del suono.
E c’è poesia. I colori come sono?, chiede Felice, un ragazzino non vedente fin dalla nascita. “Belli”, risponde Mirco. Il tuo preferito?, insiste Felice. “Il blu”, spiega Mirco, “è come quando vai in bicicletta e il vento ti spiaccica in faccia. Oppure come il mare”. E continua: “Il marrone è come la corteccia di questo albero, senti che è ruvida?”. E il rosso?, domanda Felice. “Il rosso è come il fuoco, come il cielo al tramonto”.
Dolce eppure drammatico, commovente eppure duro, “Rosso come il cielo” è un film illuminante. La situazione (ambientata a Genova nel 1970) è cambiata: oggi c’è più attenzione e sensibilità, ma non abbastanza, e c’è ancora molto da pedalare. Anche lanciandosi, come fanno Mirco e Francesca, in bici, in discesa, alla cieca.
Marco Pastonesi