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LE STORIE DEL FIGIO. Le passioni di Trovati. GALLERY
dalla Redazione | 23/01/2016 | 08:03

E’ un milanese purosangue, anche se nato incidentalmente nella vicina Desio, nel 1934, Graziano Trovati.
Sono due le passioni della sua vita: ciclismo e calcio. Una storia di passioni comuni a molte persone ma per Graziano Trovati c’è più di qualche addendo peculiare, proprio, personale. Passioni intrecciate al lavoro che si riscontrano nello scorrere della sua vita.

Milanese, si diceva, milanese della zona di corso Buenos Ayres e qui abita da sempre, vicino a piazzale Loreto dove, il 13 maggio del 1909, è partita la prima tappa del primo Giro d’Italia. Già da giovanissimo vive le sue passioni e, a tredici anni, inizia a gareggiare in bicicletta senza disdegnare di seguire il calcio. Se la cava discretamente fra l’affollata schiera degli aspiranti corridori e ottiene buoni piazzamenti accompagnati da qualche, invero raro, successo. E’ subito soprannominato “Ferdi Kubler” non per affinità ciclistiche con il campione svizzero ma per l’importante e pronunciata forma del naso che li accomuna con evidenza.

A cavallo fra gli anni 1940/50 erano parecchio diffuse, in Lombardia e soprattutto in vari centri del milanese e dintorni, un genere di competizioni non ufficialmente riconosciute dall’U.V.I. – Unione Velocipedistica Italiana – definite “tramacci” (tramacc in dialetto) caratterizzate da ricchi montepremi, soprattutto in natura, dove ci si poteva iscrivere senza tessere e senza molti controlli sulle generalità – sovente fantasiose - dichiarate. Naturalmente erano molto osteggiate dagli enti ufficiali preposti al ciclismo ma molto frequentate e ambite anche da corridori di buona, anzi – talvolta – ottima, levatura. La fame, quella vera, era un ricordo, brutto ricordo, assai recente e il riso, la pasta, lo zucchero, il salame, il pollo, il maialino, per non parlare del prosciutto, del vino e altro quali premi in palio, erano particolarmente ambiti e ricercati e subito fruibili. Il “pericolo” era di farsi beccare dall’U.V.I. e simili e incorrere in pesanti squalifiche. E in uno di questi controlli incappò Graziano Trovati. Continuò comunque a gareggiare fra i cicloamatori, dove divenne amico dell’ing. Giuseppe Fenaroli, grande appassionato e praticante delle due ruote.

Terminato il periodo di squalifica Trovati non cercò più di tesserarsi con società U.V.I. ma ha continuato a gareggiare come cicloamatore in altri enti di promozione sportiva. Intanto frequentava l’ambiente dell’altra sua passione: il Football Club Internazionale di Milano, l’Inter, per dirla alla spiccia. Dapprima svolge incarichi di tipo volontaristico poi, a mano a mano, con sempre maggiore frequenza, con mansioni definibili quali ufficiali, o quasi. Collabora con il general manager della società del biscione, il famoso Italo Allodi e, in funzione di “factotum”, è vicino alla prima squadra nel periodo aureo di Helenio Herrera. Talvolta, alla Pinetina di Appiano Gentile, il masseur Giancarlo Della Casa della dinastia vera e propria di massaggiatori (il padre Bartolomeo, detto “Tumela”, il figlio Giancarlo e il nipote Massimo, tutti nerazzurri), dava una lisciatina ai muscoli ciclistici di Trovati. E’ ancora legatissimo alla signora Flora Gandolfi, l’ultima moglie del “Mago”, che vive a Venezia. Nel 1970 è assunto ufficialmente dall’Inter, “con i libretti”, come si usava dire allora.

Pur girando il mondo, non si è mai staccato dall’ambiente ciclistico e dai numerosi amici che aveva nel mondo delle due ruote. In occasione delle famose “punzonature”, vuoi alla vecchia sede della Gazzetta dello Sport di via Galilei, vuoi al Castello Sforzesco, era una presenza costante così come a molti appuntamenti ciclistici, assai numerosi un tempo, nella città meneghina. All’Inter era il frequentissimo e benevolo bersaglio di molti giocatori – e pure giornalisti - per le sue previsioni e i suoi pronostici ciclistici che non sempre si avveravano a dispetto della sua invocata e ricordata esperienza per conoscenza tecnica e frequentazione dell’ambiente delle due ruote. In questo si distingueva, con brevi e secche battute, preferibilmente in meneghino, il Sandrino, così Trovati definisce ancora Sandro Mazzola. Ricorda con affetto molti giocatori, anche se, nel cuore, un posto in prima fila lo occupa, con Sandrino, pure Giacinto Facchetti. I due erano anche fra i più disponibili per i numerosi incontri calcio-ciclismo che Trovati alimentava nel vecchio, storico, circolo dell’Inter di via Olmetto o dove capitava. Attirandosi anche qualche imprecazione e maledizione dai calciatori, Trovati era solito prospettare e rivendicare, soprattutto ai più giovani, la differenza dello sforzo e del sacrificio che il ciclismo richiede rispetto al calcio. Ricorda anche l’imbarazzo vissuto quando gli capitò di dovere accompagnare, nella medesima serata, al Circolo di via Olmetto due miti quali Giuseppe Meazza e Alfredo Binda. Ancora oggi non rivela chi, dei due “miti”, accompagnò per primo.

Per la natura del suo lavoro doveva girare Milano per uffici pubblici, prefettura, questura, consolati e simili e sovente era in bicicletta o, in caso di cattivo tempo, in scooter. Le uscite in bici da corsa le praticava soprattutto nei periodi estivi nella zona, anche altimetricamente impegnativa, di Castelnuovo ne’ Monti, sotto la Pietra di Bismantova, nell’Appennino, in provincia di Reggio Emilia.

Va da sé che i corridori di fede calcistica nerazzurra avessero in Trovati una sorta di “pass” d’onore permanente per assistere alle partite della Beneamata in postazioni privilegiate.
Una sua costante è di partecipare sempre al Trofeo Laigueglia anche per l’amicizia di lunga data che lo lega al bergamasco, ora “naturalizzato” ligure, Bruno Zanoni, a lungo il riferimento di quella che era la corsa d’apertura del calendario italiano. E’ uno dei “fedeli” assidui della “parrocchia” di Castellania nel ricordo dei Coppi.

Graziano Trovati, in buona salute, in quest’avvio d’anno, si appresta a vivere un’altra stagione divisa fra ciclismo e calcio con immutato interesse e passione. Più calcio o più ciclismo? Ancora deve decidere... almeno così dice.

Giuseppe Figini

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