Si appassiona per i difensori, come Ivano Blason (“Gli ho stretto la mano, mano grossa, dita grosse”). S’innamora dei fantasisti, come Ezio Vendrame (“Lui lì a San Vito al Tagliamento, macchina vecchia di dieci anni o più, appartamento da qualche parte, giusto una branda e poco pochissimo di più, tutto il resto l’ha dato via”). Si specchia nei tuttofare, come Felice Centofanti (“Dice d’essere uno che vive ancora di emozioni, che ha fatto una vita contro le tante regole non scritte di questo calcio”).
Pino Lazzaro vive di sport, prima giocato (calcio), poi scritto (“Nella fossa dei leoni”, Ediciclo). Per “Di angolo in angolo” (Mazzanti libri, 396 pagine, 18 euro) ha raccolto gli articoli firmati per “OgniSport”, l’inserto del lunedì del “Gazzettino”. Non solo calcio, ma anche rugby con Claudio Robazza (“Da noi, il contatto fisico è la base, star giù è la cosa peggiore, quasi ci si vergogna a farlo”), letteratura con Mauro Corona (“Quel suo studio-laboratorio-officina-biblioteca-casa lì ad Erto è proprio un posto speciale”) e giornalismo con Germano Bovolenta (“Era un altro calcio, si poteva ancora telefonare a casa ai calciatori, che so, Van Basten o Baresi”), e ciclismo, che frequenta e respira, da addetto ai lavori, al Giro d’Italia. Un ritratto, quello di Alberto Ongarato: “Non ho mai pensato di essere invidiato perché faccio il professionista, quel che penso è che il privilegio che ho avuto in tutti questi anni sia stato il fare per lavoro un qualcosa in cui c’è sempre stata passione”. Una confessione, quella per il Giro d’Italia: “Questo nostro caro vecchio paese che scorre via, scoprendo anche così una Italia minore da lasciare stupiti, che paese siamo e anche che paese potremmo essere, ancora e ancora”. Un ricordo, quello dei “coverceti”, i tappi delle bottiglie: “Al bar in patronato (a San Giuseppe) vendevano figurine, 20 lire la bustina, e c’erano loro, i corridori in azione, stavano proprio bene dentro i coverceti”, “Ci ho giocato per anni, il callo m’era venuto, davvero. Quanti Giri d’Italia ho fatto, quante Parigi-Roubaix!”, “Ancora adesso, quando m’imbatto in un bordo di marciapiede fatto bene, penso ai coverceti. Il più bello, finora, è quello che sale verso l’eremo sul Monte della Madonna, sui Colli Euganei”. E una presenza, quella delle biciclette: “Lo chiamavano Toni Caena, persona dolcissima, sempre in bicicletta, pioggia o neve. Una vita da raccontare, la prigionia in India, la fame, la fame, la fame”.
Angolo è una parola ricca: sa di sport (pugilato: l’angolo del ring), sa di strada (e chi scrive, come Lazzaro, è uomo di strada e marciapiede, di campi e spogliatoi), sa di punto di vista (quello della conoscenza di una persona), e sa anche di rubrica giornalistica, di appuntamento settimanale, di rifugio umanitario. Lazzaro li ha visti da vicino, centrocampisti e centravanti, velocisti e scalatori, campioni e gregari. E ce li restituisce, nella loro semplicità, lontani dalle luci dello spettacolo. Più belli. Più veri.
Marco Pastonesi