Amava le fughe. Spianava le montagne. E andava a frittate con spinaci. Romano, era il Coppi della Garbatella.
Marcello Spadolini avrebbe cento anni. La prima corsa a 16 anni, il ciclismo come un’avventura: con le maglie prima della Roma e poi della Lazio. Due titoli italiani, il ciclismo come un’educazione: nel 1936 e nel 1937, tra i giovani fascisti. Poi due Giri d’Italia, il ciclismo come una religione, almeno a giudicare dalle squadre: nel 1940, con il Dopolavoro Mater, e nel 1946, con il Centro sportivo italiano. Vittorie e piazzamenti, anche al Giro: il migliore, il terzo posto nella Mantova-Milano, ultima tappa del 1946. Una solitudine più forte quando stava in gruppo: indipendente, e così un po’ anche anarchico, costretto ad arrangiarsi senza ammiraglie e senza compagni, a volte senza borracce e perfino senza alberghi.
La storia – le storie - di Spadolini riemergono da un libro, prezioso, pescato in una bancarella dell’usato: “Fuori i secondi” di Claudio D’Aguanno (Coniglio editore, 2006, 178 pagine, 16 euro), esistenze e percorsi dimenticati tra calcio, ciclismo e boxe, tra palestre, campi e oratori, tra operai, preti e campioni, tra personaggi celebri, eroi misteriosi e protagonisti sconosciuti, come “er Poeta”, speaker del Palio di Roma, proprietario di una voce ricca di catarro e fumo. D’Aguanno resuscita competizioni, colleziona aneddoti, svela curiosità, salva vite, o almeno le allunga. Anche quella di Spadolini, che fino a 90 anni (è morto nel 2009, quasi a 94), usciva dal lotto 12 della Garbatella, girava in bicicletta, pedalava con gli amici, la partenza al Largo delle sette chiese, appuntamento il giovedì mattina.
“Era dura scarrozza’ per l’Italia – confidava Spadolini a D’Aguanno – senza manco uno straccio d’aiuto che ti passava la borraccia. Pensa che la sera quando gli organizzati s’andavano a sistemare agli alberghi a me toccava recuperare la valigia con la robba mia. Me la mettevo sul manubrio in cerca d’un letto per dormire. A Bologna una volta me so’ fatto un’altra tappa da capo prima di crollare sulla branda. Ma alla mattina ripartivo. Senza bistecche, senza bibbitoni. La droga mia era la frittata con gli spinaci”.