Ennio Odino, all’anagrafe Giuseppe Ennio Odino, è nato ad Alice di Gavi, in provincia d’Alessandria, l’8 giugno 1924. Di famiglia antifascista, partecipò alla Resistenza e fu l’unico sopravvissuto, un autentico “miracolato”, all’eccidio della Benedicta, località nel comune di Bosio, in provincia di Alessandria al limitare con quella di Genova, che causò la fucilazione di settantacinque partigiani. Odino si salvò perché ritenuto morto. Fu poi deportato a Mathausen e quella durissima esperienza l’ha raccontata nel suo libro, pubblicato nel 2008, “La mia corsa a tappe (N° 63783 a Mathausen)”. Era un tenace appassionato della bicicletta e dopo le terribili vicende belliche si dedicò con assiduità al ciclismo, conoscendo e divenendo amico, molto amico, di Fausto Coppi, quasi suo conterraneo, con il quale iniziò a collaborare anche aldilà delle corse, continuando altresì nel suo impegno per riaffermare i valori in cui credeva e che ha testimoniato nella Resistenza e nella solidarietà. Dopo l’esperienza ciclistica si trasferì a Bruxelles, dove sposò una signora belga e dal 1958 fu uno dei primi alti funzionari italiani della Commissione della Comunità Europea. Mantenne sempre con costanza i contatti con la sua terra d’origine tanto che, dopo la scomparsa avvenuta il 13 dicembre 2014, le sue ceneri sono nel cimitero di Tagliolo Monferrato (Alessandria), comune che gli conferì la cittadinanza onoraria. Il Giro d’Appennino l’ha ricordato e onorato in varie ricorrenze negli anni.
Torniamo al ciclismo, alle corse, dopo la premessa per inquadrare il personaggio e riportiamo il suo, invero scarno, palmarès ciclistico che lo visto gareggiare, quale “indipendente”, nel 1949 nella squadra dell’Enal Ansaldo Genova, nel 1950 con la S.C. Dall’Orso Genova e, nel 1951, sempre nella medesima formazione, fu accreditato di un 8^ posto p.m. (pari merito) nella Milano-Modena, 27^ p.m. nel Giro del Lazio, 52^ p.m. nel campionato italiano, 52^ nel Giro di Lombardia.
Una digressione è utile per specificare che nel passato, fino all’avvento del fotofinish, la formula pari merito era ricorrente negli ordini d’arrivo quando il giudice d’arrivo non era in grado di fissare l’esatta posizione di passaggio sulla linea del traguardo. Si tendeva a privilegiare l’individuazione della posizione che rientrava nei premi, di solito i primi quindici o venticinque, a seconda delle categorie, quando ci si riusciva e poi, per il resto, via con i p.m., magari seguendo l’ordine d’iscrizione.
Nel 1952 è tesserato come professionista, nella Bianchi ed è 9^, sempre p.m., nel Giro del Lago Lemano, 10^ nella Milano-Vignola, 37^ p.m. nella Milano-Sanremo e 41^ nel Giro dell’Appennino, per Odino è la corsa di casa.
Giuseppe Ennio Odino ci ha ricordato un episodio che il grande giornalista Mario Fossati raccontava in cerchie ristrette, quasi “off record”, con dovizia di particolari, emblematico dell’epoca.
Vigilia della Milano-Sanremo 1952, redazione della Gazzetta dello Sport nel palazzotto di Via Galilei, direttore l’avvocato Giuseppe Ambrosini. La redazione ciclismo, con i responsabili, esamina gli iscritti alla classicissima d’apertura. Allora era prassi che gli iscritti fossero, diciamo “vagliati”, dagli specialisti della redazione ciclismo che riferivano ad Ambrosini. Nell’elenco Bianchi figura Odino fra i partenti. I “titoli ciclistici” di Odino agli occhi critici degli esperti in materia della “rosea” non appaiono tali da fare meritare l’assegnazione del numero alla punzonatura a Odino e scaturisce la decisione d’informare la Bianchi affinché provvedesse alla sua sostituzione. Mario Fossati, all’epoca giovane giornalista della Gazzetta, non sempre riferiva nomi e cognomi degli “attori” della vicenda. I dirigenti Bianchi furono avvertiti degli intendimenti. Fausto Coppi e la squadra erano al solito albergo, l’Andreola di via Scarlatti, vicino alla stazione Centrale e la linea telefonica con via Galilei divenne ben presto rovente.
Coppi fa riferire, per contro, che la notizia è: “Coppi non corre la Sanremo”.
La distanza fra via Galilei e via Scarlatti non è molta, un chilometro e mezzo, non di più, e c’è un andirivieni di vari “ambasciatori” delle due parti in causa. La conclusione, in estrema sintesi, fu che Odino prese il via. Vincitore fu un corridore della Bianchi, il potente pistoiese Loretto Petrucci, non proprio un “poulain” del capitano Fausto Coppi, davanti al romagnolo Giuseppe “Pipaza” Minardi.
In via Roma Giuseppe Ennio Odino fu classificato, come già riferito, 37° p.m. – Una costante il pari merito nel suo ciclismo come il merito, senza altre indicazioni, nella sua vita.
Giuseppe Figini