C’è quella dell’acqua e quella degli integratori. C’è quella degli zuccheri e quella dei sali. C’è quella che si riempie alle fontane e quella che si trasforma in farmacia. C’è quella in plastica e quella in alluminio. C’è quella con il tappo tecnico in sintetico e quella con il tappo eroico in sughero. C’è quella acquistata su eBay e quella raccolta sulla strada. C’è quella firmata e quella scheggiata. C’è quella della squadra del cuore e a borraccia e quella del club degli amici. C’è quella che viene usata e quella che viene esposta. C’è quella media, quella lunga, che però non è una borraccia ma una furbata, e c’è anche il borraccino.
C’è quella che si passarono Coppi e Bartali, come se fosse il testimone di una staffetta, o la bandiera di una patria, o una stretta di mano. C’è quella che s’incolla sulle mani del direttore sportivo e del suo corridore, come se la borraccia – timida o riservata? fedele o timorosa? – non volesse emigrare dalle quattro alle due ruote e trasferirsi dall’aria condizionata al vento agonistico (e se Nibali fosse ricorso alla borraccia incollata, non sarebbe stato squalificato dalla Vuelta). C’è quella che rimbalza sull’asfalto, quella che atterra sui prati, quella che si nasconde nei boschi, quella che arriva nelle mani di un bambino e allora diventa una icona, un simbolo, un tesoro, e quella che finisce nelle fauci di un collezionista e allora diventa un patrimonio, un matrimonio, una reliquia.
La borraccia è conforto e soccorso, è amicizia e rivalità, è natura e purtroppo anche chimica o alchimia, è necessità e urgenza, è sorso e garganella, è una smorfia di piacere, ed è anche artigianato e arte. Sarà la forma, sarà il colore, sarà la data, sarà la squadra. La borraccia della Salvarani è un albo dei ricordi, quella della Mercatone un luogo della memoria, quella della Bardiani un’enciclopedia di facce e garretti. Ma c’è anche chi lascia messaggi – anzi: poesie – nelle borracce. E allora la borraccia si trasforma nella cornice di un disco. In una parola: cultura.
Marcello Murgia è l’uomo delle borracce. Forse avrebbe voluto essere una borraccia. Certo è una borraccia umana. E suo è il museo delle borracce, a Terralba (Oristano), in Sardegna, dedicato al “minatore ciclista” Antimo Murgia, inaugurato da Ercole Baldini e Gibo Simoni, e arricchito, dal prossimo 16 ottobre, con la maglia bianca di Fabio Aru al Giro d’Italia 2015. Migliaia di borracce, e non solo. Un viaggio liquido, un percorso acquatico, una storia fatta di centilitri. Andate su Facebook (museo della borraccia), cercate su Internet (museodellaborracciaedelciclismo). E ubriacatevi di ciclismo.
Marco Pastonesi