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LAPPARTIENT. «VEDO PRESSIONI E TENSIONI, CORRIDORI POCO FELICI, MI PREOCCUPA LA LORO SALUTE»
di Francesca Monzone | 14/11/2025 | 08:30

Il presidente dell’UCI, David Lappartient è preoccupato per la salute del gruppo, non solo per diete sempre più rigide, ma anche per quelle pressioni che nascono all'interno delle squadre e che portano a tensioni per tutti. La stagione su strada è finita ma l’Unione Ciclistica Internazionale prosegue il suo lavoro, cercando di migliorare: gli argomenti di discussione sono tanti e tutti importanti, che vanno dalla salute alla sicurezza fino ai dubbi sul doping.

«Stiamo spendendo dieci milioni di euro nella lotta al doping, stiamo innovando, stiamo condividendo informazioni con l'ITA, stiamo collaborando con la polizia e la gendarmeria, ma non dobbiamo essere ingenui – ha spiegato Lappartient in una lunga intervista al quotidiano Ouest-France -. Dobbiamo rimanere informati sulle questioni relative al doping: non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia, sappiamo che rimane un rischio per il ciclismo e dobbiamo essere sempre in prima linea. Abbiamo vietato l'inalazione di monossido di carbonio e il tramadol, con la WADA che ha seguito l'esempio. Possono emergere novità nella ricerca della performance, perché ciò che non è proibito è permesso. Dobbiamo anche essere vigili in termini di sicurezza, perché le biciclette sono performanti come auto di Formula 1».

Per quanto riguarda l’aspetto fisico il presidente dell’UCI, si è soffermato su quanto accade principalmente nel settore femminile e di come la magrezza influisca in modo negativo sull’intero metabolismo. Tutti ricordano la magrezza di Pauline Ferrand-Prévot, ma Lappartient non è preoccupato per un atleta che risulta troppo magro ma che è ben seguito, per lui nel gruppo è molto più pericoloso il burnout.

«Alla partenza da Vannes, ho visto Pauline e l'ho trovata davvero in forma. Ho pensato tra me e me: dev'essere in grado di andare veloce. Finché tutto è sotto il controllo di nutrizionisti e dietologi, e il peso non si perde troppo in fretta, c'è un certo grado di controllo. Sono più preoccupato per il burnout che si può generare. Pesare il cibo ogni giorno è impegnativo. La salute mentale dei corridori è preoccupante perché nel gruppo c'è pressione e tensione: tutti vogliono essere in testa, tutti ricevono le stesse istruzioni contemporaneamente, questo è preoccupante. Stiamo assistendo a esaurimenti nervosi che prima non vedevamo. Si guadagna di più nel gruppo, ma si è meno felici. Vedo meno corridori che ridono».

C’è poi la questione della sicurezza che riguarda il controllo della velocità, l’uso degli auricolari e l'organismo SafeR: Lappartient pensa che molte squadre in realtà non siano veramente interessate alla questione della sicurezza e quando vengono date delle regole ci si trova di fronte a vere e proprie forme di protesta.

«Quando conduciamo un test senza auricolari, le squadre sono contrarie; quando conduciamo un test per limitare i rapporti del cambio, veniamo citati in giudizio e le squadre sono contrarie; quando abbiamo voluto portare test SafeR con localizzatori GPS al Giro di Romandia Femminile, cinque squadre non sono partite. Troppe squadre scioperano di fronte alle soluzioni proposte. Dov'è l'interesse comune? Non sono convinto che la sicurezza sia così ampiamente sostenuta come alcuni vorrebbero farci credere. Ho vietato gli auricolari ai Campionati del Mondo, ai Campionati Europei e alle Olimpiadi; è meglio dal punto di vista tattico e della sicurezza, ma le squadre sono contrarie».

Ci sono punti negativi nel ciclismo, ma ci sono anche aspetti positivi, come l’interesse crescente per il ciclismo femminile. Quest’anno poi i numeri sono stati da record e oltr'Alpe il Tour de France femminile ha fatto più ascolti del Roland-Garros.

«Gli ascolti per il ciclismo femminile sono in continuo aumento e questo ci rende felici. In particolare gli ascolti dell'ultima tappa del Tour femminile sono stati più alti di quelli di tutte le tappe di montagna del Tour maschile. Chi l'avrebbe mai pensato cinque anni fa, quando il Tour femminile non esisteva nemmeno? La tappa finale di Chatel ha il secondo indice di ascolto più alto in assoluto dopo quella di Montmartre. Abbiamo creato qualcosa di prezioso. In termini di ascolti, il Tour de France femminile ha fatto il doppio dei numeri del Roland Garros».

C’è poi la questione che riguarda il dominio assoluto di Tadej Pogacar. Lappartient non è preoccupato al riguardo, ammettendo che nel ciclismo passato, ci sono stati altri casi del genere.

«Nello sport, quando si può prevedere chi sarà il vincitore, l'interesse diminuisce, è ovvio. Ma alla Parigi-Roubaix o alla Milano-Sanremo di quest’anno, c'è stata una vera battaglia tra Van der Poel e Pogácar, ed è stata emozionante. La prima settimana del Tour non è stata male, ma poi, arrivati alla prima tappa di montagna, la battaglia è finita. Sì, Pogacar è all'apice della sua carriera, come lo è stato Merckx alla sua stessa età o Hinault. Ci sono sempre stati periodi di dominio assoluto e sappiamo che questo non è l'ideale per la suspense. Ma gli attacchi a 100 km dal traguardo, come ai Mondiali, richiedono coraggio e forza e ci sono stati e poi, quando i campioni non vincono, va bene lo stesso».

Per tornare alla questione doping, rispetto agli scorsi anni, oggi ci sono sicuramente molti meno positivi, ma secondo il presidente dell’UCI questo non vuol dire che si può stare tranquilli: avere dei dubbi è sempre lecito, anche quando i test continuano ad essere negativi.

«Come organizzazione, bisogna sempre avere dei dubbi. Essere troppo certi è pericoloso. Siamo in prima linea, alla costante ricerca di nuovi prodotti. Tra i laboratori accreditati, sono tutti in grado di rilevare con la stessa precisione? La domanda si risolve da sola. Se Alberto Contador è stato trovato positivo, è perché il laboratorio di Colonia ha approfondito molto la questione delle plastiche. Oggi possiamo rianalizzare campioni di dieci anni fa. Lo abbiamo appena fatto su 300 campioni del 2015; con i metodi odierni, abbiamo trovato positivo un ciclista cinese su pista nel 2016. Conserviamo 15.000 campioni all'anno. Spendiamo dieci milioni di euro nella lotta al doping, innoviamo, condividiamo informazioni con l'ITA, collaboriamo con la polizia, il ciclismo sta migliorando, ma non dobbiamo essere ingenui, il messaggio è lo stesso ogni anno per i 1.400 ciclisti professionisti, uomini e donne: se barate, state certi che prima o poi verrete catturati, perché i campioni vengono conservati per dieci anni». 

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