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LE STORIE DEL FIGIO. I "ZERO TITULI" DI LANCIAFIAMME
di Giuseppe Figini | 27/06/2021 | 08:00

Lo spunto per ricordare un valoroso e generoso gregario qual è stato il varesino Mario Lanzafame, nato a San Vittore Olona, in provincia di Milano, vicino a quella di Varese, il 13 dicembre 1949, è stata la casuale rilettura di un articolo del compianto Gino Sala, pubblicato sulla rivista tuttoBICI n. 10, nell’ormai lontano anno 2000, quando la carta prevaleva ancora rispetto all’impetuosa crescita digitale.

E Gino Sala, prima firma del ciclismo a l’Unità, è sempre stato particolarmente vicino e sensibile paladino – sempre assai brontolone comunque - che ha costantemente preso a cuore la categoria “gregari”, nella migliore accezione del termine. Ruolo e funzioni rilevati poi, per molti aspetti, da Marco Pastonesi che, mosso da uguali sentimenti diversamente espressi, ha poi proposto con la sua pirotecnica scrittura e acrobatica, peculiare, capacità di rappresentazione del genere ciclistico in argomento, con soggetti e personalità sapientemente ricercati e proposti, magistralmente miscelati nella sua coinvolgente scrittura, inquadrati nella personalissima squadra composta da corridori accomunati da palmarès vergine di vittorie nella categoria professionisti. Per dirla alla Mourinho, è “un team zero tituli”, folto, variegato e sempre amato, curato e aggiornato.

Mario Lanzafame, professionista per sette stagioni negli anni 1970, appartiene sicuramente, e a pieno titolo, alla “squadra” e alla categoria gestita, con personalissima, assoluta, discrezionalità, da Marco Pastonesi che con intransigenza elimina dalla sua formazione anche il vincitore di un criterium.

L’origine della famiglia Lanzafame è siciliana, di San Giovanni La Punta, in provincia di Catania, ai piedi dell’Etna. E il carattere, bonariamente vulcanico, entusiasta, allegro connota da sempre Mario Lanzafame, ben presto soprannominato bonariamente, per assonanza, con il nomignolo di Lanciafiamme, rivelatore anche del suo modo d’essere, di porsi di chiara origine vulcanica. Diritti d’autore per il soprannome al giornalista romagnolo Antonio Schiavina che curava i “puri” per Stadio e rilanciato poi anche da Dante Ronchi, firma ciclistica di spicco dello stesso quotidiano bolognese, dopo che Lanzafame aveva vinto un’indicativa azzurra in Trentino.

Inizia a gareggiare fra gli esordienti con la squadra di casa, la Società Ciclistica Cassanese, dove resta nel 1965 e 1966 per poi passare, da allievo, alla Cedratese, prospero vivaio del ciclismo giovanile di Cedrate, frazione di Gallarate, diretta da una persona di valore quale Antonio Borgognoni. Era il titolare di una frequentatissima officina ciclistica e papà di Luciano, poi corridore di primo rilievo, con varie vittorie sia su strada, sia su pista, dove ha conquistato il mondiale dell’inseguimento a squadre con Pietro Algeri, Giacomo Bazzan e Giorgio Morbiato nei Mondiali di Varese 1971. E’ stato poi anche apprezzato massaggiatore in squadre di primo piano, scomparso prematuramente nell’agosto del 2014. E Lanzafame è entrato subito in grande sintonia e amicizia con Luciano e la sua famiglia che ricorda sempre con affettuoso rimpianto.

Il 1968 lo vede gareggiare fra gli juniores rivestendo la maglia della Varese Ganna e ottenendo cinque vittorie prima di passare fra i dilettanti, era il 1970, nel Velo Club Bustese, società di valore del territorio diretta dalla famiglia Mara, altro cognome che ha proposto vari componenti di differenti generazioni impegnati e appassionati di ciclismo.

E Mario Lanzafame, fisico piuttosto minuto, segaligno, viso lungo, un po’ asimmetrico, naso importante, non proprio apollineo, una maschera, un po’ Sandrino Carrea per il ciclismo e l’attore Carlo Delle Piane per il cinema, dava il meglio di sé quando la strada s’impennava sotto le ruote. Così, senza molti calcoli o attendismi, battagliando vivacemente con i molti corridori di valore, con duraturi legami d’amicizia, della zona di Busto Arsizio, Legnano, Gallarate, Varese, valle Olona e dintorni, diversi dei quali sono poi approdati al professionismo con successo.  Li accomunava il medesimo dialetto, gli stessi luoghi e, per ricordarli, l’elenco sarebbe lunghissimo e il rischio di dimenticanze grande.

Il tempo del nostro, allora giovane, protagonista non era dedicato solo al ciclismo poiché, in parallelo con la bicicletta da corsa spingeva tutti i giorni, già di primo mattino, di buona lena, una pesante bici nera con capace portapacchi e ceste, anteriori e posteriori, ricolme di sacchetti di pane. Lo distribuiva a Gallarate, sede del panificio Montòli, poiché lì era garzone di fornaio, mestiere che comporta levatacce per impastare e cuocere il pane che poi, da bravo “cascherino”, termine romano che indica il fattorino addetto alla consegna del pane a domicilio, distribuiva nella zona. Era un bel “riscaldamento”, migliore dei rulli, dice “Lanciafiamme”, per preparare la gamba all’allenamento del pomeriggio su bici da corsa.

Di quel periodo Mario Lanzafame ricorda ancora con piacere il dispiacere, che rievoca sovente, quando i due s’incontrano nelle manifestazioni di “ex”, dato a Francesco Moser vincendo la Trento-Bondone e il Trofeo Martiri Trentini, proprio a casa del campione trentino. E lì è nato il soprannome di Lanciafiamme.

Nel 1971 firma il primo contratto da professionista con la friulana Cosatto, fabbrica di letti, diretta da Gino Bartali che aveva nelle sue fila corridori di valore come Vito Taccone al termine della carriera, Fabrizio Fabbri e Miro Panizza, amico, grande, fraterno, di Lanzafame, che lo propose alla squadra, facilitandone il salto per passare fra i professionisti.

Alla fine dell’anno la Cosatto chiude con il ciclismo e Mario Lanzafame approda per il 1972 alla GBC-Sony, eterogenea formazione diretta da Dino Zandegù, allora diesse alle prime armi mentre, nel biennio successivo, ossia 1973-1974, Lanzafame è inquadrato nella Dreherforte guidata dal grande Luciano Pezzi dove il capitano è Italo Zilioli mentre la punta veloce è il suo amicone Luciano Borgognoni.

Nel 1975 è la volta della Furzi-FT di Piancastagnaio, formazione toscana diretta dal fiorentino Carlino Menicagli – per il quale Lanzafame spende parole di commosso ricordo - capitanata dal brianzolo Tino Conti, poi l’esperienza nel 1976 alla Cuneo-Bonetto seguita da due anni quale tesserato Bianchi per ragioni regolamentari d’organico, ma nei quali non è stato mai chiamato a gareggiare.

Si è sempre speso in attività d’affiancamento ai vari capitani nella sua carriera fra i professionisti ma non ha mai rinunciato, quando si presentavano circostanze e terreno (leggi salita) favorevoli a porsi in evidenza con vivacità ed entusiasmo, aldilà dei “zero tituli” (vittorie) ottenute.

Grazie anche ai risparmi ricavati dai suoi, comunque non alti, guadagni ciclistici, apre nel 1979 a Cassano Magnago un panificio tutto suo che è sempre stato frequentato da ex professionisti e appassionati della zona, come un suo collega corridore – e poi panettiere quale Ugo Colombo nato nella vicina San Giorgio su Legnano e poi panificatore in Lunigiana – scomparso nell’ottobre 2019, valoroso gregario con buon palmarès, suo amico e collega in bici e al forno.

Lanzafame non ha mai rinunciato a pedalare in proprio e determinare a fare altrettanto gli ex colleghi essendo stato, per vari anni, presidente dell’ACEP (associazione corridori ex professionisti) attivo anche al sempre generoso apporto del Gruppo Iseni, in particolare del titolare Fabrizio Iseni. E Lanzafame ricorda pure il coinvolgimento fattivo di vari ex, spinti e sospinti dal suo debordante entusiasmo, sempre in prima linea, che hanno dato vita a moltissime e coinvolgenti manifestazioni, frequentate anche da vari esponenti della nobiltà di palmarès ciclistico, in varie parti d’Italia, con sfide accanite prima sui pedali e poi anche a tavola.

In una di queste occasioni, in palio maglie tricolori per ex professionisti, Lanzafame, a Desio, in Brianza, nell’ottobre 2013, ha “sporcato” il suo immacolato curriculum di vittorie quale professionista, conquistando il successo nella categoria “nati dal 1940 al 1949” così come Giancarlo Perini (1950-1961), Fabrizio Convalle (1962-1970) e, per quella dal 1971 al 1991, Nicola Loda.

Ora, in riposo operativo, senza contraddizione in termini, gode il frutto del suo ex lavoro di bravo panettiere con negozio a Cassano Magnago, il paese dell’amico Miro Panizza e di Ivan Basso, abita con la sua famiglia, con varia prole, nella vicina Cavaria con Premezzo, e va sovente in bicicletta con gli amici, senza l’assillo dei risultati, con immutata passione e pure riconoscenza per le due ruote che ha sempre fatto girare con sentito e divertito impegno.
E speriamo che il cerbero Pastonesi lo perdoni per il suo senile “peccato” tricolore post, molto post, carriera professionistica, passato anche in prescrizione.

E Lanciafamme lo gratificherà e ringrazierà con uno dei suoi noti, tipici e larghi sorrisi.

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