Quella ragazza – si chiama Serena Malabrocca, e il cognome rivela una nobile discendenza – che pedala con un berretto nero, una giacca nera, i pantaloni neri, i guanti neri e le scarpe nere. E’ all’Eroica, e sorride, felice, se non felice, contenta, ma probabilmente felice e contenta. Perché respira aria di casa e famiglia, anche se è qui per la prima volta.
Quell’uomo – si chiama Roberto Damiani, ed è proprio lui, il direttore sportivo di Mapei, Liquigas, Lampre, UnitedHealthCare e Tirol – che pedala sulla bicicletta di un albergo, lo si vede dalla scritta bianca sul tubo nero obliquo. E’ a Pesaro, gira per la città, dalla banchina del porto alla casa di Rossini, dalla Piazza del popolo alla sinagoga, e pedala così come ha pedalato da Auschwitz a Roma. Perché lui pedala per la pace.
Quei due – quello alto si chiama Marco Ballestracci, quello grosso (ho scritto grosso, non grasso) Guido Foddis – che a loro modo pedalano al Festival della montagna di Bolzano sul palcoscenico della sala battezzata Bomboniera, come lo stadio di calcio del Boca Juniors. Suonando (Marco l’armonica, Guido la chitarra e il kazoo), cantando, raccontando storie di ciclisti e cicloturisti, corse e corsari, maglie rosa e maglie nere. Perché la bicicletta è un’arte, ed è anche uno spettacolo.
Quel gruppetto – due femmine, due maschi e una guida, che detto così sembra che una guida sia superiore o indifferente alle distinzioni del sesso – che pedala sulle piste ciclabili, sulle strade silenziose, sui percorsi ispirati dell’Eurovelo 5, nel tratto che va da Fiorenzuola a Fidenza, dal velodromo Attilio Pavesi alla Cattedrale di San Donnino. Esplorando, scoprendo, godendo. Anche esplorandosi e scoprendosi. E sempre godendo. Perché la bicicletta è un incontro ravvicinato.
Quel bambino seguito dal papà, quel bambino inseguito dalla mamma, quei due bambini appaiati, quel bambino sul seggiolino alle spalle del papà che mi fa le boccacce (il bambino, non il papà, e quando gli sorrido, lui smette), quel bambino minimo ma che va senza le rotelline ed è concentratissimo per rimanere in equilibrio, quei bambini che circolano liberamente e tranquillamente per la piazza perché la piazza è stata chiusa al traffico delle macchine e delle moto. Tutti in bicicletta.
E quei settemila barba e baffi, code di cavallo e trecce indiane, maglie di lana e braghe con la pelle di daino, bici d’epoca e tatuaggi freschi, tubolari a tracolla e smartphone nelle tasche, borracce di alluminio e occhiali da motociclisti, che invadono le strade senesi del Chianti, o le strade del Chianti senese, invertendo i fattori il prodotto non cambia, il tutto un po’ per passione, un po’ per moda, un po’ per evasione, un po’ per vacanza. La vita è tutta un’altra cosa a due ruote date e datate.
Un venerdì, sabato e domenica così. All’italiana.
Marco Pastonesi