Giovannino, un campione che aveva scelto di correre, vivere, essere un gregario. E Dima, un campione che non si rassegnava di non poter correre, vivere, essere un campione.
Giovannino, siciliano che per campare, e il campare era correre fra i campi ma anche sui monti, era soprattutto unire il pranzo alla cena, era emigrato in Toscana. E Dima, un ucraino che per campare, e il campare era correre in corsa ma anche nella vita di tutti i giorni, una corsa dopo l’altra, una corsa a tutta, era emigrato anche lui in Toscana.
Perché per Giovannino e per Dima, e per tutto il mondo del ciclismo, la Toscana sta al ciclismo come ci stanno le Fiandre, non solo strade ma tutto quello che le accoglie e le circonda, create e pennellate a misura, a filosofia, ad andatura di bicicletta.
Giovannino, che pedalava per fame e per libertà, anche per fame di libertà e soprattutto per libertà dalla fame, e Dima, che pedalava per rivelarsi e poi per ritrovarsi, per scoprirsi e poi per riconoscersi, per sconfinare e poi per ritornare, per rientrare, per ricominciare.
Giovannino, che aveva trovato in Bartali un capitano, un parente, un fratello, maggiore di età e di fede, di energie ma non di forza, soprattutto la forza d’animo, e Dima, che di corridori e allenatori, di compagni e direttori, di gente ne ha trovata tanta, ma mai nessuno come Bartali.
Giovannino, che pedalando mostrava radici, istinto, bisogni, e Dima, che pedalando esibiva eleganza, talento, sogni. Giovannino, con quel suo misto di siciliano e toscano, e Dima, con quel suo misto di ucraino e italiano. Giovannino, che aveva il dono dell’onestà, e Dima, che aveva il dono della simpatia.
Giovannino, che ha vinto sette tappe al Giro d’Italia e tre al Tour de France, senza neppure il dovere di vincere, il suo dovere era quello di seguire Bartali come un’ombra finché all’ombra di una montagna Bartali se ne andava da solo a cercare l’ombra di Dio o di Coppi, ombre che a quelle altitudini spesso si confondevano, e Dima, che ha vinto un campionato del mondo dei dilettanti, anzi, quell’anno oro su strada e argento a cronometro, era semplicemente il più forte di tutti, ma che poi è finito nell’ombra, anche a furia di ombre.
Giovannino, che gli ultimi tempi pedalava in salita nella memoria, con i suoi antichi eroi, e la sua antica fame, e le sue antiche strade, e Dima, che gli ultimi tempi pedalava in discesa, una discesa negli inferi, l’alcol come una bravata diventato una brutalità, un imbruttimento e un abbrutimento.
Giovannino, un eroico, semplicemente felice, e Dima, che ci ha provato, ma che non ce l’ha fatta, disgraziatamente infelice.
Giovannino Corrieri, volato via ieri, a due settimane dal novantasettesimo compleanno, e Dima Grabovskyy, volato via stanotte, a trentuno anni e quattro mesi, ma a milioni di giorni da quando, volando, arrivava al traguardo.
Marco Pastonesi