Un vecchio mattatoio. Un vecchio mattatoio, più che ristrutturato, riadattato. Una galleria lunga e buia, una parete grezza e l’altra fatta di piastrelle di ceramica bianche, e 400 biciclette, nuove e usate, da vendere e da noleggiare, da corsa e da città, mountain bike e cargo, tandem e tricicli. E poi maglie, manifesti, borse, disegni, portapacchi, fotografie, campanelli, riviste, caschi, perfino la prima pagina incorniciata della “Gazzetta dello Sport” il giorno della vittoria di Felice Gimondi al Giro d’Italia 1967. A Dublino, in Irlanda: sulla sponda sud del fiume Liffey, di fronte alle Collins Barracks, vicino al James Joyce Bridge di Santiago Calatrava, a due passi dalla Heuston Station e dalla fabbrica della Guinness.
L’azienda si chiama River Cycles, ma l’insegna colorata indica, semplicemente, Bike Shop. Non è soltanto un negozio di biciclette. E’ anche la cripta, il rifugio, il tempio di Paul McQuaid, fratello di quel Pat che ha governato il ciclismo mondiale, presidente dell’Unione ciclistica internazionale, dal 2005 al 2013. E con una risata esplosiva, Paul ringrazia di non essere scappati via appena conosciuta l’illustre, e forse anche un po’ imbarazzante, parentela.
Una famiglia, quella dei McQuaid, dedicata al ciclismo. “Sono nato sopra un negozio di biciclette – racconta Paul – e da quel momento ho sempre respirato aria di camere d’aria”. Papà Joe e zio Paddy sono stati tra i migliori corridori irlandesi. “Di noi sette fratelli, più tre sorelle, tutti e sette abbiamo gareggiato, e poi anche i cugini”. Pat (il primogenito), Paul (il nono) e Darach (il decimo) hanno rappresentato l’Irlanda anche ai Mondiali e alle Olimpiadi. “Ho corso da dilettante e da professionista, in Italia al Giro delle Regioni e al Gran premio della Liberazione”. E, sottolinea con orgoglio, “c’era anche Marco Pantani”. Una dinastia, quella dei McQuaid, che vive sempre di ciclismo, e che proprio per questo massiccio coinvolgimento è stata accusata di conflitti di interessi.
Paul, 45 anni, è l’altro McQuaid, l’altra faccia della medaglia e della luna. E’ quello che lavora in officina, che sta dietro il bancone, che si sporca le mani, che monta, recupera, ripara, calibra, elabora, vende e affitta, che dalle 20 bici di nove anni fa nel noleggio al Phoenix Park è passato qui a River Cycles, e che ancora s’illumina quando presenta le sue creature. “Questa Colnago nera, un gioiello. Questa Merckx metallizzata, un capolavoro. E quella là, appesa, me l’ha regalata Lance Armstrong. Ma la nostra amicizia, il giorno in cui emerse il suo doping, si è spezzata”. In un angolo c’è Frankie, il suo cane: ogni giorno, mattina e sera, i due amici attraversano la città, in bici, Frankie davanti, in un carrello, Paul dietro, sulla sella.
Dare il migliore servizio possibile: la missione. Più di un secolo nell’industria, nello sport, nella difesa e nel commercio della bici: la garanzia. Non essere scappati via appena conosciuta l’illustre, e forse anche un po’ imbarazzante, parentela: il ringraziamento. E così le biciclette del fiume scorrono.
Marco Pastonesi