Se le biciclette sono piccole regine, allora questo è un libro di fiabe, di c’era una volta, di povere fiammiferaie e magici pifferai, di salite da orco e di voli da fata. Se le biciclette sono cavalli alati, allora questo è un libro di avventure, di crociati e mori, di dragoni e ussari, di cowboy e indiani. E se invece le biciclette sono un’arca di Noè, allora questo è un libro di animali, pulci e camosci, aironi e leoni, una vecchia fattoria.
“benedette biciclette!” - tutto minuscolo e punto esclamativo finale - è il catalogo, il greatest hits, una piccola ciclope dia di una parte della collezione del Museo Madonna del Ghisallo, il regno del ciclismo.
Centosessanta pagine (formato quadrotto ma rettangolare, base più lunga dell’altezza), quattro autori (Guido P. Rubino, Lorenzo Franzetti, Carola Gentilini e Luciana Rota, più il saluto di Antonio Mario Molteni, presidente della Fondazione del Museo), un fotografo (Rubino), un editore (Bolis) e un curatore (Gino Cervi), due lingue (italiano e inglese) più quella universale dei telai e dei pedali, dei manubri e delle selle, dei freni e degli stemmi, dei raggi e delle moltipliche, nonché il prezzo (34 euro). E c’è da immaginarsi con quanta sofferenza siano state selezionate, e poi sezionate, soltanto diciassette biciclette: dalla Bianchi militare della Grande Guerra del 1915 alla Colnago del record dell’ora di Tony Rominger del 1994, attraverso Legnano e Stucchi, Gazzoni e Fiorelli, Masi e Meroni, Eddy Merckx-De Rosa e Casati, oltre alla Moser del record dell’ora del 1984.
Le biciclette sono fughe degli artigiani, inseguimenti delle industrie, rifornimenti della scienza, traguardi della tecnica. Poi c’è chi le pedala o le spinge, chi le porta a spasso o in giro, chi le tratta come compagne o mogli e chi come amanti o psicanalisti, chi le usa per tirare diritto nonostante curve e tornanti, e chi per sentirsi in gamba anche con il cuore e la testa. Per questo le biciclette non sono fatte solo di acciaio o carbonio, ma anche di poesia e musica, di anima e spirito, di orizzonti e confini. Ed è proprio per questo che sono benedette.
Qui, stavolta, autori e fotografo riescono a resuscitarle: queste diciassette bici respirano, sanguinano, raccontano. Benedette, capaci di regalare la beatitudine e rischiare la santità.
Marco Pastonesi