E pensare che voleva giocare a pallavolo. Invece la storia di tutti i giorni ne ha fatto un uomo da strada, un atleta a pedali, un corridore a due ruote, un gregario fra i campioni e un campione fra i gregari, e adesso anche un maestro di ciclismo. “Una vita da gregario” è quella di Andrea Noè: e il cognome-nome – Noè, appunto - rende l’idea di una carriera biblica, patriarcale, antidiluviana, e di una bicicletta-arca capace di 16 Giri, due Tour e cinque Vuelta.
Noè, con l’aiuto di Andrea Ballocchi (libreria editrice La memoria del mondo, 160 pagine, 17,50 euro), distribuisce consigli pratici, senza tanti voli pindarici. Il libro è diviso in tre parti: partenza, crescita, sfida. E ciascuna parte è suddivisa in capitoli in ordine alfabetico: B come bici, M come misure, A come alimentazione, F come fatica, Z come zuccheri… Poi ci sono tante curiosità nella rubrica “Lo sai che…”. E infine c’è un album di fotografie e ricordi, confidenze e confessioni, personali, sentimentali, familiari, intime. C’è da capirlo, Noè, e c’è soprattutto da conoscerlo: oggi presiede un club, Brontolobike (Brontolo è il soprannome regalatogli per il suo carattere apparentemente burbero, critico, pignolo) a Robecco sul Naviglio, nel Milanese, che porta sulla strada centinaia di ciclisti, dai bambini innocenti agli eterni bambini smaliziati.
Leggendo qua e là, si scopre che Noè voleva giocare a pallavolo, che poi è salito in bici per imitare suo fratello minore, che il suo obiettivo era batterlo, che il medico dello sport (era Marco Pierfederici) aveva detto di non preoccuparsi perché con quel fisico lì Andrea non sarebbe andato tanto lontano, che (accadde - cadendo - a Pinerolo nel 1998) è stato la prima maglia rosa a tagliare il traguardo sul sedere e non sulla bici, che la sua fortuna è stata incontrare un medico, Walter Polini, e poi un preparatore atletico, Aldo Sassi, tutti e due schierati contro il doping, che l’allenamento era una parte del piacere di andare in bici e di concepire quello del corridore come il mestiere più bello al mondo.
E poi c’è anche Vincenzo Nibali: prima neoprofessionista e dunque discepolo di Brontolo, poi capitano, adesso amico. Nella presentazione al libro, Nibali ricorda quando leggeva il diario di Noè al Giro d’Italia sulla “Gazzetta dello Sport”, rivela di quando Noè, compagno di stanza proprio durante il Giro, gli intimò “tu dormi sul divano, perché il letto è mio”, aggiunge che Noè, saputo che Nibali talvolta russava, precisò “se russi, dormi fuori”, spiega che Noè “come me s’impegna in prima persona per organizzare iniziative che facciano conoscere e amare questo bellissimo sport”. Perché Noè e Nibali, per dirne due, ci mettono la faccia, oltre che le gambe e il cuore. Ed è per questo che li amiamo.
Marco Pastonesi